“Bond. James Bond.”
Le sequenze iniziali meritano un plauso a tutto il comparto tecnico che sta dietro la realizzazione dello show. Vengono mostrati telegiornali d’epoca mentre danno l’annuncio di come un uomo (il Michael Fagan del titolo) si sia intrufolato di notte a Buckingham Palace, arrivando sino alla camera da letto della regina. Non si riesce a capire quanto sia costituito da immagini d’epoca e quanto da scene girate appositamente per la fiction (si vedono solo alcuni fotogrammi in cui non c’è la vera Thatcher, ma Gillian Anderson). Fusione e ricostruzione sono perfette.
La trama dell’episodio dipinge una partita con tre giocatori: Fagan appunto, imbianchino decoratore disoccupato, padre divorziato ed Elisabetta II, a cui egli arriva partendo dal centro per l’impiego e salendo la scala gerarchica con una semplicità quasi stupida, o almeno così sembra, per presentare le sue rimostranze.
“Convitato di pietra” è Margaret Thatcher, non presente fisicamente ai colloqui ma sempre evocata: Fagan la incolpa di aver destinato notevoli somme di soldi pubblici alla guerra delle Falkland, non destinandoli, anzi sottraendoli: al welfare, all’occupazione e allo stato sociale. In un momento di surreale comicità, l’intruso mette in guardia addirittura la sua sovrana, perché un Primo Ministro così aggressivo ed ambizioso potrebbe “rubarle il lavoro come l’ha rubato a lui”.
La storia, comunque, si dilata ben al di là delle tre figure principali. Nella miglior tradizione inglese, si possono vedere rappresentate tre classi sociali. C’è il proletariato, preoccupato e infuriato dai tagli alla spesa pubblica e dalle difficoltà quotidiane, l’aristocrazia blasé, serenamente convinta che le crisi ci sono sempre state e sempre ci saranno, una crisi prima o poi passa, sino alla successiva e la borghesia imprenditorial – capitalista, la quale effettivamente sembra ambire a onori e privilegi dell’aristocrazia, almeno a giudicare dal finale dell’episodio, dove la Thatcher va con gioia ad assumere un ruolo che avrebbe dovuto essere della regina ai festeggiamenti per la vittoria della guerra delle Falkland (da come viene dipinta nella serie, un punto d’onore stile secentesco o poco più).
Tra proletariato e aristocrazia sembra esserci un terreno comune, uno spazio di dialogo, perché entrambi ben conoscono l’importanza della coesione fra persone, di costituire una comunità, una rete sociale. Vedendo le scene dedicate alla gente in fila al centro per l’impiego e alla folla ammassata in attesa della famiglia reale, inoltre, la principale differenza sembra costituita dal colore degli abiti.
Borghesia capitalista e aristocrazia, invece, sono due mondi che non si parlano, come già sottolineato nell’episodio ambientato al castello di Balmoral: troppo diverso è il passo di chi va all’arrembaggio e di chi si è comodamente assestato nei soliti rituali.
Neanche borghesia e proletariato si parlano: chi vuole distruggere il tessuto sociale per guadagnare di più, chi ha fatto dell’individualismo una bandiera, è nemico naturale di chi ha bisogno di congiunti e vicini per sopravvivere.
La partita, per continuare la metafora, si conclude con un niente di fatto. Significativo vedere come la sovrana non sporga denuncia, davanti ad una mastodontica débacle dei servizi di sicurezza, per non essere ancora di più “costretta e imprigionata”.
Fagan esce di scena con un periodo di tre mesi trascorso in ospedale psichiatrico, ma resta un approfondimento dei personaggi principali che li porta al di là della semplice divisioni fra “buoni” e “cattivi”. Margaret Thatcher non è certo un personaggio arrivato per far bella figura, ma come si diceva sopra è punta di diamante di una classe sociale in procinto di soppiantarne definitivamente un’altra, grazie alla rapidità d’azione. Gillian Anderson lavora sempre molto sulla postura per costruire le sue interpretazioni e quella scelta per il Primo Ministro britannico, tutta pencolante, non lascia presagire nulla di buono fin dal primo istante.
Si è smesso di ripetere ad ogni piè sospinto, per fortuna, quanto siano grigi e noiosetti Elisabetta e Filippo, ma far notare come vivano in un palazzo dove gli arredi eleganti abbiano bisogno di riparazioni e il vederli sottomettersi ai soliti rituali è più che sufficiente. Forse la ripetitività dei gesti nei decenni ha contribuito a rendere “cheti e rassegnati” i membri della famiglia reale (o a farne dei ribelli sempre fuori posto, ma inascoltati, come Margaret).
In conclusione, un altro plauso alla classe con cui la colonna sonora diventa parte integrante della costruzione del personaggio. Se per Lady Diana ci sono i successi del momento (ad esempio Edge of Seventeen di Stevie Nicks e si sente pure Song For Guy di Elton John, amico personale della principessa) per Fagan ci sono The Cure con Boys Don’t Cry e i Joy Division.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Giunta a metà percorso la stagione procede splendidamente, anche meglio della terza. Persino gli episodi dedicati ad eventi meno eclatanti diventano una vera lezione di storia e sociologia. Si può solo ringraziare.
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora
Tags:
Casalingoide piemontarda di mezza età, abita da sempre in campagna, ma non fatevi ingannare dai suoi modi stile Nonna Papera. Per lei recensire è come coltivare un orticello di prodotti bio (perché ci mette dentro tutto; le lezioni di inglese, greco e latino al liceo, i viaggi in giro per il mondo, i cartoni animati anni '70 - '80, l'oratorio, la fantascienza, anni di esperienza coi giornali locali, il suo spietato amore per James Spader ...) con finalità nutraceutica, perché guardare film e serie tv è cosa da fare con la stessa cura con cui si sceglie cosa mangiare (ad esempio, deve evitare di eccedere col prodotto italiano a cui è leggermente intollerante).