The Young Pope 1×09 – 1×10 – Episodio 9 – Episodio 10TEMPO DI LETTURA 6 min

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“Che meraviglioso casino dev’essere la testa di Sorrentino!”
(Utente Twitter su The Young Pope)

Per poter capire un’opera d’arte bisogna osservarla per bene sia da vicino che da lontano.
In questo modo è possibile cogliere i piccoli particolari (mani, piedi, espressioni facciali…) per poi riportarli ad un tutto unitario con la visione d’insieme dell’intero quadro.
Questi elementi basilari di storia dell’arte vengono applicati alla lettera da Paolo Sorrentino per la sua serie tv. Lungo tutti i dieci episodi di questa prima stagione, infatti, lo spettatore è stato inconsapevolmente guidato, attraverso la storia, in un quadro composto da tanti pezzi che solo alla fine sono stati ricomposti, esattamente come la cometa che percorre la lunga galleria di quadri nella sigla iniziale (di cui un’analisi approfondita si può leggere qui). Ne è un esempio il dialogo iniziale che apre il nono episodio della serie tra Lenny (Jude Law) e il suo padre spirituale Spencer (James Cromwell) sull’aborto, inseriti nell’inquadratura esattamente come un’ideale rifacimento de La Creazione di Adamo.
Lungo tutto il dialogo, fatto di botta e risposta fra i due, la telecamera si muove costantemente con lenti movimenti di zoom ora avvicinandosi, ora allontanandosi, esattamente come se andasse a cercare il particolare (nei momenti in cui il dialogo viene impregnato di significato  maggiore) per poi distendersi e riportarci indietro ad ammirare la ricostruzione della scena nella sua interezza (tra l’altro la scena si svolge nella Cappella Sistina, abilmente ricostruita con alle spalle, non a caso, il Giudizio Universale di Michelangelo, perfetto emblema di questa analisi). Tutto il dialogo ha il compito di introdurci a quello che sarà il tema principale della puntata (forse di tutta la stagione): l’infanzia abbandonata.
Come nelle altre puntate di The Young Pope, infatti, abbiamo una storia verticale che riprende un caso emblematico che riguarda la storia della Chiesa (in questo caso il più controverso e discusso dell’ultimo decennio, ovvero i casi di pedofilia). Anche in questo caso abbiamo interpretazioni straordinarie, soprattutto quelle di padre Gutierrez (Javier Càmara) e dell’arcivescovo Kurtwell (Guy Boyd), a cui si aggiungono le inquadrature da tutti i punti di vista possibili e immaginabili (soprattutto dai monitor, vero e proprio leitmotiv dell’episodio) e la luce particolarissima usata dal fedelissimo del regista partenopeo, Luca Bigazzi. Il tutto in un tripudio di primi piani, musiche elettroniche e dialoghi di alto livello, apparentemente fuorvianti rispetto al tema della puntata, in realtà azzeccati in quanto rimandano sempre ad esso con metafore esemplari. Ed è qui che spicca anche l’intenso monologo finale sull’amore già pienamente sfruttato dalla Perugina per le cartine dei Baci con cui ci lascia questa ennesima prova dell’abilità di Sorrentino di saper confezionare trame e personaggi particolari e affascinanti, da romanzo classico di formazione, grazie a un’innata dote da storyteller.
La morte del padre spirituale Cromwell chiude, simbolicamente, un primo ciclo della storia e ci lascia l’immagine inedita di un Pio XIII piangente e (forse per la prima volta) più umano che divino.

“Cos’è più bello? L’amore perso o l’amore trovato? Trovare o perdere?”

“La realtà se non è mischiata alla fantasia è puro esibizionismo.”

Dopo i casi verticali dei vari “scandali vaticani”, però, è il momento di chiudere il cerchio su questa prima stagione, di far quadrare tutte le varie storylines orizzontali, partite dalla prima puntata fino alla decima.
E Sorrentino sceglie di farlo in un modo (ovviamente) poco convenzionale, confezionando una puntata di pura attesa.
Attesa per quello che è stato, fin dall’inizio, il momento-clou di tutta la stagione: la prima omelia di Pio XIII a volto scoperto. Per di più a Venezia, da sempre il suo unico e vero scopo, la città dove è possibile, per lui, ritrovare i suoi genitori.
Tutta la puntata funziona come ri-allacciamento del pilot iniziale con motivi, temi e carrellata finale dei personaggi, come una specie di presentazione degli attori in una pièce teatrale.
Tutto questo per darci il senso del finale di stagione. Vediamo, dunque, le persone con cui Lenny ha avuto a che fare nel corso di queste puntate che ci lasciano momentaneamente, ciascuno cambiato nell’animo e con la sua strada ben tracciata. Tra questi non si possono non citare il cardinale Voiello (Silvio Orlando) e Suor Mary (Diane Keaton), divertenti e, allo stesso tempo, struggenti nel loro saluto finale.
Una scelta narrativa che poteva risultare pericolosa per il regista perché non lascia tanto adito all’immaginazione, tanto da risultare anche noiosa nel suo happy ending con tutte le storylines orizzontali contemporaneamente.
Ma Sorrentino non è uno da sottovalutare: anche quando la storia sembra essersi ormai conclusa, ecco arrivare il cliffhanger finale che ribalta tutto ancora una volta e ci lascia col fiato sospeso (e non solo quello, data l’inquadratura finale con la “visione divina del mondo”).
Ancora una volta la puntata risulta un’immenso affresco dove l’autore-artista ci guida, mostrandoci tutti i particolari della sua opera per poi passare dal Particolare all’Universale in un finale che è denso ma non esauriente per quanto riguarda la storia raccontata.
Siamo solo a metà, evidentemente, del mosaico finale e ancora numerosi tasselli aspettano di essere riempiti. Ma Sorrentino decide di centellinare i particolari della sua opera lasciando lo spettatore nell’attesa. E così senza effetti speciali di grande rilievo, senza troppi dialoghi e con poche inquadrature, riesce nella difficile impresa di tenere alta l’attenzione dello spettatore pur costringendolo a guardare con attenzione, soffermandosi su particolari privi d’azione, solo puntando sull’immagine e sulle parole, come mai si era visto nella storia della serialità televisiva.
Sky riesce nell’impresa (più volte tentata anche da altre reti) di creare un prodotto di qualità coinvolgendo un grande regista (Sorrentino) con una spiccata autorialità, per creare qualcosa che vada oltre le solite fiction e serie tv e si avvicini sempre più a qualcosa che ricorda molto il cinema e la grande potenza delle narrazioni classiche.
Una qualità e una voglia di innovare il racconto seriale (con grande risultato di pubblico e non solo di critica) che mai si era visto in Italia (da leggere l’articolo del Wall Street Journal al riguardo) e nella televisione in generale, qualcosa di cui poter andare orgogliosi e che non ha niente da invidiare alle produzioni anglofone.
In attesa di sapere le sorti di Lenny Belardo, non resta che confortarsi riascoltando le note della sigla iniziale, divenuta ormai iconica.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Tutto
  • Niente

 

Finale di stagione per la serie-evento targata Paolo Sorrentino. Il regista confeziona due ultime puntate che chiudono tutte le storylines presenti in questa prima stagione lasciando però spazio ad un ultimo cliffhanger, rallentato e fatto attendere fino all’ultimo, che apre le porte alla seconda stagione. The Young Pope non è una semplice serie televisiva, è un modo nuovo di raccontare che unisce cinema, teatro e sperimentalismo visivo. Una delle serie più innovative degli ultimi anni.

 

Episodio 1×08 0.45 milioni – ND rating
Episodio 1×09 ND milioni – ND rating
Episodio 1×10 ND milioni – ND rating

 

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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