Uncle George: “We are all amongst you, though we try not to take up space. You might see us on the street corners, under overpasses. We are the ones who have been given a second chance at life, and we use it to enact God’s divine plan”.
Con “Espresso”, ci si addentra definitivamente nella parte finale di questa seconda stagione. L’episodio, infatti, accelera il ritmo per fare luce su Leanne. Tuttavia, come capita spesso in Servant, nessuna risposta viene concessa senza generare ancora più domande.
UNCLE GEORGE
Uncle George ritorna (finalmente) in scena e lo fa portando con sé tutta l’inquietudine e la tensione già mostrata in precedenza. Pare essere terrorizzato dal fatto che Leanne sia stata tenuta prigioniera e tenta di mettere in guardia i Turner da ciò che sta succedendo nella loro casa. Le fondamenta (luogo caro a M. Night Shyamalan) diventano ancora una volta luogo emblematico di rivelazioni, come testimonianza dell’influenza malevola di Leanne. Il personaggio di Uncle George è sempre stato considerato il villain insieme alla Chiesa dei Santi Minori guidata da May Markham, ma questo episodio rimescola le carte in tavola, mostrando un uomo spaventato, timoroso e, soprattutto, portatore di verità. Gli sceneggiatori e i registi di Servant (per “Espresso”, Isabella Eklöf) sanno sempre come costruire una tensione che in questo caso si traduce in un unguento mescolato a mani nude da Uncle George fatto di grasso animale e sputo.
UN ANGELO RIBELLE
La vera cattiva pare essere proprio Leanne: lei sarebbe una “serva di Dio”, un’anima alla quale è stata concessa una seconda possibilità per fare del bene. Non è ancora chiaro perché non sia stato affermato esplicitamente, ma Leanne potrebbe essere un vero e proprio angelo, mandato dal cielo come tanti altri per fare del bene. Non sarebbe la sola, ma molte altre persone, come lei, sono state inviate per adempiere a uno specifico compito. All’inizio della stagione, Leanne era al servizio dei Marino, ad accudire un anziana signora costretta in un letto. Aiutando i Turner con Jericho, la ragazza avrebbe disobbedito al volere divino e per tale motivo sarebbe lei a pagarne le conseguenze. Di conseguenza, i Turner, potrebbero non aver meritato i suoi servigi per via del gesto compiuto inavvertitamente da Dorothy dimenticando (e uccidendo) il neonato in macchina. L’aver preso in ostaggio Leanne, strappandola dai suoi doveri di servant precedentemente richiesti, potrebbe aver gettato disgrazie su Dorothy, Sean e Julian, come testimoniato dapprima dal marcire del seminterrato (luogo in cui Dorothy aveva oltretutto sepolto viva Leanne) e, successivamente, dall’orda di scarafaggi che ne fuoriesce proprio come una terribile piaga d’Egitto.
TRA FEDE E REALTA’
Lo spettatore si ritrova quindi, proprio come Sean, Julian e Dorothy, ad oscillare tra fede e realtà, domandandosi se il racconto e le teorie di Uncle George siano vere o se si tratti invece di puro fanatismo. Si tenta disperatamente di attaccarsi a ogni parvenza di risposta fornita da una serie che ha fatto del non detto il suo marchio di fabbrica. Come i pezzi di un puzzle che si incastrano (quasi) perfettamente, sembra tutto troppo chiaro per essere vero. Sembra sempre che da un momento all’altro possa arrivare una rivelazione spiazzante, cosa che poi a fine puntata avviene. Nelle villa dei Marino, infatti, luogo presso il quale Leanne avrebbe dovuto fare ritorno per interrompere la serie di catastrofi, avviene una carneficina.
LA PERFETTA CADENZA SETTIMANALE
Se la seconda stagione era partita più lentamente, con “Espresso” pare che finalmente qualche nodo stia effettivamente venendo al pettine. Le risposte non vengono esplicitate e rimane sempre presente un senso di spaesamento, incertezza e dubbio. Il punto di forza della serie, d’altronde, sta proprio in questo ritmo rallentato e sospeso che non affretta nulla, ma si prende il tempo di analizzare accuratamente ogni piccolo particolare che potrebbe essere fondamentale per la risoluzione del mistero. Per questo vengono disseminati sempre piccoli indizi qua e là, che potrebbero significare tutto o niente. In un’epoca di serie tv distribuite a blocchi di stagioni intere sulle piattaforme di streaming, è bello avere a portata di telecomando un sano prodotto che settimanalmente riesce a catturare e a tenere incollato il pubblico con un mistero che più si infittisce e più intriga. L’intento di Shyamalan e del suo team è proprio questo. Peccato che gli episodi siano davvero troppo corti (25 minuti) perché si ha spesso la sensazione che il minutaggio non sia assolutamente sufficiente a sostenere il ritmo della serie.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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“Servant” spinge sull’acceleratore trasportando lo spettatore direttamente nel fulcro della stagione. Finalmente arriva qualche risposta, mai regalata e sempre sudata, ma molte sono solo supposizioni e il puzzle ha ancora tantissimi tasselli che devono andare al proprio posto. La tensione cresce e l’hype aumenta, facendo di questa serie un gioiellino per pochi scelti, per coloro che hanno la pazienza di sostenere il ritmo di Shyamalan e del suo team di registi e sceneggiatori.
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.