“Do you want me to do this? Or don’t you?”
“I absolutely want you to do it.”
“Laurie just told me I was a psychotic. That I belonged in a mental hospital like my dad. That was his diagnosis, too. Psychotic.
I saw him right before I came here and he told me the voices were gone, that he was cured. And I asked him how. You know what he told me, Patti? He said he finally just did what they told him to do.”
“Kevin, stop!”
“Good-bye, Patti.”
Alla fine si torna sempre a quello scontro di lostiana memoria da cui è impossibile uscire vincitori: fede o scienza? Razionalità o atto di fede? Salto nel vuoto o prova empirica? È su questo eterno dilemma che The Leftovers sguazza rendendo più che mai chiaro quale so scopo ultimo: la non scelta.
Dimenticandoci per un attimo di quanto visto nella scorsa stagione a Mapleton e focalizzandoci su quanto mostrato a Jarden/Miracle, c’è un chiaro “accanimento” da parte di Damon Lindelof e Tom Perrotta sulla tematica fede/scienza. Per il modo in cui vengono scritti gli episodi e per quello in cui è stata impostata la serie, soprattutto in questo secondo anno, qualsiasi evento può essere interpretato dallo spettatore a suo personale giudizio. Non solo questo splendido “A Most Powerful Adversary” ma anche tutti gli episodi visti fino ad ora possono essere guardati attraverso due filtri (religioso/scientifico) a mera discrezione dello spettatore. È su questo sottile gioco che Lindelof e Perrotta impostano ogni script ed è per questa loro impostazione che The Leftovers è diverso da qualsiasi altra serie vista finora, tranne Lost per via delle chiare similitudini.
La sparizione del 2% della popolazione mondiale è un fatto privo di spiegazioni razionali, almeno per quanto ne sappiamo. Si potrebbe pensare ad un misterioso evento scientifico in stile Flashforward oppure si potrebbe tentare la carta religiosa con un Dio che ha richiamato a sé solo i suoi prediletti, qualsiasi spiegazione andrebbe bene, non ce n’è una corretta o una sbagliata, quella di Perrotta è una scelta: vietato dare interpretazioni. Lo stesso “dilemma dell’uccello” che dopo 3 giorni è perfettamente in salute e si libra nell’aria è un fatto al limite dello scientifico anche se più orientato verso una spiegazione mistica. Il fatto è che il cervello umano, oltre alla curiosità insita nell’uomo, deve razionalizzare tutto per non impazzire e come tale si aggrappa a qualsiasi cosa possa esercitare un sollievo:
“When the mind is in emotional distress, it will grasp at any construct that makes it feel better. After the 14th, the whole world needed to feel better. We were all in emotional distress. So that made all of us susceptible to false belief, to be taken advantage of.”
Una delle tante domande che crucciano lo spettatore è se Patti sia o meno reale. Se fosse frutto della mente di Kevin, ci sarebbe un’ottima spiegazione logica data da Laurie (“Kevin, I was Patti’s therapist for over three years. I mean, don’t report me for breaking confidentiality, but I told you about Neil.“), al contempo però, se fosse reale, gli episodi a suo favore sarebbero molti (uno degli ultimi è la scoperta della carta nel ferramenta ancora prima che Kevin arrivasse a vederla: “It’s a duck“). La scelta di mantenersi in equilibrio tra realtà e misticismo è voluta, chiaramente, ed è ciò che rende speciale questa serie. Lo stesso spettatore è portato in maniera ondivaga a seguire prima una e poi l’altra campana, cadendo “in tentazione” di entrambe in maniera quasi costante.
In tal senso la regia è fortemente curata e Mimi Leder insieme ai suoi Emmy vinti ai tempi di E.R. ne sono la dimostrazione. Tutto è studiato nel dettaglio, ma un passaggio, nello specifico, è quello che desta maggiore interesse: la discussione nel bosco tra Patti e Kevin. C’è un momento nella puntata durante il quale Patti lo spinge via, momento in cui volutamente non vengono inquadrate le sue mani ma soltanto il corpo di Kevin. È un passaggio breve, probabilmente trascurabile a una prima e rapida visione, ma c’è e dimostra quanto si voglia mantenere vivo e vivido il dubbio negli spettatori. Perrotta e Lindelof non vogliono concedere il minimo indizio cercando di mantenere l’imparzialità più totale e trasportare lo spettatore il più possibile alla deriva.
Virgil: “It’s poison. It’s gonna stop your heart.”
Kevin: “You said temporarily.”
Virgil: “That I did. That I did. This… epinephrine. That poison’s gonna work like a heroin overdose. It’s gonna shut you down. This is gonna start you back up. Now, I’m gonna time this. Brain will be fine for up to five minutes. I’ll give you the shot long before that.”
Kevin: “You’ve done this before?”
Virgil: “You know the guy on the pillar? His name’s Edward. He’s a living, breathing success story.”
Kevin: “Just so you know… this is… I don’t want to die.”
Virgil: “Of course not. Life is precious.“Facciamo un passo indietro e torniamo a Lost per un brevissimo excursus sui cognomi. Gran parte dei protagonisti hanno un nome e/o cognome che è strettamente riconducibile a personaggi realmente esistiti come scienziati e filosofi. Eclatantissimi gli esempi di John Locke (omonimo del filosofo), Desmond David Hume (altro filosofo), Daniel Faraday (stesso cognome dello scienziato Michael Faraday). Il perchè di questa riesumazione è semplice: Virgil. Se tanto ci dà tanto, Damon Lindelof non ha usato a sproposito questo nome, al contrario è studiato e racchiude un simbolico valore dato probabilmente dal ruolo che ha nei confronti di Kevin (“I told you you needed help. You needed a guide.“).
Ascoltando le parole di Virgil, quello che trasuda è la disponibilità alla purificazione e alla scissione di Patti da Kevin, il tutto tramite una rapida morte e una resurrezione entro cinque minuti. Per allontanare lo spirito di qualcuno bisogna affrontarlo nel suo stesso campo e cioè quello dei trapassati ma, per farlo, c’è bisogno di una guida che aiuti il protagonista nella sua opera quasi come un Virgilio che accompagna Dante dentro la selva oscura. Già, un Virgilio. Fino ai trenta secondi finali è lecito credere alle parole di Virgil, è lecito lasciarsi cullare dalla sua storia, è lecito fare un atto di fede nei suoi confronti. C’è chi giustamente non lo fa, c’è chi abbraccia pienamente il lato razionale della serie, tuttavia per tutti gli altri il suo racconto e la sua spiegazione sono risultati importanti. Il finale non lascia spazio a molti cambi di gioco, ma è anche vero che in un mondo dove 140 milioni di persone sono sparite nel nulla tutto può accadere.
Laurie: “She’d want to stay as far away from me as possible.”
Kevin: “Why?”
Laurie: “Because I can prove she doesn’t exist.”
In tutto ciò l’unica sicurezza è che Kevin vede Patti, ci parla, ci litiga, ci discute. La sua presenza è più vivida che mai (il biglietto con scritto “Keys under the pillow” nascosto dietro il corpo di Patti sulla poltrona) ma si fa anche sporadica nei momenti in cui più si potrebbe mettere in discussione la sua veridicità. Patti non compare mai in presenza di Laurie (“Because I can prove she doesn’t exist.“) e questo è ben più che una semplice prova, è un dato di fatto indiscutibile. Il perchè però anche qui può avere due motivazioni diverse: può essere veramente quello additato da Laurie oppure può essere ricondotto alla volontà di Patti di non comparire, tutto sta alla preferenza dello spettatore. D’altronde se il 2% della popolazione mondiale è sparito nel nulla in un istante, perchè mai lo spirito di una persona morta non potrebbe essere considerato reale?
In un mondo dove tutto è spiegabile ma niente è scientificamente provabile, tutto diventa ambivalente a seconda dell’individuo che lo osserva. La fede rende reale tutto ciò che per necessità o mancanza di logica non lo è, ma la fede si estende in lungo e in largo per tutti quei territori in cui scienza e ragione non riescono ad arrivare, vuoi per mezzi tecnici, vuoi per effettivi limiti confutabili. Secoli fa si credeva che i sacrifici fatti agli dei salvassero le popolazioni da carestie, provocassero pioggia e facessero in generale miracoli. Niente di tutto ciò è stato effettivamente confutato con prove scientifiche, semplicemente si è smesso di credere in dei, etichettandoli come pagani e utilizzando la scienza per analizzare fenomeni atmosferici. Fede e scienza sono una l’antitesi dell’altra ma nessuna delle due esisterebbero senza l’altra, bisogna ricordarselo.
Holy Wayne riusciva quindi a togliere tutto il dolore dalle persone con un semplice abbraccio? Laurie e Tommy sono riusciti a replicare le sue gesta con un effetto placebo ma nessuno ha effettivamente confutato le abilità di Wayne.
A Miracle nessun abitante è sparito perchè è un luogo dalle particolari caratteristiche salvifiche? È più facile credere a questo che alla possibilità statistica che una cittadina non abbia subito alcuna dipartita.
Allo stesso modo: Kevin è effettivamente morto o Virgil e Michael hanno effettivamente un piano? Ognuno può credere quello che vuole, non arriverà nessuna spiegazione nè nella prossima puntata nè per tutta la durata di The Leftovers. Se Kevin si risveglierà sarà una cosa spiegabile in entrambi i modi, se non si risveglierà più ci troveremo di fronte ad un enorme plot twist impronosticabile. Non è questa l’intenzione di Lindelof e Perrotta. La libera interpretazione è la via, abbracciatela.
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Lens 2×06 | 0.63 milioni – 0.1 rating |
A Most Powerful Adversary 2×07 | 0.61 milioni – 0.2 rating |
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.