Troppi i pezzi sulla scacchiera perché gli equilibri variaghi non implodano, prima o poi: Igor inizia a prendere consapevolezza della propria eredità, ma anche di essere prigioniero di Oleg; Ivar si sente ormai stretto nella gabbia in cui il suo solo apparente benefattore l’ha rinchiuso, promettendogli un trono che puntata dopo puntata sembra solo un pretesto per annettere anche la Scandinavia; e lo stesso signore di Kiev è preda di un delirio di onnipotenza che potrebbe ritorcerglisi contro, perché se c’è una cosa che ci ha insegnato Vikings in sette anni è che gli dei (che si tratti di Odino o del Dio cristiano) puniscono sempre la hybris dei mortali. E non bisogna dimenticare suo fratello Dir, che dopo essere sparito dalla circolazione ritorna, non in scena, ma per mezzo di un suo messaggero, ricordando a Ivar, ma anche agli spettatori, di essere ancora in giro, pronto a reclamare un proprio posto negli eventi.
Infine c’è Hvitserk, l’ultimo arrivato in terra russa. Quel Hvitserk che è stato per anni al fianco di Ivar, un po’ per paura, un po’ per affetto, un po’ per incapacità di scegliere una propria strada; e che poi si è ritrovato a odiare con tutto se stesso quel fratello, fino a trasfigurarlo in un fantasma demoniaco; e che adesso è convinto di essere diventato uno strumento degli dei, compiendo la profezia sulla morte di Lagertha. Quel Hvitserk che per intere stagioni è stato il meno caratterizzato e il più noioso dei figli di Ragnarr e che adesso, finalmente, sta acquisendo una propria fisionomia come anima tormentata e sballottata dagli eventi in cui cerca comunque di ritagliarsi un ruolo. Questo percorso è nato dall’odio per Ivar e c’è da supporre che terminerà nel medesimo modo, anche se l’esito è al momento inimmaginabile.
La riunione dei due fratelli è utile anche per una potenziale spia della pazzia crescente dello storpio: la somiglianza della principessa Katja con Freydis, infatti, non è notata minimamente da Hvitserk, che pure ha avuto modo di conoscere l’ex-regina di Kattegat e avrebbe dunque riconosciuto una sua sosia. Forse Ivar è talmente ossessionato da ciò che ha commesso in passato da essere perseguitato dai fantasmi, in maniera non molto diversa da Hvitserk, e l’unica differenza tra i due è che la pazzia del primo è più sottile e meno destabilizzante, almeno adesso, di quella del secondo.
Purtroppo, non si può non rilevare come ancora una volta Vikings precipiti, proprio grazie al primogenito di Ragnarr, in dinamiche da soap opera. Il triangolo amoroso Björn-Gunnhild-Ingrid è un’inutile aggiunta che per ora ha regalato soltanto qualche frecciatina tra le due donne e un po’ di dramma nella rappresentazione del dolore della prima moglie, costretta a calpestare il proprio orgoglio e i propri sentimenti per evitare che l’equilibrio familiare cada in pezzi. Nemmeno la citazione del mito di Freyja riletto nello scricchiolante contesto coniugale del re di Kattegat riesce a rendere apprezzabili quelli che, a conti fatti, sembrano solo minuti sprecati.
In terra islandese, Ubbe ritrova finalmente il ruolo di protagonista dopo interi episodi che l’hanno visto ridotto al rango di comparsa, al massimo di figura secondaria. Il mistero della scomparsa di Floki si tramuta in un vero e proprio giallo che il figlio di Ragnarr sembra intenzionato a risolvere, ma l’ingresso sulla scena di Ohtere, new entry interpretata da un veterano delle serie storiche come Ray Stevenson e con un background assai più complicato di quanto ci si possa aspettare, apre le porte a viaggi ancora più a Occidente, forse verso la Groenlandia, forse addirittura in quella che le saghe norrene chiamavano Vinland e che gli studiosi hanno ormai con certezza identificato con Terranova, in Canada (dove esiste pure un insediamento vichingo, L’Anse aux Meadows).
Una simile scelta narrativa avrebbe una forte valenza simbolica, perché rappresenterebbe il degno epilogo dell’epopea esplorativa inaugurata decenni prima da Ragnarr, quando persino l’Inghilterra sembrava un altro mondo irraggiungibile. Però mancano ancora undici episodi alla parola “fine” della saga dei Loðbrók, e fare previsioni in Vikings non è mai una cosa saggia, perché Michael Hirst il destino si diverte a rimescolare continuamente le carte nei modi più inaspettati.
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Resurrection 6×09 | ND milioni – ND rating |
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.