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“You may feel gravity without knowing how it works. There are forces acting upon the every life that remain beyond our control or comprehension.”
Non è solo una voce nella testa, è un respirare all’unisono, un muoversi e vivere ciò che vive l’altro, è un’empatia esasperata. Siamo di fronte ad un corpo unico che respira non solo la propria aria ma anche quella degli altri, un corpo costituito da diversi muscoli (i vari sensates) che si contraggono e si rilassano permettendogli di muoversi. “I Have No Room In My Heart For Hate” ci dimostra ancora una volta il profondo legame tra i personaggi, stringendoli insieme in un abbraccio. Non c’è odio in loro, ma solo un amore smisurato – parafrasando il titolo dell’episodio -, come una sorta di battito dell’universo che può sopportare tutto, anche le notizie più terribili e i dolori più atroci. Tra gli otto protagonisti sono tanti i legami in relazione a ciò che vivono, sentono e provano; è come se diversi punti della terra fossero uniti da una corda elastica e ciò che accade da una parte non è poi diverso da ciò che capita dall’altra.
Sun e Khala sono più simili di quello che si possa pensare: entrambe non conoscono qualcuno a loro molto vicino (l’una il fratello, l’altra il marito), entrambe non sanno cosa fare nell’incertezza (l’una vorrebbe vendicarsi della morte del padre, ma il killer è suo fratello, l’altra non accetta il metodo di lavoro dell’azienda farmaceutica del marito); ciò che si prova è un sentire comune. Infatti nel momento in cui Sun si sente persa (“I feel lost”), sola (“Everything I considered my home is gone. Every time I begin to fell i belong somewhere I have to leave”), in bilico tra agire e non agire (“I’m trapped between what i want and what I know I can’t have”), gli altri sensates sono pronti a sorreggerla, a farle capire che sono lì pronti a sostenerla (“You have us”).
Dall’altra parte del mondo Riley va alla ricerca del migliore amico di Will per potergli chiedere perdono da parte del poliziotto ma anche aiuto, la donna percepisce ciò che un tempo ha vissuto il suo compagno e sente i sapori che a lui mancano (da un anno Will ha dimenticato la sua vita passata).
E’ proprio questo uno dei cardini della serie, la riproposizione del simpatein e della connessione mentale che straborda diventando anche fisica, una coazione a ripetere delle stesse situazioni che permeano la vita dei protagonisti.
Alle sorelle Wachowski basta solo un bacio per unire i piani – ed è il fil rouge della serie -, legare le vite dei loro personaggi: si toccano le labbra di Sun e dell’investigatore e grazie al montaggio partecipiamo anche al bacio tra Riley e Will su quel grattacielo da cui tutto ha inizio ma anche, allo stesso tempo, in una stanza al buio per non farsi scovare.
“- They always want to blame it on a religion, an ethnic group ora a skin colour but the one thing no one ever wants to say…
– It’ s always a man. […]
– Violence has a gender.“
Berlino, Chicago, Città del Messico, Londra, Mumbai, Nairobi, San Francisco, Seul sono lo stesso luogo, unite dai sensates, canto della diversità, rappresentazione di una possibile relazione tra i popoli. Sense8, anche in “I Have No Room In My Heart For Hate”, mostra un universo new age, spirituale e quasi religioso ma inserito nella realtà (il terrorismo, la violenza, le rivolte, il razzismo), una realtà che si sta muovendo verso la separazione, la disumanizzazione e la paura dell’altro (le elezioni americane e i relativi muri, la Brexit e le ripercussioni sull’idea di comunità).
Qui invece si vorrebbe dimostrare che “This is to remind people that free societies are strong societies” e che l’altro è noi. L’altro è un volto che interpella, che chiede aiuto. E’ proprio intorno a questo punto che Sense8 risulta riuscito, in quello cioè che il filosofo Lèvinas definisce “il faccia a faccia con l’altro”. Quel volto – in questo caso si legga voce, corpo, tutto – chiede aiuto nell’indigenza ed a quel punto chi si trova in una situazione simile, chi è in grado di aiutarlo arriva e dona parte di sé. “La nudità del volto è indigenza. Riconoscere significa riconoscere una fame. Riconoscere Altri significa donare” scrive Lèvinas e anche in “I Have No Room In My Heart For Hate” c’è il darsi – infatti non c’è spazio per l’odio in questa cerchia – e ogni personaggio si avvicina, partecipa all’indigenza, donandosi. L'”aiutante” potrebbe sembrare un fantasma, un amico immaginario che nessuno può vedere, ma in realtà il suo corpo c’è, esiste e sente lo stesso dolore, la stessa rabbia, la stessa paura che prova colui che chiede soccorso.
Quando Riley viene mandata nella Chiesa abbandonata – luogo misterioso in cui c’è una doppia citazione da una parte il “drink me” di “Alice nel Paese delle Meraviglie”, dall’altra la pillola alla Matrix – scopre qualcosa in più utile non solo per lei ma anche per il suo cluster grazie a quel personaggio misterioso che le racconterà di una BPO con principi completamente diversi in origine. Con quella donna condivide i tagli sulle braccia provocati a causa dei whispers della loro testa che spingono alla distruzione e a farsi del male. Male la cui assenza o presenza diventa discrimine delle azioni e di chi le compie ma anche punto di partenza per la costruzione di un mondo o a misura d’uomo – la candidatura di Capheus potrebbe determinare una svolta decisiva – o a sua “dis-misura”.
Prendendo a prestito ancora Lèvinas, i sensates scoprono il mondo grazie alla condivisione con l’altro: imparano cose che non sapevano di conoscere e che ogni cosa esiste al di là di qualunque limite.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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“I Have No Room In My Heart For Hate” è un episodio che si ascrive alla drammaturgia di Sense8 in cui lo spettatore viene rapito dalle connessioni tra i personaggi ma forse si perde un po’ nei dialoghi più “scientifici”.
Isolated Above, Connected Below 2×05 | ND milioni – ND rating |
I Have No Room In My Heart For Hate 2×06 | ND milioni – ND rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.