Matthew Weiner ha una grande colpa che lo seguirà per il resto della carriera. Il povero sventurato infatti è stato tacciato di creare serie tv di qualità, dovendone subire tutte le conseguenze. La nuova creatura del produttore di Mad Men e già autore dei The Sopranos, ha originato alte aspettative nel pubblico, diventando forse una delle serie più attese dagli addetti ai lavori. The Romanoffs viene trasmessa da Amazon Prime e narra le vicende di otto diversi discendenti dell’antica famiglia reale. Dopo averci offerto dello scotch seduti sul divano di Don Draper, Weiner si butta in un progetto totalmente nuovo e diverso; una serie antologica che consta di otto episodi, ognuno di essi autoconclusivo, senza alcun legame tra storie e personaggi se non, appunto, la presunta appartenenza alla dinastia russa.
Hajar: “Madame Anastasia I was born here. In Paris.”
Anushka: “Of course. I’m just saying you aren’t french.”
Nel primo capitolo della serie facciamo la conoscenza di Madame Anastasia LeCharnay (Marthe Keller), un’anziana donna appartenente all’aristocrazia francese, con tutte le caratteristiche del caso. Anushka vive in un’eterna belle époque, amando la sua patria, Parigi, i croissant e l’Arc de Triomphe, manifestando senza vergogna il suo radicato razzismo e il suo odio verso i colonizzati. Vive unicamente nel ricordo di una gloriosa dinastia; ciò che la fa felice è il vanto della sua abitazione e delle magiche storie che contiene e l’unica cosa che la preoccupa è il suo adorato cane Alexei e il morire lasciando tutto il suo mondo all’arida fidanzata di suo nipote Greg, suo unico erede. Sarà la giovane Hajar (Ines Melab), una ragazza francese di origini musulmane a portare un po’ di cambiamenti nelle vite dei due discendenti dei Romanov e, soprattutto, a spezzare la solitudine di Anushka, accontentandola come si fa con i bambini, lasciandola libera di sfogare le sue migliori battute razziste e la sua paura di essere attaccata dal nemico con il burqa.
Quella messa in scena da Weimer – che ha scritto e diretto tutti gli episodi – è una semplice favola moderna, dove una giovane cameriera dai buoni sentimenti diventa una principessa sposando il giovane erede e vivendo, per sempre, felici e contenti. Ambientata in una romantica Parigi e con un tocco vagamente alla Woody Allen, Weiner ha scelto una trama quanto più banale potesse esserci, banalità che gli ha permesso di soffermarsi minuziosamente sui piccoli aspetti del racconto e sui suoi protagonisti: Anushka è un personaggio delizioso che non potremmo mai trovare antipatico o ostico, pur rappresentando la chiusura mentale e l’ignoranza culturale – nonostante si definisca una persona istruita. Come ogni appartenente all’aristocrazia ha solo amici del suo stesso ceto sociale, non parla mai di soldi e conosce a memoria la storia dei suoi antenati, dei quali ama decantare le lodi; una donna che vive chiusa nel suo castello e nella sua solitudine, ma alla continua ricerca di attenzioni. Eppure pare che Hajar sia l’unica persona a cui racconta delle sevizie subite da lei e le sue sorelle da piccole, della morte di suo figlio e del finto uovo Fabergé, lasciando per un attimo da parte la gloria delle sue origini, la bellezza dei suoi vestiti e la luminosità delle sue perle.
Dall’altro lato, Hajar è una giovane ragazza che sta studiando per diventare infermiera, lavora per pagarsi gli studi e nel tempo libero da una mano in famiglia. La ragazza più e più volte sottolinea il desiderio di realizzarsi negli studi e raggiungere l’obiettivo di diventare infermiera non avendo tempo da perdere nelle relazioni con gli uomini, eppure, la stessa, finisce per confessare l’amore nato per Greg e ad accettare una vita completamente diversa da quella progettata.
“Paris in know for the light being blu, but I remember it distinctly as violet. One never knows how much of the journey will be alone.”
Chi aspettava di ritrovarsi un’ultima volta per i corridoi della Sterling Cooper, sarà inevitabilmente deluso, chi ritrova piacevolmente Weiner alla cinepresa riuscirà a godersi l’episodio che porta chiaramente la sua firma. Quello che abbiamo sempre amato a Medison Avenue erano le vanitose inquadrature del regista. Con ogni scena, Weiner, dipinge un quadro che nell’immobilità e staticità dell’immagine riesce a raccontarci una storia. Quello che capiamo dei personaggi non è tanto o solo per quello che dicono, ma per come essi sono dipinti dalla cinepresa. Lo dimostra il fatto che qualsiasi minuto potrebbe rappresentare l’immagine perfetta e irresistibile da allegare alla recensione.
È quindi opportuno sottolineare che chi cercava una cura alla nostalgia di Mad Men è bene che si tenga lontano dalla visione di The Romanoffs, che rappresenta una scelta completamente diversa e un progetto differente nel quale l’autore si è voluto cimentare. Le due creature di papà non sono nemmeno paragonabili, è ovvio che seguire le vicissitudini di un personaggio in maniera continuativa ci fa vivere, gioire e soffrire con lui, instaurando quella relazione di empatia tra spettatore e personaggio. Capite bene che nella nuova serie Amazon tutto questo non è possibile per ovvi motivi: ogni puntata è una storia a sé, con personaggi, ambientazioni, storie e attori diversi. Non si ha materialmente il tempo di affezionarsi ad un character e, alla luce di tali considerazioni, quella trama banale, sempliciotta, da favoletta moderna allora forse non può che essere un vantaggio da sfruttare. Sarebbe stato complicato e infruttuoso cercare di complicare i tasselli per intrigare il telespettatore e rendere più accattivante un episodio a discapito della caratteristica principale delle opere di Weiner, ovvero, la bellezza. Weiner è un’esteta, ammira il bello e lo dipinge ovunque, regalandoci una storia didascalica confezionata da humor, cliché e croissant.
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The Violet Hour 1×01 | ND milioni – ND rating |
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Lunatica, brutta, cinefila e mancina. Tutte le serie tv sono uguali, ma alcune sono più uguali delle altre.