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“Colpa” indubbiamente dello stile di Simon e Pelecanos, a dir poco ostico per lo spettatore medio: tempi narrativi pachidermici, frazionamento della trama in tante vicende parallele e debolmente connesse fra loro, cura maniacale nella ricostruzione storica a scapito della scorrevolezza delle storia e, ammettiamolo, un certo autocompiacimento dei due autori. Qualcuno ci vedrà degli errori imperdonabili, qualcun altro semplicemente un modo di raccontare che fa a pugni con lo stile frenetico e acchiappa-spettatori che va per la maggiore oggi. In ogni caso, The Deuce era ed è rimasta sempre una gran serie d’autore, di quelle che paradossalmente oggi, nell’era della peak tv, è sempre meno facile trovare, e Simon e Pelecanos hanno avuto la fortuna di poter mettere la parola “fine” a quest’opera scampando alla mannaia della cancellazione che in casa HBO ha invece colpito, per citare una serie molto simile per impostazione e stile, Vinyl.
In principio era stato il marciapiede, un mondo fatto di degrado e di sfruttamento, di papponi e di puttane, di sbirri e di clienti. Un mondo centrale nei primi episodi, ma gradualmente eroso dall’avvento della pornografia, dall’attivismo femminista, dalla naturale aspirazione dell’uomo a una vita migliore. Su tutti i personaggi, quello che ha vissuto il percorso sicuramente più complesso e articolato è Lori, passando da campagnola appena sbarcata nella Grande Mela a prostituta navigata, da attrice esordiente nel mondo del porno a star acclamata da orde di fan. Mentre le altre prostitute hanno cercato, con maggiore o minore successo, altri modi di riscattarsi, Lori ha continuato a puntare sul nesso indissolubile tra sesso e denaro trovando nella recitazione pornografica una naturale prosecuzione del meretricio con meno rischi e più guadagni, fino allo scacco umano e al fallimento esistenziale che hanno condotto al tragico epilogo di “That’s a Wrap”.
E qui un plauso va a Simon e a Pelecanos per aver reso il suicidio dell’attrice nella maniera più scarna e minimale possibile: la scrittura del penultimo episodio lascia trapelare le difficoltà di Lori (e forse una silente critica alla macchina della pornografia che spreme queste giovani attrici per poi abbandonarle a se stesse, senza prospettive per il futuro e con una pesante stigma sociale che è impossibile lavare via) ma non gonfia inutilmente il dramma, non dà motivo di credere che voglia arrivare all’estremo gesto, e persino le azioni che compie nell’ultima scena sono banali, insignificanti, innocue, fino alla repentina scelta di spararsi un colpo di pistola nelle cervella. Non si può dire che sia stata una morte totalmente inaspettata, perché The Deuce ha abituato al fatto che nessun personaggio è immortale (Ruby, C.C., Ashley, Frankie, Rudy docunt) ma è sicuramente un colpo di scena potente, piazzato sapientemente alla fine di un episodio che di fatto è solo la prima parte di un lungo series finale.

E qui sta l’ennesimo tocco di classe di Simon e Pelecanos: invece di mostrare i loro personaggi che risalgono la china, piazzano un bel salto cronologico di interi decenni, fino alla New York del 2019, con un Vincent Martino inevitabilmente invecchiato, lasciando che il destino degli altri comprimari venga scarnamente rivelato da questo o quel dialogo. E’ quantomai consolante scoprire che Eileen è riuscita comunque a realizzare il proprio film, male accolto alla prima ma diventato negli anni un cult (come succede per tanti film di qualità), oppure che Abby ha completato gli studi e ha messo il proprio talento e la propria personalità al servizio degli altri diventando avvocato. Risulta invece un po’ stucchevole la lunga sequenza finale della passeggiata di James Franco per Times Square, la nuova arteria pulsante della Grande Mela nata dalle ceneri del Deuce, ma è comunque l’occasione perfetta per riportare sulla scena buona parte del cast e dare l’ultimo saluto a questi personaggi che, pur tra lentezze narrative a volte indigeribili e digressioni evitabili, hanno saputo emozionare e far rivivere un’epoca che non c’è più.
Se proprio si vuole trovare un neo in “Finish It”, bisogna cercarlo nella mancanza di reazioni vere e proprie alla morte di Lori, che rimane bellamente ignorata dai protagonisti: considerando il rapporto che ha avuto con Eileen e con Vincent, almeno una scena in cui i due la ricordavano o si mostravano basiti dalla sua dipartita non sarebbe stata male. Ma è una piccola macchia che si perdona facilmente a David Simon e George Pelecanos. Anzi, con una chiusura del cerchio così perfetta vien quasi voglia di perdonar loro tutti quegli episodi in cui la serie sembrava girare a vuoto senza una direzione precisa da seguire. Quasi, eh.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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The Deuce non è mai stata una serie facile da seguire ed è un peccato che in passato si sia persa troppo spesso dietro trame secondarie e divagazioni superflue o che abbia alternato grandi colpi di scena a lunghe sequenze di episodi poco più che statici. Ciò non toglie che sia stata una delle serie più autoriali e impeccabili degli ultimi anni, e un po’ la rimpiangeremo.
This Trust Thing 3×06 | 0.26 milioni – 0.1 rating |
That’s a Wrap 3×07 | 0.28 milioni – 0.1 rating |
Finish It 3×08 | 0.29 milioni – 0.1 rating |
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.