The Leftovers 1×06 – GuestTEMPO DI LETTURA 6 min

/
0
(0)

C’è una caratteristica che accomuna tutti gli episodi di The Leftovers andati in onda fino ad oggi, una particolarità che anche i meno attenti avranno colto e che garantisce allo show un’aura diversa da tutti gli altri prodotti seriali in circolazione: la quasi totale assenza di dialoghi. La scelta di omettere futili conversazioni propendendo per una forma di dialogo visivo è volta ad accentuare il più possibile la sensazione di disagio che vivono i protagonisti della serie, un disagio ambiguo che ciascuno sperimenta quotidianamente sulla propria pelle in maniera diversa e con reazioni, ovviamente, differenti.
Il fil rouge che lega tutti i personaggi, a parte un’intricata serie di alberi genealogici, è il tentativo di recuperare quella routine quotidiana fatta di piccoli appuntamenti ed abitudini che si era soliti fare ed avere con i propri cari, una serie di cose che, per quanto banali e scontate, permettevano di vivere serenamente la propria vita facendo dimenticare l’importanza stessa degli stessi eventi. Si perchè è questo che fa la routine: da un lato ti fa sentire a casa, dall’altro ti fa perdere il peso degli eventi, siano essi la spesa quotidiana o la disposizione dei cornflakes nel ripiano. Nora Durst è una “leftover” e come tale da 3 anni a questa parte sta provando a ricostruire la sua ripartendo dai piccoli eventi quotidiani ma il dolore per l’improvvisa sparizione del marito ma, soprattutto, dei due figli è troppo grande per poter essere anche solo elaborato e processato dalla mente e dal cuore della donna, l’unico modo che può aiutare a mantenere viva l’idea di avere ancora una famiglia è quindi quella di ripercorrere i gesti quotidiani che era solita compiere prima del “rapimento globale”.
Come dicevo, la routine può essere deleteria a volte ma al tempo stesso aiuta le persone a sentirsi al sicuro tramite i classici abitudinari gesti quotidiani. L’assenza di una routine implica una rottura degli schemi che mal si adatta alla maggioranza degli esseri umani, in particolar modo di quelli che abitano nei classici “american suburbs” composti da casette a schiera, barbecue domenicali e giardini perfetti. L’imprevidibilità del realizzarsi di un evento inspiegabile porta alla difficile se non impossibile razionalizzazione dello stesso, specialmente se esso causa degli effetti duraturi e drammatici. The Leftovers (come ha già spiegato Lindelof più volte durante le sue interviste) non è interessato a ricercare una spiegazione per l’accaduto, piuttosto preferisce concentrarsi sull’analisi delle reazioni dell’uomo comune ad un evento di tale portata, focalizzandosi episodio dopo episodio su un differente protagonista affetto da quella che ha più le sembianze di una punizione piuttosto che di una fortuna nel non essere scomparsi all’improvviso. E’ più corretto parlare di punizione perchè è questo il sentimento che provano i “leftovers”, un peso inspiegabile sulla coscienza che non può essere tolto (se non da Holy Wayne) e che quindi si prova a tramutare in dolore fisico perchè più facilmente sopportabile rispetto al dolore dell’anima e dello spirito. E’ da questo tentativo di metabolizzare la sofferenza che deriva la scena iniziale di “Guest”, Nora Durst è alla ricerca di un modo per soffrire che il suo cervello sia in grado di elaborare tramite un semplice ragionamento di causa-effetto, non importa quanto doloroso possa essere, l’importante è che sia spiegabile e che aiuti a focalizzare la sofferenza in qualcosa di tangibile e momentaneamente più doloroso per poter dimenticare, anche solo per un attimo, la cruda realtà. Vivere o morire non è diventata più una scelta da fare, lei non ha più quella scelta e anche se la morte potrebbe risolvere ogni problema (ad esempio tramite la granata fornita ad inizio episodio), restando in vita si mantiene accesa la flebile speranza che si risolva tutto, una speranza in cui nemmeno lei crede veramente ma che comunque c’è, consciamente od inconsciamente.
Il tentativo di razionalizzazione dell’evento passa, per esempio, per le 121 domande che il Department Of Sudden Departure ha messo insieme nel tentativo di trovare un qualche elemento in comune tra le persone scomparse, per la credenza in qualche teoria del complotto come quella espressa dalla Fake Nora Durst al panel o attraverso il nuovo modo di aspettare la morte introdotto dai Guilty Remnant. Non importa quale sia il motivo della sparizione del 2% della popolazione, non ci deve interessare e non ci sta interessando perchè il modo in cui Lindelof e Perrotta stanno presentandoci gli episodi pone su un diverso piano le cause e gli effetti rendendo quest’ultimi decisamente più interessanti. L’assenza preponderante dei dialoghi per la maggior parte di ciascun episodio lascia spazio ad un’ambiguità delle azioni che volutamente non vuole essere spiegata dal duo sopracitato perchè il sentimento costante di dubbio che permea le menti dei protagonisti deve essere condiviso non solo dagli abitanti di Mapleton ma anche da noi spettatori. Noi non siamo diversi da loro, se realmente accadesse un evento simile ci troveremmo esattamente nella medesima situazione e quindi la creazione di un’empatia tra pubblico e attori, oltre ad essere particolarmente apprezzabile, innalza il livello qualitativo di almeno un paio di spanne rispetto a qualsiasi altro show (oltre che rendere più difficile la redazione della recensione). Anche in quest’ottica non ci si deve sorprendere per “l’invenzione” dei pupazzi cadaveri, una sorta di nuovo e costosissimo metodo per aiutare ad elaborare il lutto nella maniera più pratica e comune possibile: il funerale del proprio caro.
C’è una cosa però che, seppur apparentemente contraddittoria, rende “Guest” il miglior episodio andato in onda fino ad ora: i dialoghi. Questa puntata è diversa e superiore rispetto alle altre proprio per la presenza di una molteplicità di dialoghi che aiuta noi spettatori a comprendere meglio la sofferenza che avvolge il personaggio di Nora Durst ed al tempo stesso rende più scorrevoli i 50 minuti dell’episodio. La Durst è una donna complicata che vuole divorziare dal marito ma che al tempo stesso vuole mantenere il cognome di lui anche solo per non dimenticare, una donna che vive in costante connubio con il proprio dolore e con il proprio passato che non può e non vuole lasciar andare, una donna che non ama parlare di sè perchè non è intenzionata ad aprirsi con gli altri per autoproteggersi da potenziali nuovi legami affettivi che potrebbero causare altra sofferenza. Spiegare tutto ciò solo tramite le immagini sarebbe stato arduo anche se in linea con quanto visto fino ad ora, certo è che per merito di un dosaggio sapiente dei dialoghi e del montaggio il tutto appare più chiaro e di più facile scorrimento pur mantenendo quella sensazione di disagio che non può e non deve abbandonare la serie.
We trust in Holy Wayne.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Maggiori dialoghi aiutano in scorrevolezza e comprensione
  • Perfetta evoluzione di un personaggio apparso fino ad ora molto criptico e chiuso
  • Dialoghi e situazioni eccelse
  • Fuck your daughter
  • Niente

 

Miglior episodio fino ad ora. Ineccepibile sotto ogni punto di vista e con una marcia in più rispetto a quelli visti fino ad ora: un ottimo lavoro di convincimento per proseguire la visione della serie a priori.

 

Gladys 1×05 1.59 milioni – 0.8 rating
Guest 1×06 1.47 milioni – 0.7 rating

 

VOTO EMMY

 

Quanto ti è piaciuta la puntata?

0

Nessun voto per ora

Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

1 Comment

  1. Ottima recensione che condivido pienamente. Ho visto proprio oggi questa splendida puntata e mi sono reso conto ,ancor più, della bellezza di questa serie tv . Mi ha preso emotivamente più di quanto mi aspettassi inizialmente , e credo che occorra tempo per legarsi come si deve a Leftovers visto il grosso velo di ambiguità che permea il tutto. Se ci si ferma a riflettere e ad osservare tutto con la dovuta attenzione ci si rende conto della grande caratterizzazione che viene offerta alle conseguenze umane a questa situazione surreale e ci si lascia catturare ( almeno per me è stato cosi' ) . Curiosissimo di continuare la serie 🙂

Precedente

Recenews – N°28

Prossima

R.I.P. (Recenserie In Peace) – Doctor Who: L’Era Di Colin Baker (1984-1986)