Il Buio Oltre La Serie #22 – Questo Mondo Non Mi Renderà CattivoTEMPO DI LETTURA 12 min

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Esattamente com’era avvenuto per Strappare Lungo I Bordi, prima impresa seriale di Michele Rech, in arte Zerocalcare, in occasione dell’uscita del secondo lavoro animato del fumettista, Questo Mondo Non Mi Renderà Cattivo, disponibile su Netflix dal 9 Giugno, la redazione di Recenserie non poteva certo esimersi dal rendere omaggio, a modo suo, all’ennesima perla del fumettista di Rebibbia.
E proprio come fu per la serie d’esordio, anche in questo caso si tratta di un articolo “a più mani”, all’interno del quale tre recensori discuteranno dei punti chiave che hanno contraddistinto questo secondo atto animato della carriera di Zerocalcare, nel tentativo non solo di approfondire quanto visto nei sei episodi della serie, ma anche di celebrare l’ennesimo successo nel campo dell’animazione per adulti (un vero e proprio unicum se si pensa al panorama italiano contemporaneo) nella speranza che possa aprire la strada ad altri lavori futuri altrettanto meritevoli da parte anche di altri studi d’animazione al di fuori di Movimenti Production e DogHead Animation, già dietro alla realizzazione di Strappare Lungo I Bordi .
E, a tal proposito, se al termine dell’articolo la vostra curiosità non si sarà ancora placata, non perdetevi il nostro episodio di Spin-Off, il podcast di Recenserie, dedicato proprio a Questo Mondo Non Mi Renderà Cattivo, nel quale i nostri tre presentatori Aldo, Fabrizio e Federico, hanno avuto modo di fare due chiacchiere con Monica Massarenti, assistente di produzione di Movimenti Production, per dare uno sguardo non solo al lavoro compiuto per realizzare la serie ma anche alla situazione dell’animazione in Italia negli ultimi anni.

ROMA CAPUT MUNDI


Questo Mondo Non Mi Renderà Cattivoa cura di Sara Peluso

Dopo l’uscita della sua prima serie animata “Strappare Lungo I Bordi“, una parte della stampa italiana si è concentrata sulla dizione e sul marcato accento romano di Zerocalcare. Le critiche sono state aspre, si è detto addirittura che il significato di alcune parole si perdeva proprio a causa della difficoltà di comprensione. L’autore, che non ha mai fatto mistero di non essere un campione nel gestire le critiche e l’emotività legata a esse, si è preso la sua rivincita nel solo modo possibile, ovvero affrontando l’argomento nella sua seconda fatica: Questo Mondo Non Mi Renderà Cattivo.
Zerocalcare, noto per essere un “rosicone”, come si dice a Roma, ha saputo gestire la risposta alle critiche subite con molta ironia, ma non facendo mistero di quanto gli avesse dato fastidio. In alcuni momenti della serie, infatti, si fa riferimento alla questione, ed è proprio la stessa Sara, la migliore amica di Zero a dirgli, perfino, “ah, credevo che ti fossi finalmente iscritto a un corso di dizione”.
Molte delle risposte dirette e indirette alla stampa sono affidate invece al personaggio dell’Armadillo, che non a caso è la coscienza dell’autore. Grazie alla voce di Valerio Mastandrea, che peraltro anche nella vita è un po’ la guida e il grillo parlante di Michele Rech, gli inserti in cui Zero giustifica o spiega alcune espressioni romane diventano esilaranti.
Da qui si potrebbe aprire un capitolo a parte sulla romanità, concetto intrinseco nel lavoro stesso dell’autore, che nonostante abbia raggiunto la fama in tutta Italia, è sempre ben ancorato alle sue origini e al contesto territoriale e sociale in cui vive. La romanità in questo senso è un riferimento da cui partire, che poi diventa così largo da abbracciare tutti. L’intelligenza, l’acume e la raffinatezza del ragionamento di Zero non confinano le sue storie alla sola periferia romana, ma Roma diventa capitale dell’Europa e del mondo, una grande città come tante in cui ci si può sentire persi.
D’altronde, ogni metropoli vive delle dinamiche di quartiere, all’interno dei quali si formano delle comunità più o meno chiuse dove è difficile inserirsi e dove l’intrusione esterna può essere vissuta quasi come un attacco. Roma è una città perfetta per fare da sfondo, essendo un enorme agglomerato urbano dove si respira rabbia sociale. Una rabbia che Zerocalcare sa spiegare benissimo attraverso i suoi testi.
Roma, come molte altre città del mondo, è un luogo ricco di disuguaglianze, dove si salvano le apparenze solo nel centro storico, mero specchietto per allodole per i turisti, ma dove, se si esce un po’ fuori, si percepisce la miseria. Miseria e nobiltà, dove tutti alla fine sono incazzati per qualcosa e ci si sfoga sull’altro senza farsi troppe domande. Zero è uno che invece di domande se ne fa tantissime, che riflette su ogni critica, parola e atteggiamento del prossimo e anche se non è esente dalla rabbia sociale, non abbassa lo sguardo, ma lo alza cercando di ragionarci sopra per poi sbatterlo in faccia al suo pubblico come una mina.

UNA GUERRA TRA ULTIMI


Recensione Questo Mondo Non Mi Renderà Cattivoa cura di Daniele Abbatini

La fossa delle Marianne è la più profonda depressione oceanica conosciuta al mondo. È profonda 12 km che è esattamente la distanza che separa il centro di Roma dal raccordo anulare. Ce stanno creature che non se capisce manco come fanno a vive là. Come cazzo è possibile che i loro organi funzionano senza luce, schiacciate sotto decine di miliardi di metri cubi d’acqua. Me sembra più preciso questo di tutto quello che ho letto ‘sti giorni. Una pozza di anime che annaspano al buio, che devono imparà a vivere insieme in un posto dove non ce può vive nessun altro.

La seconda serie di Michele Rech si potrebbe racchiudere in questa tagliente citazione che in poche righe racchiude tutte le difficoltà affrontate quotidianamente dagli abitanti di “Tor Sta Ceppa“. Già, perché le dinamiche vissute da Cesare che, in parte, ricorda l’amico di Zerocalcare in “Scheletri”, possono essere associate a tanti abitanti non solo dei grandi quartieri periferici di Roma, spesso ridotti a dormitori a causa dell’incessante smantellamento delle strutture sanitarie, scolastiche e culturali, o di qualsiasi grandi città, ma anche delle cosiddette “province benestanti”, dove dietro al benessere economico e sociale visibile a un primo sguardo, si nasconde sempre un’ampia fetta di povertà relegata sullo sfondo.
I problemi affrontati da Sara e dagli abitanti del quartiere sono stati già ampiamente trattati nei due volumi “Macerie Prime” e “Macerie Prime: Sei Mesi Dopo”, nei quali si parla di questa generazione di adulti precari, dove il termine precari si riferisce non solo all’ambito lavorativo, ma anche a tutta la sfera sociale ed emozionale delle nostre vite.
Ed ecco che allora, insieme alla vita di periferia tanto cara al creatore della serie, viene affrontato anche il grande elefante nella stanza: il tema dell‘immigrazione che, da sempre, divide fortemente l’opinione pubblica italiana. Una scelta estremamente coraggiosa per un prodotto televisivo finanziato e trasmesso da Netflix, la più mainstream delle piattaforme streaming.
Non è certo questo il luogo adatto per sviscerare una tematica così complessa ma, per ricordare quanto questa situazione sia drammaticamente attuale, basti citare l’ennesima strage in mare avvenuta pochi giorni fa al largo della Grecia, dove al momento si contano oltre 600 morti, numero destinato ad aumentare visto l’alto numero di dispersi.
Un tema così complesso e che coinvolge numerosi aspetti sociali, culturali ed economici degli abitanti del quartiere, in grado di provocare dubbi persino a Sara; non è un caso allora se la vera rivelazione di questo show sia proprio lei, faro morale di Zerocalcare durante tutta la sua vita, in grande difficoltà dal lato prettamente personale poiché rimasta indietro rispetto agli amici di una vita, altro tema già approfondito in “Macerie Prime”, e costretta a scegliere tra le proprie esigenze e quello che sarebbe giusto fare dal punto di vista etico e morale.
La scelta dell’artista dunque appare chiara: mostrare come gli immigrati siano solo l’ennesimo capro espiatorio su cui riversare tutti i problemi che attanagliano il quartiere, venendo strumentalizzati non solo dai media ma anche dai politici di turno e dai fascisti che alimentano le difficoltà esistenti, in cerca di consensi.
Zerocalcare però decide di affrontare tutto questo  a modo suo, destreggiandosi tra musica mainstream e gruppi punk semisconosciuti, il tutto infarcito, come sempre, da una quantità enorme di citazioni pop o inerenti il mondo della serialità televisiva.
Il risultato finale è una serie nettamente più impegnata a livello politico rispetto a “Strappare Lungo I Bordi“, che suggerisce di superare la classica dicotomia buono/cattivo, spiegando che la realtà è ben più complessa e che non si può ridurre tutto a due soli filoni di pensiero, in un contesto marginale dove gli enormi problemi di Cesare si intersecano con quelli degli immigrati, in una guerra tra ultimi che non ha mai fine.
Ancora una volta, in pochi episodi di breve durata, il fumettista di Rebibbia riesce a lasciare il segno, regalando una piccola perla ai suoi spettatori e invitandoli a riflettere esprimendo a pieno il proprio pensiero politico, suscitando forti emozioni e anche qualche contrasto, visto che le tematiche affrontate non sono state gradite da tutti. Un’impresa ardua per qualsiasi prodotto televisivo ma che assume ulteriore rilievo per una serie animata trasmessa su Netflix.

SARA AND SECCO STRIKE BACK


Zerocalcare Secco Sara Netflixa cura di Gianvito Di Muro

“Forse non te ricordi ma diec’anni fa io ero quella lanciata che c’aveva tutte le porte aperte e per questo te stavo sempre appresso perché me dispiaceva che te invece tribolavi […] Poi tu te sei sbloccato, tutti ve siete sbloccati. Siete andati avanti, avete fatto cose. E io invece so rimasta qua. Prima ero quella che poteva fa tutto poi so diventata quella che non stava a fa niente. ”

L’aspetto più unico della capacità ultra-analitica del Zerocalcare narratore sta nella sua duplice natura, tanto cerebrale da una parte, in cui giganteggia l’Armadillo di Mastandrea alle prese con i suoi “pipponi esistenziali” interiori, quanto fortemente emotiva e soprattutto empatica dall’altra, nei confronti sia di se stesso che soprattutto dei suoi personaggi. È d’altronde, da sempre, questo il vero segreto del suo successo. Michele Rech parla ai trentenni devastati da questo paese (o meglio, da “questo mondo”), perché lui è stato uno di loro. Lo fa in romanesco, perché è quella la lingua che parla tutti i giorni. Eppure ciò che scrive, disegna e racconta arriva a chiunque, proprio perché i destinatari universali sono la mente e soprattutto il cuore di ognuno.
Il tutto, naturalmente, magistralmente veicolato dalla sua incredibile abilità nello storytelling, capace di variare tra registri comici e drammatici in un battito di ciglia, a cui si piegano anche le infinite potenzialità dell’animazione grazie al fortunato sodalizio con Netflix. Alle tavole verbose e dense di concetti e battute che caratterizzano i suoi fumetti fanno posto surreali sequenze dal ritmo quasi frenetico, ora esilaranti ora struggenti, e soprattutto dove la musica occupa un posto di rilievo. Dalla cura mostrata nella scelta dei brani che compongono la colonna sonora si capisce benissimo, infatti, che è tra gli aspetti che più lo hanno convinto nel passaggio a tale formato, il mezzo principale di esaltazione del proprio lavoro, portando così nel mondo della serialità animata ciò che in questi anni ha fatto James Gunn in quello dei cinecomic su grande schermo.
Insieme all’animazione, però, con questo secondo capitolo Zero “scopre” quindi anche la serializzazione, perlomeno nella sua concezione più fidelizzata e commerciale propria del medium televisivo. Eppure, ancora una volta, la sua verve creativa, il suo stile così profondamente identitario e personale, non subiscono affatto una snaturalizzazione, come ci si potrebbe aspettare da simili esigenze esterne, anzi tutto l’opposto. Il percorso di Sara, a cavallo delle due stagioni, è emblematico in tal senso. Come già accennato, stavolta la sua figura assume un ruolo ancor più chiave che nel “capitolo” precedente, specie rispetto al protagonista.
Se in Strappare Lungo I Bordi, il racconto della precarietà passava attraverso gli occhi di Zero, costretto a barcamenarsi tra scoraggianti commissioni e lunghe sedute di ripetizioni a giovani studenti viziati e annoiati, in seguito al successo della prima serie, in un mix delizioso tra finzione e realtà, i punti di vista e le rispettive condizioni lavorative si ribaltano, a discapito di Sara, in un modo talmente drammatico da diventare il fulcro stesso della narrazione, attorno a cui ruotano cioè l’evoluzione della storia e dei suoi personaggi, commovente finale compreso. E in perfetta coerenza con i parametri autoriali, quel “prima ero quella che poteva fa’ tutto, poi so’ diventata quella che non stava a fa’ niente” non è solo una tristissima presa di coscienza della sua protagonista, ma riflette con potenza inaudita quella di tutta una generazione che la sta guardando. Una generazione che con lei soffre, s’immedesima (si parlava di empatia, appunto) in quella crisi in cui nessuno, in un modo o nell’altro, può dirsi totalmente estraneo, neppure il narratore stesso, che volente o nolente ne è diventato, negli anni, il portavoce più onesto (intellettualmente, sì, ma anche e soprattutto emotivamente).
Con Questo Mondo Non Mi Renderà Cattivo, Zerocalcare diversifica i temi, che in questo “episodio” si fanno più sociali, suona altre corde, spaziando dalla tossicodipendenza alla malagestione delle amministrazioni cittadine, fino all’odierno e deontologicamente discutibile ruolo dei media, i quali sfruttano il sentore popolare per il proprio tornaconto, per lo share e le interazioni da social, piuttosto che perseguire un servizio pubblico. Eppure il filo conduttore, il punto di partenza, è sempre quello, ossia la piccola realtà periferica della più grande città d’Italia, insieme a tutti gli elementi da “sequel”, con quei motivi, frasi e personaggi ricorrenti, che riscoprono sì una nuova collocazione, ma in un’accezione sempre e incredibilmente universale. Ed è così che uno degli studenti più “problematici” di Zero diventa in questa storia protagonista, al negativo, nella rivolta finale. Oppure Secco che tra una gag “esplosiva” e un’altra “gastronomica” arriva ad avere il suo momento ascetico in stile Silent Bob di Kevin Smith nella trilogia del New Jersey, ossia capace di racchiudere in un solo significativo monologo, dopo interi screen time fatti esclusivamente di silenzio e apparente menefreghismo, tutta l’illuminata ispirazione di cui il protagonista ha bisogno.
In queste settimane si sono tenute le discussioni più disparate su questa nuova impresa del fumettista romano, compreso il ritorno in auge del paragone con Bojack Horseman, come già accaduto con la prima serie, ma in fondo la verità è che, per tutti i motivi (e meriti) sopracitati, di un autore come Zerocalcare in Italia ce n’è uno solo e bisogna tenerselo stretto, aspettando speranzosi, a questo punto, almeno la chiusura della trilogia di Rebibbia.

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