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Strana creatura, questa di Weiner. Difficile rapportarsi ad essa senza caricarla di alte aspettative. Essendo inoltre una serie antologia, risulta difficile cogliere subito il senso del tutto. Non ci si sta riferendo ovviamente al fatto che tutti gli otto episodi siano legati dalla presunta discendenza dai Romanov dei suoi protagonisti. In questo secondo episodio il peso di questa famiglia ha uno spazio molto più esteso rispetto a quanto visto nel primo. A fine episodio, ci si chiede cosa, veramente, voglia raccontarci Weiner. Quale sia il senso di questa serie.
Subito dopo, però, vengono in mente le sue opere precedenti: l’acclamatissimo Mad Men (di cui è stato il creatore e unica mente) e I Soprano (di cui ha “solo” curato la sceneggiatura di molti episodi). Se si dovesse riassumere il senso di queste due serie, ci si riuscirebbe? Onestamente, no. Perché non è stato mai importante per lui “dare un senso” ma piuttosto presentarcene molti, che spesso, contrastandosi, andavano a definire il flusso delle vite dei suoi personaggi.
Prendete il protagonista di questo episodio; Michael Romanoff è infelice, insoddisfatto, privo di desideri. Sua moglie ne condiziona le scelte e lo castra. Di lavoro cerca di orientare gli studenti verso il loro futuro quando il suo, praticamente, non esiste. Conosce per caso la splendida Michelle ad un processo dove sono entrambi parte della giuria, e perde la testa per lei. Boicotta la breve crociera organizzata da sua moglie Shelly in suo onore (a tema Romanoff) e cerca in tutti i modi di sedurre la donna, seguendo quel guizzo di vitalità e desiderio, sorto dopo tanto tempo di totale apatia. Peccato che sarà costretto, poco dopo, a rinunciarvi perché rifiutato dalla donna, che cercava solo un’intrigante scappatella. Cercherà di rifarsi sulla moglie, uccidendola, ma anche lì fallirà miseramente, venendo abbandonato anche da lei.
Questa la sua trama che viaggia in parallelo con quella della moglie, immersa, inaspettatamente da sola, in una viaggio-crociera allucinante particolarmente interessante per cogliere l’idea di cosa siano stati e cosa rappresentino oggi i Romanoff, di cui suo marito è discendente. Anche lei avrà la possibilità di tradirlo ma non lo farà, rispettando il vincolo del loro matrimonio.
Fin qui la trama di questo mini-film. Sostanzialmente nulla di originale, si potrebbe dire di primo acchito.
E’ qui che le capacità narrative di Weiner entrano in gioco, in quella rara maestria nel saper raccontare senza dire esplicitamente, solo attraverso il non detto e la totale abiura di una narrazione didascalica. Cominciando quindi a scavare, andando oltre la superficie, sono molti i temi affrontati seguendo i due particolari punti di vista della coppia. Partendo da Shelly, è interessante vedere come il retaggio familiare del marito possa condizionare la percezione che si possa avere della persona con cui si sceglie di vivere. I Romanoff sono stati l’emblema dell’orgoglio secolare della nobiltà, delle spietatezza e della pazzia. Nell’immaginario comune, affascinano ma allo stesso tempo danno il senso della decadenza insita in un mondo distante e infelice, pronto a tutto pur di conservare i propri privilegi.
Per Shelly sono definitivamente pazzi e il confronto che ha con Ivan (anch’egli marito di una Romanoff) le fa chiarire, più che nelle molteplici e infruttuose sedute di coppia, come la sua vita coniugale sia un fallimento proprio perché qualsiasi tentativo di entrare in sintonia con suo marito si scontra col suo retaggio. Nonostante lo shock per il tentato omicidio, la consapevolezza che quanto sospettava su di loro fosse vero, la fa sorridere soddisfatta, ricollegandosi così al dialogo avuto con Ivan al primo incontro, quello su quanto la provenienza e il retaggio della propria famiglia, non dovrebbero avere troppo valore nel momento in quanto ci si trova a definire ciò che ci rende realmente felici.
Per Michael, essere felici è, semplicemente, una chimera. Neanche soddisfacendo il proprio desiderio riesce a raggiungerla. Che questo sia innamorarsi di una femme fatale o portare a termine l’omicidio di sua moglie. E’ destinato comunque a fallire. E’ interessante vedere come in tutti i confronti che ha riguardo il bilancio sulla propria vita, ne esca sempre perdente. Non è mai felice, al contrario di chi ha vicino. Non si sta parlando ovviamente di una felicità superficiale ma di quel qualcosa che rende le nostre vite degne di essere vissute. Michelle tradisce suo marito solo perché si diverte, non per sfuggire a qualcosa che non va nella propria vita. Shelly si sa guardare intorno ed apprezzare quello che vede, anche fosse solo un albero nel bosco o una veduta dal ponte di una nave. Michael non riesce a capirlo; non ne ha la capacità. Si sentirà sempre manchevole di qualcosa che soltanto una persona accanto potrebbe teoricamente colmare. In pratica, è sentimentalmente un bambino desiderante, bisognoso di attenzione, incapace di maturare prendendosi le sue responsabilità. E’ interessante come gli stessi Romanoff vengano rappresentati in scena da nani, alludendo anche qui ad un percezione distorta della maturità di questa famiglia (e della sua discendenza).
Il viaggio che ci fa fare Weiner in questo mondo è sontuoso e coinvolgente. La festa sulla nave vale da sola l’episodio, dove si possono ammirare le sue capacità illustrative mettendo lo stesso spettatore, insieme a Shelly, in una posizione privilegiata per capire cosa sia quel mondo, semplicemente lasciandolo lì, sulla balconata, a godere dello spettacolo umano ivi rappresentata.
Ci sono molti altri temi da sottolineare. Per esempio, il rapporto col senso della giustizia e delle sue conseguenze nel vivere civile. Le scuse addotte per ritardare la delibera della giuria servono, oltre ad avvicinare Michael a Michelle, anche a sollevare alcuni spunti su cosa rappresenti la giustizia nel mondo contemporaneo e come invece sia percepita dal discendente di una famiglia sterminata dalla rivoluzione, che non ha mai avuto la possibilità di metabolizzare le proprie colpe attraverso un giusto processo, portando invece in eredità nella sua discendenza la totale incapacità di elaborazione dei propri errori.
In sostanza Weiner usa i Romanoff per psicoanalizzare una società incapace di guardare al proprio passato per “processarlo” ed andare avanti.
In sostanza Weiner usa i Romanoff per psicoanalizzare una società incapace di guardare al proprio passato per “processarlo” ed andare avanti.
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Weiner inizia a deliziarci con la sua narrazione totale, mostrando come anche da trame non troppo originali riesce ad incantarci con tutti i suoi sottotesti. Da seguire attentamente, in contemplazione.
The Violet Hour 1×01 | ND milioni – ND rating |
The Royal We 1×02 | ND milioni – ND rating |
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Dopo miliardi di ore passate a vedere cartoni giapponesi e altra robaccia pop anni ’80 americana, la folgorazione arriva con la visione di Twin Peaks. Da allora nulla è stato più lo stesso. La serialità è entrata nella sua vita e, complici anche i supereroi con le loro trame infinite, ora vive solo per assecondare le sue droghe. Per compensare prova a fare l’ingegnere ma è evidentemente un'illusione. Sogna un giorno di produrre, o magari scrivere, qualche serie, per qualche disperata tv via cavo o canale streaming. Segue qualsiasi cosa scriva Sorkin o Kelley ma, per non essere troppo snob, non si nega qualche guilty pleasure ogni tanto.