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Quando si guarda una serie TV, o un film, o si legge un libro, si finisce inevitabilmente per affezionarsi ad un determinato personaggio, o più di uno, tifando per una conclusione delle vicende narrate a lui favorevole (il classico happy ending). Per quanto brutta possa diventare una situazione, generalmente c’è sempre quell’elemento che costituisce un lumicino di speranza, che spinge ad andare avanti, che porta a dire “andrà tutto bene”, probabilmente la frase che ogni spettatore sente di più, in quanto essa viene ribadita in continuazione, in molti contesti, come un mantra.
La sensazione che un lieto fine ci sarà, in un modo o nell’altro, è riscontrabile in qualunque prodotto seriale, perlomeno all’inizio, ma non in The Knick. Come emerso dalla première, i personaggi del Knick non potranno mai essere felici, né avere il tanto agognato lieto fine, fino a quando essi si troveranno nella stessa orbita del dottor John Thackery. La vita nell’ospedale durante “Ten Knots” era permeata da un’aura di positività, dove tutti stavano cercando i loro automatismi e il loro equilibrio, chi più chi meno. Le loro sorti vengono però stravolte un’altra volta ad inizio puntata, dove avviene il fatto che tutti gli spettatori stavano aspettando: il ritorno del protagonista nel suo ambiente naturale. Prima di analizzare l’effetto che questo fatto comporterà (ed ha già comportato) su tutti gli altri personaggi, bisogna premiare il modo in cui questa scena è stata rappresentata. Si sarebbe potuto scegliere un modo pacchiano ed esagerato, con Thack che attraversava trionfalmente i corridoi con aria soddisfatta. Volendo esagerare, sarebbe poi seguita una sequenza musicale, nella quale il chirurgo avrebbe fatto un rapido giro tra i pazienti e, perché no, anche operato qualcuno. Fortunatamente, niente di quanto scritto può essere neanche lontanamente paragonabile al modo in cui ciò è stato realmente realizzato. Durante tutta la scena i protagonisti presenti sono Chickering ed Edwards, intenti a parlare delle recensioni delle case cura. Durante la loro passeggiata verso il posto di lavoro si ferma davanti a loro, a circa 200 metri, una carrozza come tante, dalla quale scende un passeggero come tanti altri, che sarebbe passato inosservato agli occhi dei due dottori, se non fosse per quella scarpa bianca, inquadrata quasi di sfuggita, che fa crollare tutti i piani, tutti i progetti, che li fa sbriciolare come una merendina di pan di spagna dopo essere stata nello zainetto di un bambino delle elementari per quattro ore.
Quando si ha tra le mani un personaggio così sfaccettato ed intrigante come John Thackery, interpretato per di più da un attore carismatico e talentuosissimo come Clive Owen, il rischio che si può correre è quello di ridurre la narrazione al proprio protagonista creando uno one-man show che si basa solo sulle spalle, per quanto grandi e robuste, di una sola persona (basti pensare a The Blacklist, dove più di una volta tutta la storia si basava unicamente su James Spader ed il suo Raymond Reddington). Sta proprio qui uno dei più grandi pregi della serie: quello di aver creato molti soggetti secondari ed avergli dato vita autonoma, ma non troppo, rendendoli tridimensionali, ma sempre vincolati al centro della storia. Non è un caso, infatti, che Owen compaia relativamente poco sulla scena, ma che alla fine sia sempre lui a condizionare gli eventi. Si può immaginare Thackery come una calda corrente oceanica, che riscalda gradevolmente chi rimane ad una certa distanza (i membri della comunità medica internazionale, che fruiscono dei suoi insegnamenti e delle sue pratiche), ma che devasta chi si trova nei suoi paraggi nel momento in cui dovesse trovare una corrente contraria che rema contro di lui (la tossicodipendenza). L’esempio lampante è Bertie, il medico che più di tutti gli era vicino ed ammaliato, vedendolo come un mentore. La scoperta della vera faccia del suo ex idolo ha causato una reazione violenta in Chickering jr., che diventa improvvisamente freddo, scostante, e che si trova in una condizione precaria dentro di sé. Egli prova ancora affetto/stima per lui (nella scena iniziale, come accennato prima, stava leggendo le recensioni delle varie case di cura, chiedendosi preoccupato se Thackery si trovasse in una di quelle con le valutazioni peggiori), ma si sente al contempo talmente usato ed ingenuo per non aver scoperto prima la verità, da non poter sopportare la sua presenza e dare le dimissioni. Resta ora da vedere il futuro del personaggio, che sembra però aver dato il meglio di sé.
Anche Edwards è uscito cambiato dal passaggio del ciclone Thack e ora, paradossalmente, la sua vita dipende da lui, ma il personaggio che più ne è rimasto sconvolto è sicuramente quello dell’infermiera Elkins, che per lui aveva perso la testa, e ora ne sta rimanendo inevitabilmente scottata.
Volendo allargare il discorso, anche John Thackery è stato cambiato da John Thackery, o meglio, dai suoi fantasmi e demoni. Nonostante la tossicodipendenza e il suo caratteraccio, il chirurgo è sempre stato preciso, scrupoloso e capace. La morte della bambina nel finale della prima stagione ha causato un punto di non ritorno. Lui sa di essere pienamente responsabile di quanto accaduto, sa di avere le mani sporche di sangue,e questo blocco gli impedisce di fare l’unica cosa in cui è sempre stato capace, a cui si aggrappava anche nei momenti più bui: la chirurgia (Edwards dovrebbe averlo capito bene nel finale di puntata). Thackery senza il suo lavoro è spacciato. Aggiungeteci l’alcolismo crescente e l’incontro con una prostituta che gli spiega come bilanciare cocaina ed eroina (in un modo che ricorda Elliott Alders, che si faceva di morfina e prendeva subito dopo il Suboxone, con la differenza che l’eroina non aiuta particolarmente a curare la dipendenza, anzi). Capite ora perché si diceva, ad inizio recensione, che un lieto fine è improbabile.
The Knick usa le vicende dell’ospedale per parlare della psiche umana, in un periodo fortemente contraddittorio, diviso tra enormi passi avanti e idee reazionarie e retrograde. Il simbolo è il dottor Mays, i cui metodi sembrano più adatti ad un medico di The Bastard Executioner, ma anche il dottor Edwards, discriminato perché di colore, o Cornelia Robertson, che vede un futuro all’ombra del focolare domestico solo perché donna. Il discorso si può fare anche più ampio e sottile, mettendo in mostra, un’altra volta pregiudizi e contraddizioni. In un luogo dove si stanno facendo dei passi in avanti da gigante, un predicatore qualunque sostiene di essere interessato soltanto ai miracoli di Dio, e i membri del consiglio, incapaci di riconoscere la gravità della tossicodipendenza, dell’alcolismo e, più in generale, di tutte le malattie della psiche, considerate semplicemente degli atti di scelleratezza.
Tutto questo discorso viene racchiuso magistralmente da Cleary che, cercando di dissotterrare il cadavere di Speight, nota come i suoi peggiori crimini siano stati commessi con l’aiuto di una donna dell’alta società e una suora (l’espressione era più colorita, ma vabbè). Anche il rapporto tra l’autista delle ambulanze e l’ex suora è degno di interesse, e il processo di quest’ultima, annesso alle indagini private sulla morte dell’ispettore sanitario, può rappresentare il riscatto di Mrs. Showalter, che può tornare a darsi da fare mettendo parzialmente da parte una vita familiare sempre più asfissiante, senza dimenticarsi dei continui ritardi del suocero, oltremodo sospetti, nel consegnare l’appartamento.
La sensazione che un lieto fine ci sarà, in un modo o nell’altro, è riscontrabile in qualunque prodotto seriale, perlomeno all’inizio, ma non in The Knick. Come emerso dalla première, i personaggi del Knick non potranno mai essere felici, né avere il tanto agognato lieto fine, fino a quando essi si troveranno nella stessa orbita del dottor John Thackery. La vita nell’ospedale durante “Ten Knots” era permeata da un’aura di positività, dove tutti stavano cercando i loro automatismi e il loro equilibrio, chi più chi meno. Le loro sorti vengono però stravolte un’altra volta ad inizio puntata, dove avviene il fatto che tutti gli spettatori stavano aspettando: il ritorno del protagonista nel suo ambiente naturale. Prima di analizzare l’effetto che questo fatto comporterà (ed ha già comportato) su tutti gli altri personaggi, bisogna premiare il modo in cui questa scena è stata rappresentata. Si sarebbe potuto scegliere un modo pacchiano ed esagerato, con Thack che attraversava trionfalmente i corridoi con aria soddisfatta. Volendo esagerare, sarebbe poi seguita una sequenza musicale, nella quale il chirurgo avrebbe fatto un rapido giro tra i pazienti e, perché no, anche operato qualcuno. Fortunatamente, niente di quanto scritto può essere neanche lontanamente paragonabile al modo in cui ciò è stato realmente realizzato. Durante tutta la scena i protagonisti presenti sono Chickering ed Edwards, intenti a parlare delle recensioni delle case cura. Durante la loro passeggiata verso il posto di lavoro si ferma davanti a loro, a circa 200 metri, una carrozza come tante, dalla quale scende un passeggero come tanti altri, che sarebbe passato inosservato agli occhi dei due dottori, se non fosse per quella scarpa bianca, inquadrata quasi di sfuggita, che fa crollare tutti i piani, tutti i progetti, che li fa sbriciolare come una merendina di pan di spagna dopo essere stata nello zainetto di un bambino delle elementari per quattro ore.
Quando si ha tra le mani un personaggio così sfaccettato ed intrigante come John Thackery, interpretato per di più da un attore carismatico e talentuosissimo come Clive Owen, il rischio che si può correre è quello di ridurre la narrazione al proprio protagonista creando uno one-man show che si basa solo sulle spalle, per quanto grandi e robuste, di una sola persona (basti pensare a The Blacklist, dove più di una volta tutta la storia si basava unicamente su James Spader ed il suo Raymond Reddington). Sta proprio qui uno dei più grandi pregi della serie: quello di aver creato molti soggetti secondari ed avergli dato vita autonoma, ma non troppo, rendendoli tridimensionali, ma sempre vincolati al centro della storia. Non è un caso, infatti, che Owen compaia relativamente poco sulla scena, ma che alla fine sia sempre lui a condizionare gli eventi. Si può immaginare Thackery come una calda corrente oceanica, che riscalda gradevolmente chi rimane ad una certa distanza (i membri della comunità medica internazionale, che fruiscono dei suoi insegnamenti e delle sue pratiche), ma che devasta chi si trova nei suoi paraggi nel momento in cui dovesse trovare una corrente contraria che rema contro di lui (la tossicodipendenza). L’esempio lampante è Bertie, il medico che più di tutti gli era vicino ed ammaliato, vedendolo come un mentore. La scoperta della vera faccia del suo ex idolo ha causato una reazione violenta in Chickering jr., che diventa improvvisamente freddo, scostante, e che si trova in una condizione precaria dentro di sé. Egli prova ancora affetto/stima per lui (nella scena iniziale, come accennato prima, stava leggendo le recensioni delle varie case di cura, chiedendosi preoccupato se Thackery si trovasse in una di quelle con le valutazioni peggiori), ma si sente al contempo talmente usato ed ingenuo per non aver scoperto prima la verità, da non poter sopportare la sua presenza e dare le dimissioni. Resta ora da vedere il futuro del personaggio, che sembra però aver dato il meglio di sé.
Anche Edwards è uscito cambiato dal passaggio del ciclone Thack e ora, paradossalmente, la sua vita dipende da lui, ma il personaggio che più ne è rimasto sconvolto è sicuramente quello dell’infermiera Elkins, che per lui aveva perso la testa, e ora ne sta rimanendo inevitabilmente scottata.
Volendo allargare il discorso, anche John Thackery è stato cambiato da John Thackery, o meglio, dai suoi fantasmi e demoni. Nonostante la tossicodipendenza e il suo caratteraccio, il chirurgo è sempre stato preciso, scrupoloso e capace. La morte della bambina nel finale della prima stagione ha causato un punto di non ritorno. Lui sa di essere pienamente responsabile di quanto accaduto, sa di avere le mani sporche di sangue,e questo blocco gli impedisce di fare l’unica cosa in cui è sempre stato capace, a cui si aggrappava anche nei momenti più bui: la chirurgia (Edwards dovrebbe averlo capito bene nel finale di puntata). Thackery senza il suo lavoro è spacciato. Aggiungeteci l’alcolismo crescente e l’incontro con una prostituta che gli spiega come bilanciare cocaina ed eroina (in un modo che ricorda Elliott Alders, che si faceva di morfina e prendeva subito dopo il Suboxone, con la differenza che l’eroina non aiuta particolarmente a curare la dipendenza, anzi). Capite ora perché si diceva, ad inizio recensione, che un lieto fine è improbabile.
The Knick usa le vicende dell’ospedale per parlare della psiche umana, in un periodo fortemente contraddittorio, diviso tra enormi passi avanti e idee reazionarie e retrograde. Il simbolo è il dottor Mays, i cui metodi sembrano più adatti ad un medico di The Bastard Executioner, ma anche il dottor Edwards, discriminato perché di colore, o Cornelia Robertson, che vede un futuro all’ombra del focolare domestico solo perché donna. Il discorso si può fare anche più ampio e sottile, mettendo in mostra, un’altra volta pregiudizi e contraddizioni. In un luogo dove si stanno facendo dei passi in avanti da gigante, un predicatore qualunque sostiene di essere interessato soltanto ai miracoli di Dio, e i membri del consiglio, incapaci di riconoscere la gravità della tossicodipendenza, dell’alcolismo e, più in generale, di tutte le malattie della psiche, considerate semplicemente degli atti di scelleratezza.
Tutto questo discorso viene racchiuso magistralmente da Cleary che, cercando di dissotterrare il cadavere di Speight, nota come i suoi peggiori crimini siano stati commessi con l’aiuto di una donna dell’alta società e una suora (l’espressione era più colorita, ma vabbè). Anche il rapporto tra l’autista delle ambulanze e l’ex suora è degno di interesse, e il processo di quest’ultima, annesso alle indagini private sulla morte dell’ispettore sanitario, può rappresentare il riscatto di Mrs. Showalter, che può tornare a darsi da fare mettendo parzialmente da parte una vita familiare sempre più asfissiante, senza dimenticarsi dei continui ritardi del suocero, oltremodo sospetti, nel consegnare l’appartamento.
Menzione finale la merita il fratello di Cornelia, che sembra sempre più insofferente nei confronti del padre, con annesso discorso a tavola sulla superiorità della classe istruita veramente raggelante.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Con “You’re No Rose” The Knick semina (problemi) in abbondanza, in vista di una raccolta (di guai) ricca come non mai. Non possiamo che applaudire
Ten Knots 2×01 | 0.27 milioni – ND rating |
You’re No Rose 2×02 | 0.23 milioni – ND rating |
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Romano, studente di scienze politiche, appassionato di serie tv crime. Più il mistero è intricato, meglio è. Cerco di dimenticare di essere anche tifoso della Roma.