The Good Lord Bird 1×07 – Last WordsTEMPO DI LETTURA 4 min

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Gli Stati Uniti d’America sono un Paese relativamente giovane e rispetto ad altre realtà, come quella asiatica o europea, non hanno di certo una storia millenaria da cui poter attingere per spiegare e comprendere le proprie radici culturali.
Nati come colonia penale britannica e divenuti rifugio per tutti i perseguitati del mondo, dai quaccheri ai mormoni sino alle più disparate minoranze, dopo numerose stragi (si distribuivano veramente coperte al vaiolo) infine questi gruppi conquistarono la propria terra a scapito dei nativi d’America.
Ma al di là della pur importantissima guerra d’indipendenza contro gli inglesi, che de facto sancisce l’indipendenza dalla madrepatria, l’evento di maggior portata storica rimane senza dubbio la guerra civile tra nordisti e confederati, scaturita intorno al casus belli dell’abolizione della schiavitù dei neri, main theme di The Good Lord Bird.
Una guerra devastante, basti pensare che il numero dei morti superò quello dei caduti nelle successive due guerre mondiali, che ancora oggi ha evidenti strascichi nella cultura e nella politica statunitense, con i diversi assassini di afroamericani da parte della polizia e il movimento Black Lives Matter che ne rappresentano l’esempio più evidente.
The Good Lord Bird ha deciso di affrontare la vita e le avventure del molto discusso John Brown, personaggio fortemente divisivo di cui si è già detto nelle precedenti recensioni, scegliendo però una peculiare modalità narrativa.
Innanzitutto, post visione, va apprezzata la scelta di fare una miniserie di soli sette episodi visto che l’ampiezza dei temi trattati poteva benissimo essere convertita in almeno un paio di stagioni composte da svariati episodi. Inoltre lo sviluppo della storia, sempre oscillante tra il tragico ed il comico, i momenti impegnati politicamente e le gag assurde, hanno dato alla narrazione quelle leggerezza che ha reso lo show veramente godibile per lo spettatore, evitando una certa pesantezza che facilmente si poteva impadronire della serie, visto il momento storico attuale e per i temi delicatissimi che si è scelto di affrontare.
Raccontare personaggi importanti come John Brown o Frederick Douglass, in modo così peculiare e umoristico, ma non troppo, è sicuramente uno dei grandi meriti di questo prodotto televisivo, che estremamente sottovaluto e passato quasi sotto traccia, è invece uno dei migliori show televisivi di questo assurdo 2020.
A impreziosire ulteriormente questo gioiellino seriale vi è stata poi l’immensa prova attoriale di un Ethan Hawke ispirato come non mai, che da solo è in grado di reggere l’intera serie e la cui performance vale la visione di tutti gli episodi trasmessi: una nomination ai prossimi Emmy è assolutamente obbligatoria oltre che meritata.
Dopo la morte di Jason, sacrificatosi per permettere l’inizio dello scontro a Harpers Ferry, necessario per coprire la fuga di Onion, si assiste ad una breve sparatoria seguita poi da un repentino cambio di scena e solo successivamente si viene a sapere della morte di tutti i vari componenti del gruppo, avvenuta offscreen, tranne ovviamente il protagonista principale. Una scelta magari discutibile da un lato, soprattutto da chi ambiva a vedere un altro po’ di azione, ma che serve a spostare il focus altrove garantendo a Brown e Onion un po’ di minutaggio in solitaria.
La narrazione non procede unitaria, ma viene intramezzata da una regia particolare ma senza dubbio ottima, caratterizzata da diversi rallenty che ne cadenzano il ritmo, già spezzato dalla divisione in capitoli di tarantiniana memoria: la sensazione è che si sia preso spunto dal western tipico degli anni ’70-80, caratterizzato da corruzione e violenza ma soprattutto dominato dagli anti-eroi, la perfetta definizione del folle John Brown.
A livello visivo questo settimo appuntamento si conferma di grande livello, con un comparto tecnico di alta qualità non solo per quanto riguarda la regia, spiccano infatti sia la fotografia, che il montaggio ed i costumi che nulla hanno da invidiare a tanti film e serie tv di stampo storico dal budget estremamente più elevato.
In questo series finale, la cui fine si conosceva sin dalla open cold del pilot, niente è lasciato al caso e tutto scorre senza alcuna forzatura narrativa, con l’ultimo addio tra Onion e John Brown che rappresenta il momento più intenso di questi 45 minuti, gestito alla perfezione e privo di eccessivi sentimentalismi o patetismi in cui era facile cadere. Chapeu. “Last Words” è un episodio semplicemente perfetto nel quale è impossibile trovare alcun difetto, motivo per cui si opta per il massimo dei voti, consapevoli che non vi era un modo migliore per concludere una miniserie che ha ulteriormente dimostrato come si possano affrontare i temi più importanti in modo del tutto anticonvenzionale, riuscendo comunque a lasciare il segno nello spettatore e trasmettendo un messaggio dalla forte valenza socio-politica.
Grazie Showtime. Grazie Ethan Hawke. Grazie James McBride.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • L’immensa prova attoriale di Ethan Hawke merita la visione dell’intera seri
  • La regia è ottima come tutto il comparto tecnico tra fotografia e costumi
  • Le modalità tragicomiche con cui si è scelto di raccontare la storia nonostante le tematiche siano così delicate e importanti
  • L’ultimo saluto tra Onion e John Brown, semplicemente perfetto
  • Niente da segnalare

 

“What a beautiful country.”

 

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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.

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