Buona notte a tutti. Torna anche questa settimana il Late Night Show, l’appuntamento bimensile più atteso dagli appassionati delle serie tv e dagli stessi recensori di Recenserie, finalmente chiamati a dire la loro con opinioni non richieste al di fuori delle “restrizioni” delle recensioni. Così come i famosi Late Night Show americani da cui traiamo apertamente ispirazione, anche questo appuntamento, previsto ogni due giovedì notte, è necessariamente costituito da alcuni “ospiti” che in quest’occasione portano il nome di Marco, Daniele e Fabiana.
Il tema di questo settimo appuntamento riguarda le Serie Tv Storiche. Una tipologia che viene abbastanza sfruttata nel mondo seriale, seppur rimanendo il più delle volte fossilizzata ad un passato troppo remoto. Ma quanto è difficile portare in scena fatti realmente accaduti coniugando la Storia con le regole dallo schermo? La parola ai nostri esperti.
- Migliori e peggiori serie storiche del panorama seriale?
MARCO: Lasciando da parte prodotti come Salem, Camelot o The Bastard Executioner, che hanno un’ambientazione storica ben precisa ma si configurano prima di tutto come opere fantastiche/sovrannaturali, la serie storica peggiore che mi viene in mente è Knightfall. Scritta male e pensata anche peggio, con dei cambi di rotta allucinanti tra una stagione e l’altra, è così brutta che noi di Recenserie non abbiamo sentito il bisogno di recensire anche la seconda stagione. E forse è stato un errore, viste le stroncature spietate che avremmo partorito.
Parlando di serie migliori, invece, ci sono diverse miniserie della HBO che definirei, se non perfette, quanto di più vicino alla perfezione: John Adams, Band of Brothers, The Pacific, Chernobyl. E sempre in casa HBO c’è Deadwood, versione romanzata della storia dell’omonima cittadina americana che offre una visione della Frontiera sporca, cruda e realistica; e poi tra i suoi protagonisti c’è uno dei migliori antieroi di tutta la serialità americana, Al Swearengen, interpretato da uno Ian McShane in formissima. Piazzerei senza problemi in questa sezione anche Black Sails, una serie che ha avuto meno successo di quanto avrebbe meritato, perché dopo una prima stagione zoppicante ha saputo dar vita a una trama avvincente, a personaggi profondissimi e compressissimi, a picchi di scrittura che non oso definire shakespeariani. E dal punto di vista meramente storico, Black Sails è la prima, vera rappresentazione dell’età d’oro della pirateria sullo schermo, quanto di più lontano possibile dalle pagliacciate à la Pirati dei Caraibi. Si prende anche lei le sue libertà, ma se se le prendeva Shakespeare nei suoi historical dramas, perché non dovrebbero gli sceneggiatori televisivi?DANIELE: Per le peggiori non basterebbe un poema omerico vista la moltitudine di immondizia, definita storica, che inonda le varie piattaforme. Senza dubbio Reign merita il posto d’onore, seguita da Troy di Netflix, Versailles, I Borgia, I Tudor, Knightfall e Spartacus, adorata da molti ma disastrosa storicamente parlando.
Per le migliori, senza dubbio citerei The Crown, Downtown Abbey, Outlander e Romulus, prodotti seriali completamente diversi tra loro ma che sono riusciti a coniugare le esigenze narrative a una buona, anche se non perfetta, rappresentazione storica del periodo narrato. Discorso a parte meriterebbe Vikings, i cui personaggi sono molto lontani dai racconti veritieri che li hanno ispirati, ma la serie comunque riesce a raccontare in maniera ottimale la società dell’epoca, per una veridicità storica parziale e buona solo a metà.FABIANA: Per il titolo di migliore se la giocano sul filo di lana due tra le serie più recenti: The Crown e Romulus. La Famiglia reale inglese, vedendosi così fortemente messa sotto la lente d’ingrandimento, ha certamente il diritto alle sue rimostranze, ma quando una serie ha quella capacità di estendersi al di là del fatto narrato e delle figure coinvolte per diventare un ritratto storico, politico, sociale e psicologico, allora giù il cappello. Idem per Romulus: si parla di interi popoli e di movimenti storici, non solo del momento narrato in sé.
Per il titolo di peggiore devo invece menzionare I Medici, trasmesso da Rai 1; i difetti riscontrati sono molteplici, uno su tutti, sono stati pesantemente alterati fatti storici ben noti. C’è comunque molto di peggio nel panorama seriale, peggio che tuttavia io ho evitato di vedere.
- Quanto è importante per voi la fedeltà nella trasposizione e quindi non cambiare carnagione/etnia a dei personaggi solo perché va di moda? Uno degli esempi più recenti è la presenza di africani nella serie Britannia, che è alquanto errato storicamente…
MARCO: La questione è molto complessa e spinosa, perché il cambio di etnia o di carnagione è solo la punta dell’iceberg. Molte serie sono piene di donne che agiscono con una libertà che nei loro periodi storici non avrebbero mai avuto, oppure hanno personaggi d’ambo i sessi che sfoggiano una mentalità più da XXI secolo che da età antica o medievale. Non parliamo poi dei tanti piccoli e grandi anacronismi, delle semplificazioni, dell’uso di modi di dire moderni… se facciamo i puristi per la questione della pelle, dovremmo farlo anche per tutto il resto. Però non dobbiamo dimenticare che le serie storiche sono prodotti artistici, d’intrattenimento, quindi serve un certo grado di flessibilità mentale.
Certo, la situazione varia da caso a caso. In Britannia, per esempio, il personaggio incriminato è molto secondario, e poi i Romani avevano contatti con l’Africa subsahariana, commerciavano con le coste del Corno d’Africa e della Tanzania, mandavano spedizioni fino in Mali e in Uganda; quindi, per quanto altamente improbabile, non è completamente impossibile che nelle legioni ai confini settentrionali dell’impero ci fosse qualche soldato dalla pelle scura, magari discendente di immigrati africani o di ex-schiavi liberati.
Diverso il caso di Troy: Fall of a City, che racconta sì un poema epico, ma ha a che fare con fatti realmente accaduti e legati a un contesto ben preciso, la Grecia e l’Anatolia del XIII secolo a.C. Lì la scelta di assumere attori di colore per alcuni eroi omerici e alcune divinità greche non trova ragione d’essere né nel poema, che anzi ce li descrive quasi sempre biondi, né nella società micenea. La cosa più divertente in tutta questa storia è che, se si voleva inserire gente di colore, bastava seguire fedelmente il ciclo troiano e includere il personaggio di Memnone, re degli Etiopi; ma evidentemente gli autori dello show volevano provocare più che rispettare il mito classico.
Inoltre, forse è una mia impressione, infilare a forza attori di colore in narrazioni che riguardano sempre e solo la storia occidentale mi sembra una mancanza di rispetto verso le minoranze stesse. Il messaggio che mi arriva è: ‘Voi persone di altre etnie non avete storie del vostro continente da raccontare, quindi noi bianchi vi concediamo l’onore di far parte delle nostre’. E invece la storia dell’Africa, dell’Asia, dell’America latina, dell’Oceania, delle comunità afroamericane è ricchissima di materiale che aspetta solo di essere portato sullo schermo da qualche produzione occidentale.DANIELE: Se si decide di scrivere e realizzare una serie tv di stampo storico, l’aderenza alla realtà storica dovrebbe essere tra i primi obiettivi, non completamente ignorata come spesso accade. Va detto che la misura è assolutamente colma: dopo le divinità greche di colore, come accaduto in Troy Fall Of A City, si pensava che peggio non si potesse fare, ma subito la BBC ha scelto un attore di colore per interpretare Machiavelli e Channel 5 un’attrice afroamericana per il ruolo di Anna Bolena in una serie a lei dedicata. Ci mancano solo i legionari romani cinesi e abbiamo finito. Appare evidente come sia il politicamente corretto a tutti i costi a guidare tali scelte, nel tentativo di ingraziarsi una fetta di pubblico. Ma problemi enormi come il razzismo non si risolvono con espedienti patetici come questi.
FABIANA: …o la serie con Achille africano, che ho evitato di vedere proprio perché nel poema omerico c’è scritto chiaramente che Achille era biondo. Ci sono dei limiti che non vanno superati. Se mettere un Giuda (Jesus Christ Superstar) o un Pietro (Maria Maddalena) di pelle nera non altera sostanzialmente gli equilibri della narrazione, quando si presenta una Maria Stuarda (nel film con Margot Robbie, Mary Queen Of Scots) circondata da dame di compagnia asiatiche allora si esagera. Non va trascurato il rapporto fra quanto si è letto o si leggerà sui libri e quello che si è visto o si vedrà sullo schermo, è una chiave importante della cultura.
- Come cambia il modo di recensire una serie ad impronta storica sapendo che ciò che si sta guardando non è frutto della fantasia di qualche autore ma di fatti realmente accaduti?
MARCO: Bisogna stare molto attenti che l’amore per la storia non prenda il sopravvento sul senso critico del recensore, altrimenti si perde di vista il nostro compito primario: valutare la qualità della trama, dei dialoghi, della scrittura dei personaggi. Una serie televisiva non è un documentario e chi la scrive e dirige spesso deve compiere delle scelte che farebbero storcere il naso a qualsiasi storico, ma che vanno viste in una prospettiva artistica. Un confronto con i fatti storici va sempre fatto, ma non deve diventare mai l’unico motivo per promuovere o bocciare una serie.
Prendiamo Vikings: mescola personaggi che sono esistiti in luoghi e tempi diversi e che non hanno mai realmente interagito tra loro come Ragnar, Ecbert, Rollone (che poi si dovrebbe chiamare Hrolfr mentre Rollo dovrebbe essere il suo nome latinizzato, ma Hirst ha invertito i nomi), Harald Bellachioma e Oleg di Kiev. Un purista boccerebbe la serie senza pensarci due volte, eppure bisogna riconoscere che ammucchiare insieme tutti questi personaggi ha dato vita a situazioni interessanti, a splendidi colpi di scena, a sviluppi di trama che non sarebbero mai esistiti rimanendo fedeli al 100% alla storia. E nei panni del recensore devo valutare (positivamente o negativamente) quelle dinamiche, non il fatto che Ecbert e Rollone nella realtà non si sono mai incontrati.
Ovviamente ci sono situazioni al limite su cui è impossibile soprassedere: erroracci dovuti a palese disinformazione, stereotipi duri a morire che continuano a persistere nel 2020, eccessive libertà nella reinterpretazione degli eventi. Se una serie tv ambientata nel Medioevo ripropone per l’ennesima volta il falso mito dello ius primae noctis, oppure se un prodotto sull’antica Roma insiste nella retorica dei Romani patiti delle orge e oppressori simil-nazisti, o ancora se si rappresenta il Rinascimento come un’epoca in cui la donna poteva fare tutto quello che voleva e dedicarsi alla carriera allo stesso modo di un uomo, allora siamo di fronte a qualcosa che un recensore preparato deve condannare, o quantomeno far presente nella sua recensione.DANIELE: Recensire una serie storica è difficilissimo perché bisogna coniugare da una parte un giudizio sulla serie, ma dall’altro anche quanto questa sia veritiera rispetto all’evento o periodo storico che vuole narrare. Le due cose sono inscindibili e non è possibile giudicare un prodotto televisivo di stampo storico dimenticandosi degli eventi reali che lo hanno ispirato, altrimenti la si accomunerebbe a tutte le altre, commettendo un grave errore per quanto mi riguarda.
FABIANA: Sicuramente con questa particolare categoria di serie tv entra in gioco il rapporto di cui si parlava prima, ossia bilanciare quello che si vede con quanto studiato a scuola, letto sui libri o comunque con quella che è oggettivamente la realtà dei fatti. Ci vuole perciò una coerenza “esterna” oltre a quella “interna” che ogni racconto deve avere per funzionare.
- Vi è ovviamente differenza tra raccontare, ad esempio, la nascita di Roma e narrare invece eventi storici più vicini ai giorni nostri. Quindi chiediamo: quando, a parer vostro, un argomento storico può essere trasposto in media seriale (o cinematografico) senza correre il rischio di venir bollato come di parte, censurato, snaturato o altro ancora? (Esempio recentissimo il caso The Crown ancora sotto accusa in Inghilterra).
MARCO: E’ possibile, ma spesso intervengono tanti fattori che ostacolano l’obiettività della narrazione storica. Innanzitutto bisogna tener conto della soggettività dell’autore e delle sue intenzioni: il film 300 non è l’opera di un regista greco ultranazionalista che ce l’ha a morte con l’Iran, eppure è innegabile che esalti il maschio eroismo degli spartani e dia un ritratto dei persiani molto poco lusinghiero. Poi intervengono le influenze culturali: un regista che voglia raccontare la battaglia di Poitiers del 752 potrebbe essere tratto in inganno da secoli di retorica cristiana e storiografica che ne ha sempre parlato come della battaglia che salvò l’Europa dalla conquista musulmana, quando in realtà fu poco più di una scaramuccia di poco conto, e tirar fuori un film epico à la Signore degli Anelli. E ovviamente ci sono anche le implicazioni sociali, politiche, morali e persino religiose: in una serie su Leonardo da Vinci si potrebbe scegliere volutamente di non trattare della sua omosessualità, o di trattarne molto lievemente, per evitare le critiche di una fetta di pubblico molto bigotta.
Ciò non toglie che esistano tanti prodotti televisivi e cinematografici con un alto grado di equilibrio e di correttezza storica. Turn: Washington’s Spies è un esempio di come si possa raccontare la guerra d’indipendenza americana senza demonizzare gli inglesi e mostrando anzi come anche i patrioti statunitensi non fossero degli stinchi di santo, così come Alexander è un ottimo film anche perché fa vedere che i barbari persiani tanto deprecati da Aristotele erano in realtà una civiltà raffinatissima e avanzatissima, forse più dei greci (di sicuro più dei macedoni). Alexander è anche un esempio di come un film storicamente ineccepibile possa comunque essere poco apprezzato da un pubblico non sufficientemente acculturato: la pellicola fu infatti sommersa di critiche per la rappresentazione dell’omosessualità di Alessandro Magno, perfettamente in linea con quanto sappiamo sul personaggio ma evidentemente in contrasto con l’idea che gli americani hanno della storia.
Certo, quando si parla di eventi del Novecento il discorso appena fatto si complica ulteriormente, sia per una questione di prossimità cronologica, sia perché la nostra visione è ancora fortemente condizionata da strascichi ideologici e ferite mai totalmente chiuse. Pensiamo ai nazisti e ai fascisti nei film e nelle serie televisive: è facile e comodo rappresentarli tutti come dei cattivi-che-più-cattivi-non-si-può, dei diavoli in terra, degli spietati sterminatori, perché così possiamo esorcizzarli, demonizzarli, pensare che non abbiamo nulla a che fare con loro… ma nella realtà molti di loro erano esseri umani “normali”, aderenti al partito solo per poter vivere serenamente o fare carriera, e lo stesso nazifascismo è un fenomeno storico che non è nato dall’inferno ma da cause storiche ben precise. Eppure una serie televisiva che cercasse di raccontare il ventennio in maniera oggettiva, magari con gli occhi di chi ne ha fatto parte, magari senza il minimo sottotesto ideologico, puntando solo alla rappresentazione nuda e cruda dei fatti, offrirebbe il fianco alle critiche di certi ambienti politici e intellettuali, senza dimenticare l’appropriazione indebita che ne farebbero altri ambienti di opposto colore. D’altronde noi siamo il paese che ha politicizzato Tolkien, quindi di cosa ci stupiamo?DANIELE: The Crown sta suscitando molte polemiche perché, anche se in modo romanzato, sta raccontando verità scomode per i reali inglesi e la politica britannica. Se si vuole raccontare con obiettività un evento storico, lasciando agli addetti del settore il tempo di studiare il materiale a disposizione e alla storiografia di intraprendere il proprio percorso, è necessario aspettare molto tempo vista la continua evoluzione del materiale a disposizione che può sempre cambiare le scoperte già fatte al riguardo. Gli autori di The Crown hanno detto di non voler affrontare eventi dai quali non siano trascorsi almeno 20 anni, ma la verità è che questo lasso di tempo spesso non è sufficiente, soprattutto per tematiche estremamente complesse.
Historia Magistra Vitae cantava Battiato e non avevo torto: dal nostro passato possiamo imparare moltissimo anche sul nostro presente e una serie storica può essere un buon metodo alternativo, motivo per cui, se è passato un periodo di tempo relativamente lungo, ritengo che ogni periodo storico debba essere affrontato in tutta la sua crudezza, senza censure e paturnie mentali.FABIANA: Secondo gli storici, deve passare qualche decennio per avere una giusta prospettiva sulle cose. Nel caso del fascismo, ad esempio, i capi vennero eliminati con la fine della guerra, ma rimase tutta una classe dirigente di insegnanti, giornalisti e non solo allevata in un certo humus durante il ventennio, in questo caso quindi le cose si complicano e i tempi si dilatano. Gli sceneggiatori di The Crown dicono di volersi fermare con l’ultima stagione a circa vent’anni fa con la narrazione, proprio per dare la giusta distanza ai fatti narrati, ma secondo me in alcuni casi, per il bene della storia, è necessario qualche decennio in più.
Grazie e buona notte a tutti.
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