“Tell me a story. Make it a story of great distances, and starlight. What if the ending isn’t really the ending at all?”
Non che uno voglia per forza mettersi sempre a fare paragoni con il passato, però come non dedicare una piccola digressione sul diverso grado di spiritualità che prima e terza stagione regalano nei loro rispettivi finali? Facendola semplice semplice, all’epoca le vicende di Rusty e Marty si chiudevano con un “e quindi uscimmo a riveder le stelle” che, dalla complicazione di trama iniziale, semplificava tutto magnificamente in una dicotomia bene-male.
L’astrazione di allora si scontra con il materialismo di oggi. Ciò che la terza stagione di True Detective racconta è una vita, un tragitto assolutamente non lineare, costellato da eterni ritorni, con un’indagine che richiama esplicitamente la prima stagione (salvo poi offrire una soluzione radicalmente differente: non più storie di pedofilia e di serial killer, bensì una struggente vicenda di insanità mentale). Proprio la capacità di tracciare tre storie differenti nella stessa “timeline” aumenta questa sensazione tipica da eterno ritorno (il rapporto Wayne-Amelia, così come quello tra Wayne e Roland, oltre alle aperture, riaperture e chiusure del caso), come se si assistesse a tre episodi differenti di tre storie simili tra loro.
La soluzione del giallo non è indirizzata verso una figura o elemento che si conosceva dall’inizio della storia. Lo testimonia il fatto che sin dal primo episodio lo spettatore è portato a dedurre che né nel 1980 né nel 1990 si fosse arrivati ad un risultato soddisfacente. La soluzione finale arriva grazie ad una storia che, episodio dopo episodio, si va costruendo. Quasi lineare, verrebbe da dire. A fare da filo di congiunzione è proprio la vita di Wayne e la capacità, mediante la narrazione di eventi relativamente futuri, di destare nel pubblico curiosità sugli sviluppi passati.
Il valore aggiunto della 3×08, però, è senz’altro la successione di sequenze altamente simboliche che caratterizzano le battute finali di episodio e stagione. Quasi come la conclusione di un percorso di formazione, l’anziano Wayne compie percorsi mentali (le visioni della moglie) e fisici (il percorso in macchina da solo fino ad Allegra Lane) che rimandano ad un recente repertorio lynchano. La Julie Purcell che si trova nel giardino fiorito ricorda moltissimo la (spoiler) Laura Palmer ritrovata nel finale della terza stagione di Twin Peaks (fine spoiler), sia per la sua funzione simbolica per il protagonista, quanto per il senso di “chiusura” regalato allo spettatore.
Ma il richiamo a Twin Peaks e a Lynch non è soltanto stilistico. Il finale di questa terza stagione è più aperto di quanto possa sembrare (almeno nell’opinione visionaria del recensore).
Seguiranno deliranti speculazioni in proposito.
Lieto fine immaginario
La citazione ad inizio recensione, riportata da un’Amelia apparsa nell’immaginazione del Wayne anziano, può essere una semplicissima speculazione, se non desiderio, del protagonista. Julie Purcell è effettivamente morta nel 1995, come da lapide. L’immagine della bambina bionda che incontrano Wayne e Roland scatena nell’immaginazione del primo proprio la versione che il fantasma della moglie gli suggerisce. La signora incontrata ad Allegra Lane è una persona qualunque che lo stesso protagonista non ricollega alla sua ipotesi a causa dell’amnesia. Soltanto lo spettatore impotente può immaginare che si tratti della bambina scomparsa nel 1980.
Wayne muore quando vede la moglie
I continui trip dovuti alla demenza senile, oltre al percorso di vita mostrato nella stagione, lasciano supporre allo spettatore che in conclusione si possa assistere alla dipartita del protagonista. Simbolicamente parlando, proprio il momento descritto nel paragrafo precedente può apparire come momento chiave, considerando tutto lo scenario successivo (da Allegra Lane ai felici momenti familiari insieme anche a Roland) come una sorta di felice e pacifico aldilà.
Wayne muore in un non meglio precisato futuro con il flashback nel 1980
Meno cervellotico e più didascalico è il flashback/ricordo della proposta di matrimonio. Soprattutto se si considera che i due, varcata una porta, entrano nella proverbiale e celebre luce bianca.
E il Wayne nella “selva oscura” della scena finale? Boh. L’unica cosa simpaticissima che si può notare è la contrapposizione con l'”uscimmo a riveder le stelle” del finale della prima stagione.
Julie Purcell come simbolo
Laura Palmer per Dale Cooper, così come Julie Purcell per Wayne, è ragione di vita. Lo show televisivo racconta la storia di un detective e di un mistero. Protagonista è il detective o il mistero? Le tre fasi temporali narrate della vita di Wayne dimostrano come questa sia stata caratterizzata proprio dalla ricerca di Julie. O meglio: come Julie Purcell abbia definito e guidato indirettamente la vita di Wayne. Significativo quindi che, nel finale, quella che si direbbe Julie adulta funga da guida ad un Wayne che ha smarrito la diritta via.
Si è parlato tanto di inarrivabile prima stagione. La sensazione, personalissima, è che la terza rappresenti, forse non tanto la sorpresa che la prima ha rappresentato nell’immaginario collettivo, quanto una sua evoluzione. Per continuità e per consapevolezza stilistica. La scelta di un interprete di assoluto livello come Mahershala Ali ha ovviamente poi dato un ottimo contributo alla causa.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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The Final Country 3×07 | 1.32 milioni – 0.3 rating |
Now Am Found 3×08 | 1.38 milioni – 0.4 rating |
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.
Peccato che la bambina si chiama Julie e non Lucy. Il resto tutto ok 😂
Grazie per lo spoiler pulito pulito su Twin Peaks, avreste potuto segnalarlo meglio.
L’unica cosa che non ha molto senso è perché il guercio June si apposti davanti a casa di Purple Hays a 35 anni di distanza dal “caso”. Un po’ forzata. Però bella serie nulla da dire
Ps: chi rompe le balle x gli spoiler è veramente patetico