Star Trek: Strange New Worlds riparte da dove si era fermato lo scorso anno: ossia con una galassia da poco uscita dalla guerra coi Klingon e il Primo Ufficiale dell’Enterprise agli arresti per aver nascosto le proprie alterazioni genetiche.
Non sorprende, quindi, che i primi due episodi della nuova stagione siano dedicati proprio a questi due scenari. Da una parte, una corsa contro il tempo per fermare lo scoppio di nuove ostilità tra Federazione e Klingon. Dall’altra, il processo per salvare Una. Nulla di nuovo sotto il sole, per chi segue la saga fin dalla sua prima incarnazione, ma è proprio nella sua capacità di riadattare ai tempi moderni questo usato sicuro che Strange New Worlds si è rivelata, finora, superiore a Discovery e forse anche a Picard.
UN INIZIO TRA ALTI…
“The Broken Circle”, come già detto, riporta prepotentemente la trama di Star Trek sui binari già esplorati nella prima stagione di Discovery. La guerra tra la Federazione e i Klingon causata da Michael Burnham non è un lontano ricordo, ma una ferita che ancora brucia. E quindi non sorprende che ci sia chi voglia dare vita a un seguito. Di conseguenza, tutto l’episodio ruota intorno al tentativo di fermare lo scoppio di nuove ostilità, che sarebbero devastanti per le due superpotenze appena tornate in pace.
C’è da dire, però, che il risultato finale è altalenante. Da un lato, è pregevole che si continui a battere su una forte continuity fra le serie del nuovo corso Trek e si richiamino elementi del passato. E la possibilità di vedere Spock in un ruolo meno algido, freddo e più istintivo, più umano (non dimentichiamo che biologicamente lo è per metà), è un valore aggiunto. Tanto più se si pensa che questo è uno Spock ancora giovane, che deve maturare.
Lodevole anche l’utilizzo della new entry Pelia, nuovo ingegnere capo dell’Enterprise interpretato da Carol Kane, già vista in Unbreakable Kimmy Schmidt e nel più recente Hunters. L’attrice canadese introduce nella serie quel tocco di eccentricità, brio e freschezza che effettivamente mancava (e che a quanto pare viene sempre portato dagli ingegneri, basti pensare a Reno in Star Trek: Discovery).
… E BASSI
Meno apprezzabile il modo in cui a questo giro sono stati gestiti il dottor M’Benga e l’infermiera Chapel. Due personaggi votati maggiormente al supporto, mai visti davvero in ruoli di combattimento, che di colpo vengono catapultati al centro dell’azione e diventano personaggi da action movie pur non avendone, spiace dirlo, la caratura. Il loro ruolo in “The Broken Circle” è sembrato forzato, forse subordinato al desiderio di non far ruotare sempre le parti action intorno a Spock, a La’an e a Pike. O forse l’obiettivo ultimo era sottolineare ulteriormente (come se non fosse palese) l’infatuazione di Spock per la bella infermiera, con la scontata scena in cui si strugge di preoccupazione mentre lei è tra la vita e la morte.
E poi c’è Pike, il grande assente dell’episodio. Non esiste una regola fissa secondo cui le trame degli episodi debbano avere un ruolo di primo piano per il capitano (tranne in Discovery, lì sembra d’obbligo mettere sempre la Burnham in mezzo a tutto), ma l’assenza di Pike si fa sentire. Tanto più che sarebbe stato un personaggio decisamente più credibile del dottore e dell’infermiera come motore dell’azione.
Anche il ritmo dell’episodio non è sempre ben gestito, con scelte di montaggio che a volte lasciano perplessi e una narrazione sbrigativa e non particolarmente incisiva di alcuni momenti topici. “The Broken Circle” poteva essere un’ottima premiere, dovrà accontentarsi di essere decente.
DISCRIMINAZIONE NEL XXIV SECOLO
Uno dei capisaldi dell’ambientazione di Star Trek è la rappresentazione di un’umanità più “evoluta” di quella attuale. Non a livello biologico, ma etico e culturale. Un’umanità che si è lasciata alle spalle le differenze etniche, religiose, politiche, che ha abolito la disuguaglianza e che cerca di essere più inclusiva possibile.
Peccato che poi saltino fuori gli Illyriani e si scopra che anche l’umanità del XXIV secolo conserva la paura verso il diverso, la diffidenza, a volte persino l’0dio. Gli Illyriani, infatti, altro non sono che una proiezione nel futuro del razzismo ancora oggi dilagante, intrecciato con un altro tema decisamente più fantascientifico ma che inizia a far discutere già oggi: la manipolazione genetica. E il fatto che la Federazione “giustifichi” questo atteggiamento discriminatorio con il ricordo delle guerre eugenetiche e la paura che esiti simili possano riproporsi non rende certo più difendibile la sua posizione, anzi, sembra di rivedere l’apartheid del Sud Africa o la segregazione razziale degli USA.
Una Chin-Riley diventa quindi il capro espiatorio su cui la Federazione può sfogare la propria xenofobia verso individui che considera una minaccia, ma che hanno l’unica colpa di credere in valori diversi. Nella fattispecie, mentre il resto dell’umanità agisce per terraformare i pianeti, gli Illyriani modificano sé stessi per adattarsi ai nuovi mondi e addirittura considerano queste manipolazioni genetiche un fatto culturale, un elemento identitario. É un approccio diverso, ma che genera incomprensioni e paure. E il processo di Una è perfetto per scatenare un vero e proprio caso mediatico, che possa scuotere dalle fondamenta questo stato delle cose.
UN LEGAL DRAMA NELLO SPAZIO
A differenza del precedente episodio, “Ad Astra Per Aspera” si rivela costruito solidamente. L’impianto da legal drama non è una novità nella saga e i fan ricorderanno sicuramente almeno due altri casi simili nella serie originale: “Court Martial”, in cui l’imputato era nientemeno che il capitano Kirk, e il doppio episodio “The Menagerie”, in cui Spock doveva difendersi dall’accusa di aver rapito l’ex capitano Pike.
Anche qui il processo sembra un tentativo disperato, perché il verdetto è già scritto: Una deve essere condannata, deve essere un esempio per tutta l’umanità. E man mano che l’episodio avanza, si fa sempre più palese l’eventualità che anche il capitano Pike paghi per aver nascosto la vera natura del suo Primo Ufficiale. Ecco quindi che l’unica soluzione per spuntarla è affidarsi a un’avvocatessa fuoriclasse, Neera Ketoul, anche lei illyriana e, guarda caso, un tempo amica di Una.
La coincidenza potrebbe far storcere il naso, se non fosse che serve ad arricchire il passato di Una. Un passato fatto di traumi, discriminazioni, dolorose separazioni dalle persone che amava, e tutto questo per via delle politiche federali che hanno calpestato i diritti e la cultura degli Illyriani. É importante conoscere questi trascorsi per comprendere perché Una abbia poi scelto di entrare nella Flotta Stellare: perché solo al suo interno le è parso di vedere un mondo senza più disuguaglianze e discriminazioni, in cui tutti possono vivere in pace e nel rispetto reciproco.
La vittoria finale di Una è scontata (del resto si parla di Star Trek, mica di The Expanse), ma non per questo meno gradita o significativa. Il fatto che un’Illyriana possa continuare a servire nella Flotta Stellare, dopo aver dato larga prova dei suoi meriti e della sua indispensabilità, è un segnale potente. Che si spera la Federazione abbia recepito a dovere.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Un inizio decisamente incoraggiante per Star Trek: Strange New Worlds. Se “The Broken Circle” ha diverse criticità, “Ad Astra Per Aspera” si rivela invece un episodio potente, ben costruito, che non avrebbe sfigurato accanto ai capolavori delle vecchie serie. Se continuerà così, Strange New Worlds si confermerà anche quest’anno la vera erede della volontà di Roddenberry, con buona pace di Discovery e Picard.
Quanto ti è piaciuta la puntata?
5
Nessun voto per ora
Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.