Sweet Tooth 3×02 – Thank God I’m A Country BoyTEMPO DI LETTURA 4 min

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Sweet Tooth 3x02 recensioneIl secondo episodio della terza stagione di Sweet Tooth conferma che questa stagione sarà incentrata sul viaggio in Alaska e poco altro.
Nonostante la qualità dello show rimanga tutto sommato sufficiente senza particolari picchi qualitativi, ma comunque piacevole, si tratta di una seconda puntata di raccordo che non aggiunge molto alla trama e che posiziona un po’ tutti i personaggi sullo scacchiere, sia i nuovi villain rappresentati dalla famiglia Zhang, sia Singh e i character in Alaska.
Questo viaggio sembra destinato a durare per tutti e otto gli episodi, simile a come la prigionia di Gus e degli altri bambini ibridi ha occupato gran parte della scorsa stagione. Il creatore dello show, Jim Mickle, sembra intenzionato a mantenere una narrazione dettagliata e prolungata, ma questo potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio: da un lato, offre (potenzialmente) maggiore profondità ai personaggi e alle loro storie, dall’altro rischia di diluire l’azione e l’interesse in alcuni punti. Il che porta anche a questionare gli 8 episodi, che magari potevano essere 5 o 6, ma è comunque un qualcosa che potrà essere valutato solo a stagione conclusa.

QUELLO CHE FUNZIONA


Un aspetto positivo di questo episodio è sicuramente il ritorno (in pianta stabile?) del Dr. Singh. La sua presenza aggiunge una tensione palpabile con molta diffidenza da parte degli altri personaggi, soprattutto Tommy “Big Man” Jepperd e Bear.
È chiaro che un futuro scontro tra Singh e questi due è inevitabile, e questa prospettiva promette bene per i prossimi episodi che dovranno sicuramente far evolvere questa non-relazione visti i diversi interessi in palio. Singh è un personaggio chiave e ha una conoscenza scientifica che potrebbe essere cruciale per trovare una cura alla malattia; allo stesso tempo non dispiace immaginare un incontro con la “mamma” di Gus in Alaska. Quindi il recupero di Singh come personaggio è una mossa tanto intelligente quanto doverosa che potrebbe avere un impatto significativamente positivo sulla trama.
È inoltre apprezzabile anche come “Thank God I’m A Country Boy” tratti il tema del razzismo utilizzando la riluttanza verso i bambini ibridi. L’utilizzo della famiglia composta da un classico redneck campagnolo è un espediente narrativo efficace per enfatizzare questi elementi negativi ancora piuttosto vividi in certe aree, oltre che la ristrettezza mentale di certe persone. La scena in cui uno dei figli è costretto a nascondere le proprie ali e quella in cui cerca di tagliare le orecchie da topolino del figlio appena nato sono particolarmente forti (in particolare quest’ultima) ed enfatizzano benissimo come queste situazioni folli, purtroppo, riflettano realtà ancora presenti oggigiorno, aggiungendo un ulteriore strato di autenticità alla serie.

QUELLO CHE NON FUNZIONA


Come si può constatare dal voto finale e dal titolo di questo paragrafo, ci sono anche dei lati negativi, due su tutti: una certa forzatura di trama difficile da ignorare nel finale e anche questo attendismo generale che potrebbe essere evitato.
Del secondo si è già parlato sopra, ma quello che probabilmente disturba di più è l’incongruenza nel finale in cui il padre di Theo redneck chiama la famiglia Zhang dopo che il gruppo li ha aiutati a far nascere il figlio. Questo comportamento è parzialmente giustificabile se si considera l’odio che nutre per gli ibridi come Gus ma, considerando quanto Sweet Tooth sia piena di morali positive, in questo caso la decisione del padre appare forzata e poco realistica. È un dettaglio che poteva essere evitato e/o gestito in modo diverso per mantenere una coerenza narrativa più solida.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Buona resa del concetto “il mondo è pieno di redneck razzisti e bigotti che non hanno un minimo di senso della civiltà ma si riproducono come conigli”
  • Re-introduzione del Dr. Singh
  • Un po’ di forzature
  • Un po’ di minutaggio perso qua e là

 

In definitiva, il secondo episodio della terza stagione di Sweet Tooth riesce a mantenere alta l’attenzione dello spettatore, nonostante alcuni momenti di confusione. Il viaggio in Alaska promette di essere un tema centrale e duraturo, che potrebbe offrire una narrativa più profonda se ben gestito. Il ritorno del Dr. Singh e la tensione crescente tra i personaggi aggiungono un buon livello di drammaticità, mentre il tema del razzismo e della diffidenza verso i bambini ibridi continua a essere trattato in modo efficace e toccante. Tuttavia, alcune forzature nella trama potrebbero rischiare di alienare parte del pubblico.

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

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