The Walking Dead 4×16 – ATEMPO DI LETTURA 7 min

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Chi siamo noi?“. Domanda del giovane Carl parecchio legittima che, almeno una volta nella vita, ci siamo posti tutti. Ok che il mondo ha tanti altri problemi forse più importanti di una crisi esistenziale ma se non sappiamo chi siamo veramente, come possiamo poi pretendere di giustificare le scelte che facciamo e le cose a cui ci dedichiamo? O ancora meglio, come possiamo essere anche solo lontanamente sicuri che quelle scelte siano giuste per noi, se addirittura non conosciamo nulla di noi? Sapere chi siamo forse non sarà importante come trovare una soluzione alla crisi generale che da diversi anni ha messo in ginocchio l’economia mondiale ma è comunque una delle domande più importanti della nostra vita a cui ognuno di noi deve trovare la sua personalissima risposta. Se Rick avesse avuto prontezza di spirito, sono sicuro che al suo figliolo avrebbe di certo risposto: “Noi siamo i buoni, Carl. E i buoni…sono le persone più pericolose sulla faccia della Terra”.
Il deviato mondo di The Walking Dead è sempre stato descritto si come un mondo pieno zeppo di tragedie e di atrocità, ma anche come un mondo pieno di sfumature di grigio, un mondo ormai dilaniato dalla guerra tra morti viventi e viventi morti, un mondo dove i superstiti dell’umanità stessa sono in guerra tra loro per conservare una parvenza di umanità di cui ognuno di essi ha la sua personalissima visione. Il mondo creato da Robert Kirkman, insomma, è un mondo dove non ci sono precisamente dei buoni che fanno del bene e dei cattivi che fanno del male, non c’è una netta divisione in categorie ben precise ma, il più delle volte, sono delle categorie molto blande che utilizzano metodi dell’una e dell’altra per sopravvivere il più a lungo possibile. O almeno, questo succede il più delle volte.
“A”, infatti, non è uno di quegli episodi dove il bene e il male sono punti di vista. La puntata, inaspettatamente, si mostra non tanto come un’episodio conclusivo di una serie TV, quanto come la conclusione di un lungo monologo interiore dedito a rafforzare e a definire ulteriormente lo status quo di Rick e della sua allargata nonchè ritrovata cumpa in una puntata preparatrice per altri eventi di grande importanza e portata. Anche se sembrano esserselo dimenticato, anche se non vogliono ammetterlo, Rick e soci sono i buoni di questa storia, personaggi che (grazie alla lunga introspezione emotiva e caratteriale durata sedici episodi curati da Scott Gimple) hanno smesso di essere le prede, le vittime e i deboli di questo nuovo mondo ma, contemporaneamente, si differenziano dagli altri perchè non si comportano nè come i Cacciatori capitanati da Joe, nè come i cannibali del Terminus. Però, questo non vuol dire che non siano capaci di comportarsi addirittura peggio di loro; ecco cosa ci insegna questo episodio, cosa vuol dire essere buoni e perchè è importante non farli incazzare. Essere dei buoni vuol dire avere il potere di spaccare la mascella a qualcuno con un pugno ma scegliere di non usare quel potere perchè sarebbe sbagliato, perchè fare del male solo per il gusto di farlo è sbagliato; essere buoni significa avere la concezione morale di cosa è giusto e cosa è sbagliato ed agire di conseguenza, anche davanti all’apocalisse…e mangiare i propri simili, anche in una situazione come questa, è qualcosa di terribilmente sbagliato (Beth, che ancora non si trova, sarà forse lì a far compagnia alle costine?).
A volte, però, andare contro natura e scegliere di non abbassarsi ai più animaleschi istinti, può non essere abbastanza e (in queste occasioni) bisogna purtroppo usare quel potere per permettere a degli ideali giusti di prendere il sopravvento; è quello che fa Rick quando decide di uccidere Joe in uno dei modi più barbari e brutali mai visti, ed è quello che farà nella quinta stagione ora che quelli del Terminus hanno oltrepassato ogni segno possibile ed immaginabile. E allora cosa differenzia i buoni dai cattivi? Semplice: i buoni non provano piacere nell’essere cattivi, ma sopratutto, i buoni diventano cattivi perchè è la soluzione estrema per difendere quello che hanno di più caro al mondo (l’esempio del tentato stupro di Carl cade a fagiolo). Questa è una tematica che in The Walking Dead è sempre stata trattata in lungo e in largo e che verrà probabilmente trattata ancora meglio nella futura stagione, ma in questo sedicesimo episodio (poco ma sicuro) si presta non solo come uno dei migliori argomenti della puntata ma anche come una delle migliori rappresentazioni di questo tema. Ulteriori applausi vanno anche alla produzione in generale che, come in “The Grove/Il Bosco“, ha preso la coraggiosa scelta di lasciare da parte il politicamente corretto e di riprodurre (per quanto possibile) alcune scene forti presenti nell’opera originale, così che certi sviluppi del serial potessero passare al next level, come Joe ucciso con una morsicata al collo e la brutta piega che hanno preso le cose una volta raggiunto il Terminus, regalandoci un grandissimo twist finale (sapevamo che qualcosa stava andando terribilmente per il verso sbagliato); sfortunatamente per i nostri, Terminus s’è rivelato un posto addirittura peggiore di Woodbury, l’unica differenza tra i due luoghi è che ora i protagonisti sono più che pronti per affrontare le conseguenze. Se in “Us/Noi” c’eravamo lamentati del poco hype presente nell’episodio, beh, adesso ce ne è fin troppo e quel che è peggio, è che dovremo aspettare Ottobre 2014 per assistere alla probabile carneficina che si paleserà davanti ai nostri occhi.
Carini anche i vari flashback che hanno tre funzioni principali: la prima è quella di mostrare il profondo cambiamento dei personaggi (Rick sopratutto) paragonandolo a situazioni passate; la seconda è quella di mostrare certi retroscena antecedenti alla prima puntata; la terza è quella di bullismo sullo spettatore, mostrando membri del cast in momenti in cui erano ancora in vita (tipo Hershel) e in piacevoli e pacifiche situazioni; c’è da dire che, benchè servano al loro scopo, questi flashback hanno spesso e volentieri un ruolo più che altro riempitivo dell’episodio. Certo, servono da ciliegina sulla torta per dare più senso ad “A”, però hanno anche il doppio ruolo di elemento tappabuchi dell’episodio. In generale questo season finale è molto godibile e ben costruito, certamente migliore di quello della stagione precedente però, se mettiamo un attimo da parte il fattore scatenante dell’hype, questo sedicesimo episodio ha grosso modo una sola e precisa funzione: quello di preparare il terreno per la quinta stagione. E ok, un season finale deve fare anche questo, ma non solo questo; benchè porti un tema interessante e sviluppato in maniera oltremodo egregia, “A” riesce nell”intento di scatenare l’appetito dello spettatore per la prossima stagione, ma riesce solo in parte a soddisfare la fame che aveva per questa, presentandosi solo come un soddisfacente spuntino. Ogni riferimento al cannibalismo è puramente casuale.

PRO:

  • Mai far incazzare i buoni
  • Rick uccide Joe a morsi. Idolo
  • Il twist finale
  • Tantissimo hype per la quinta stagione
CONTRO:
  • Flashback a tratti reggi-moccolo del season finale
  • Finale di stagione praticamente dedito alla preparazione della quinta stagione

 

Se dovessimo riassume e descrivere con una sola parola tutto l’andazzo generale di questa quarta stagione l’aggettivo giusto sarebbe: “controversa”. La prima run di Scott Gimple come showrunner ci ha offerto di tutto, da vertiginosi alti e picchi di estrema godibilità, ma anche vergognosi e terribili bassi da farci sotterrare dalla noia; fortunatamente per noi telespettatori, l’ultima puntata si trova nella prima parte della categoria, ovvero quella che regala grandi e positive emozioni. Gimple aveva sempre detto che si sarebbe concentrato molto di più sulle introspezioni emotive e solo ora capiamo perchè: perchè altrimenti, la frase che chiude l’episodio e le scene che ci verranno mostrate nella quinta stagione, non avrebbe avuto il giusto senso. Pur presentando due piccolissimi difetti, l’ultimo appuntamento di The Walking Dead riconferma il suo status di appuntamento settimanale imperdibile, offrendo un grande spettacolo… che purtroppo, finisce qui.
Alla luce di ciò, non ci resta che aspettare Ottobre 2014 e vedere se le promesse fatte da “A” saranno mantenute.

 

Us – Noi 4×15 13.47 milioni – 6.7 rating
A – 4×16 15.68 milioni – 8.0 rating

 

VOTO EMMY
 
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