Giunti al terzo episodio The Chair si ritrova già a metà stagione, una modalità di fruizione tipica di queste miniserie che ne favorisce nettamente la visione.
La comedy drama con protagonista Sandra Oh, infatti, si è presentata sin dal pilot con un timbro ben definito fatto di ironia pungente atta a rappresentare alcune delle maggiori problematiche sociali attuali. Data questa tipica caratterizzazione, che alla base pone scene dal forte messaggio sociale ma pur sempre in stile macchietta comica, la distribuzione di appena sei episodi, dalla durata di circa 30 minuti ciascuno, si rivela fortemente vincente per una serie che riesce in questo modo a centrare il suo obiettivo.
MIX PERFETTO DI PERSONAGGI
Tra i vari pregi che la serie ha messo in evidenza in questi primi tre episodi c’è sicuramente la sfaccettata diversità del cast. Il gruppo di protagonisti e di coloro che vi gravitano intorno, infatti, appare composto dalle più svariate figure, ognuno con una caratterizzazione opposta all’altro. Anche in questo caso, un modo perfetto di mettere in evidenza le differenze e le disuguaglianze che la serie vuole denunciare, dando modo ad ogni personaggio di mettere in scena una battaglia diversa e facendosi promotore di un proprio messaggio.
Da questo punto di vista, da una parte si erge la guerra fredda tra il professor Elliot e la professoressa Yaz, una lotta tra vecchio e nuovo che riesce a sottolineare in maniera efficace come anche una materia classica come la letteratura deve sottostare ai cambiamenti del tempo e alle nuove e più ampie vedute degli studenti delle nuove generazioni.
Fenomenale, poi, risulta il ruolo della professoressa Joan Hambling che si pone come epicentro di tutta l’ironia della puntata. Essere messi da parte mentre davanti si manifestano segni di un cambiamento che non le appartiene e, allo stesso tempo, rifiutare qualsiasi forma di adattamento è un altro messaggio importante che The Chair cerca di far passare. Una parte di trama che dimostra coma la critica mossa dalla serie sia di ampie vedute, riuscendo a soffermarsi su tutte le “vittime” dei tempi che cambiano, indipendentemente dalla loro età anagrafica. E il fatto che tutto questo venga mostrato attraverso la vena comica di Joan è sicuramente una marcia in più.
UN DINAMICO DUO
Naturalmente, come esempi massimi di personaggi diversi spicca il duo composto da Ji-Yoon e Bill: due figure opposte che finora rendono benissimo insieme in scena, aumentando ulteriormente la loro chimica anche con l’inserimento della piccola Ju Ju all’interno delle loro dinamiche. Da questo punto di vista, il percorso del personaggio di Sandra Oh aggiunge un tassello ancor più profondo al suo status sociale, ossia quello di donna single in carriera con figlia al seguito che deve farsi largo in più di un campo. Una carrellata di situazioni complesse che in questa chiave ironica riescono a far passare il giusto messaggio senza minimizzare o estremizzare i concetti di fondo.
A bilanciare la caparbietà e la duttilità di Ji-Yoon, però, ci pensa il personaggio di Bill. In questo caso va detto che la serie si ritrova spesso sul filo del rasoio, con una figura che potrebbe facilmente cadere nel più canonico dei cliché. Tuttavia, per ora anche la caratterizzazione di Bill si sposa bene con l’insieme della serie, riuscendo dal canto suo a sdrammatizzare una situazione che in realtà diventa sempre più “chiusa” da un punto di vista delle prospettive.
SPAZIO ALLA CANCEL CULTURE
Oltre alle innumerevoli problematiche sociali già anticipate nei precedenti episodi, infatti, “The Town Hall” ne mette sul banco un’altra sempre più in voga ultimamente. Un topic complesso che ha preso sempre più piede, neanche a dirlo, con lo sviluppo delle “discussioni da tastiera“. Ci si riferisce alla cosiddetta cancel culture, che Wikipedia riassume come una nuova forma di ostracismo. Una connotazione che rientra sotto l’ala del politicamente corretto su cui si potrebbe a lungo disquisire (e, in altre sedi, Recenserie lo ha anche fatto).
Strettamente legato a quanto avvenuto in questo episodio di The Chair, però, va detto che anche qui la serie riesce a dare una perfetta descrizione di questo fenomeno, annientando Bill in ogni suo tentativo di discussione con gli studenti. Un effetto boomerang delle parole da far quasi paura. Resta solo da vedere se Bill, data la sua estrema indolenza, ne sarà colpito o meno.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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A metà stagione, The Chair conferma tutte le ottime impressioni dei primi episodi. Una critica sociale fatta in questo modo, tra roghi sventati e ironia tagliente, sembra il giusto mezzo per lanciare un messaggio e strappare ugualmente una risata.
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.