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La quarta ed ultima puntata dell’acclamata ed eccezionale miniserie Netflix, When They See Us, è un crudo e devastante viaggio all’inferno. Il viaggio all’inferno di Korey Wise, per essere più precisi.
Il quinto componente del gruppo di innocenti ragazzini, il più grande dei Central Park Five, si merita un episodio interamente a lui dedicato e dopo la visione capiamo che non sarebbe potuta andare diversamente: l’interpretazione di Jharrel Jerome è così magistrale, infatti, che sarebbe stato da incoscienti non sfruttare al massimo questo suo potenziale. L’attore ventunenne, nato e cresciuto nel Bronx, attira le attenzioni dei critici già nel 2016, grazie alla sua partecipazione al lungometraggio “Moonlight”, basato sull’opera teatrale “In Moonlight Black Boys Look Blue” di Tarell Alvin McCraney. La pellicola ha ricevuto numerosi riconoscimenti, come il premio al miglior film dalla National Society of Film Critics, il Golden Globe per il miglior film drammatico e tre Academy Awards.
A differenza del resto del cast, Jharrel Jerome è l’unico attore ad aver interpretato il suo personaggio durante tutto l’arco narrativo, promosso a tale duplice ruolo dopo che Ava DuVernay gli chiese di leggere alcune battute tratte dal copione di Korey Wise da adulto e rimanendo subito colpita. L’attore, difatti, riesce ad essere credibile in entrambe le versioni e la sua esecuzione riesce a portare più volte lo spettatore sull’orlo delle lacrime.
La storia di Korey Wise è quella più difficile da digerire e da sopportare; una storia fatta di abusi da parte di guardie carcerarie e detenuti, di tracollo psicologico, di lacrime e rabbia ma, soprattutto, di dignità. Una dignità calpestata da tutti, anche dalla propria madre, sebbene per motivi meno subdoli; i dialoghi tra Korey e la sua genitrice sono impregnati di tristezza e abbandono, quando invece il ragazzo avrebbe solo voluto essere supportato ed amato. L’abbandono e l’indifferenza sono i due mostri più accaniti contro i quali il giovane Wise ha dovuto scontrarsi durante i suoi anni di prigionia: l’abbandono di una madre con i propri demoni da sconfiggere, troppo fragile anch’ella per riuscire a stare accanto al figlio, e di una società che continua a punirlo non curandosi di lui e del suo destino. La morte inaspettata del fratello di Korey, inoltre, rappresenta un’altra pugnalata al cuore del ragazzo, che perde così uno degli ultimi appigli che lo tenevano ancorato alla speranza. In alcuni flashback molto toccanti, si scoprono poi altri tasselli della vita di Korey prima di quella maledetta notte: suo fratello,Norman Marci Wise, era una transgender odiata dalla madre, ma amata da Korey, verso il quale era sempre stata molta protettiva. Ad interpretare Marci troviamo Isis King, vera modella e stilista transgender, seguendo, così, l’esempio di altre produzioni (Ian Alexander in The OA e Jamie Clayton in Sense8) che hanno dato spazio e risalto a questa categoria.
“Episode 4” è un assordante grido di dolore di un ragazzino smarrito e spaventato, al quale viene ricordato ogni giorno quanto lui non conti nulla, per nessuno. Korey, infatti, subisce ogni volta la stessa condanna: prima da una giuria che non ha battuto ciglio nel marchiarlo a fuoco come colpevole, solo perché nero, e poi, continuamente, dagli altri detenuti e dalle guardie del carcere, che non credono alla sua innocenza e lo denigrano moralmente e fisicamente. Per riuscire ad avere un minimo di tranquillità ed evitare altri pestaggi, Korey è costretto a chiedere di essere messo in isolamento e qui la sua mente comincia a piegarsi sotto il peso della sua situazione. E’ in quella cella buia e claustrofobica che il ragazzo immagina come sarebbe andata la sua vita se quella sera non si fosse recato a Central Park e quei flashback irreali sono l’unico barlume di spensieratezza che Korey si può concedere.
L’epilogo della vicenda ha, inoltre, un sapore dolce amaro; i cinque ragazzini vengono finalmente scagionati solo dopo che Matias Reyes, il vero colpevole dell’aggressione, decide di confessare tutto dopo un incontro in carcere con Korey. Nonostante l’ammissione di colpevolezza, i nuovi detective e assistenti procuratori hanno dovuto scontrarsi contro il granitico muro innalzato dalla Polizia di New York che non voleva ammettere di aver sbagliato. Alla fine dell’episodio, oltre alle immagini con i veri protagonisti della vicenda, al pubblico viene spiegato che Antron, Kevin, Yusef, Raymond e Korey hanno ottenuto un risarcimento di 41 milioni di dollari dalla città di New York. Una magrissima consolazione di fronte ad un mastodontico errore che ha bruciato la loro libertà ed innocenza.
Il quinto componente del gruppo di innocenti ragazzini, il più grande dei Central Park Five, si merita un episodio interamente a lui dedicato e dopo la visione capiamo che non sarebbe potuta andare diversamente: l’interpretazione di Jharrel Jerome è così magistrale, infatti, che sarebbe stato da incoscienti non sfruttare al massimo questo suo potenziale. L’attore ventunenne, nato e cresciuto nel Bronx, attira le attenzioni dei critici già nel 2016, grazie alla sua partecipazione al lungometraggio “Moonlight”, basato sull’opera teatrale “In Moonlight Black Boys Look Blue” di Tarell Alvin McCraney. La pellicola ha ricevuto numerosi riconoscimenti, come il premio al miglior film dalla National Society of Film Critics, il Golden Globe per il miglior film drammatico e tre Academy Awards.
A differenza del resto del cast, Jharrel Jerome è l’unico attore ad aver interpretato il suo personaggio durante tutto l’arco narrativo, promosso a tale duplice ruolo dopo che Ava DuVernay gli chiese di leggere alcune battute tratte dal copione di Korey Wise da adulto e rimanendo subito colpita. L’attore, difatti, riesce ad essere credibile in entrambe le versioni e la sua esecuzione riesce a portare più volte lo spettatore sull’orlo delle lacrime.
La storia di Korey Wise è quella più difficile da digerire e da sopportare; una storia fatta di abusi da parte di guardie carcerarie e detenuti, di tracollo psicologico, di lacrime e rabbia ma, soprattutto, di dignità. Una dignità calpestata da tutti, anche dalla propria madre, sebbene per motivi meno subdoli; i dialoghi tra Korey e la sua genitrice sono impregnati di tristezza e abbandono, quando invece il ragazzo avrebbe solo voluto essere supportato ed amato. L’abbandono e l’indifferenza sono i due mostri più accaniti contro i quali il giovane Wise ha dovuto scontrarsi durante i suoi anni di prigionia: l’abbandono di una madre con i propri demoni da sconfiggere, troppo fragile anch’ella per riuscire a stare accanto al figlio, e di una società che continua a punirlo non curandosi di lui e del suo destino. La morte inaspettata del fratello di Korey, inoltre, rappresenta un’altra pugnalata al cuore del ragazzo, che perde così uno degli ultimi appigli che lo tenevano ancorato alla speranza. In alcuni flashback molto toccanti, si scoprono poi altri tasselli della vita di Korey prima di quella maledetta notte: suo fratello,
“Episode 4” è un assordante grido di dolore di un ragazzino smarrito e spaventato, al quale viene ricordato ogni giorno quanto lui non conti nulla, per nessuno. Korey, infatti, subisce ogni volta la stessa condanna: prima da una giuria che non ha battuto ciglio nel marchiarlo a fuoco come colpevole, solo perché nero, e poi, continuamente, dagli altri detenuti e dalle guardie del carcere, che non credono alla sua innocenza e lo denigrano moralmente e fisicamente. Per riuscire ad avere un minimo di tranquillità ed evitare altri pestaggi, Korey è costretto a chiedere di essere messo in isolamento e qui la sua mente comincia a piegarsi sotto il peso della sua situazione. E’ in quella cella buia e claustrofobica che il ragazzo immagina come sarebbe andata la sua vita se quella sera non si fosse recato a Central Park e quei flashback irreali sono l’unico barlume di spensieratezza che Korey si può concedere.
L’epilogo della vicenda ha, inoltre, un sapore dolce amaro; i cinque ragazzini vengono finalmente scagionati solo dopo che Matias Reyes, il vero colpevole dell’aggressione, decide di confessare tutto dopo un incontro in carcere con Korey. Nonostante l’ammissione di colpevolezza, i nuovi detective e assistenti procuratori hanno dovuto scontrarsi contro il granitico muro innalzato dalla Polizia di New York che non voleva ammettere di aver sbagliato. Alla fine dell’episodio, oltre alle immagini con i veri protagonisti della vicenda, al pubblico viene spiegato che Antron, Kevin, Yusef, Raymond e Korey hanno ottenuto un risarcimento di 41 milioni di dollari dalla città di New York. Una magrissima consolazione di fronte ad un mastodontico errore che ha bruciato la loro libertà ed innocenza.
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Ava DuVernay riesce nel suo intento di sbattere in faccia tutta l’arroganza e la crudeltà dell’essere umano, creando un vero e proprio manifesto contro il razzismo, talmente perfetto che andrebbe mostrato in tutte le scuole del mondo. Recentemente Donald Trump, dopo il successo della miniserie, ha ribadito di ritenere ancora colpevoli dello stupro i Central Park Five e di non avere, quindi, cambiato idea. Questo fa capire, purtroppo, come ci fosse davvero bisogno di un prodotto del genere, ora come non mai.
Episode 3 1×03 | ND milioni – ND rating |
Episode 4 1×04 | ND milioni – ND rating |
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Se volete entrare nelle sue grazie, non dovete offendere: Buffy The Vampire Slayer, Harry Potter, la Juventus. In alternativa, offritele un Long Island. La prima Milf di Recenserie, ma guai a chiamarla mammina pancina.
Ho iniziato questa serie per puro caso ieri sera e l’ho divorata in una nottata. Cruda, agghiacciante, un vero e proprio pugno allo stomaco.
Ti apre gli occhi su una realtà che a volte riteniamo non possa essere possibile . Il finale , incentrato per la maggior parte su Kory è struggente e dilaniante . Una delle pochissime (se non l’unica) serie che mi abbia toccato profondamente . Rasenta la perfezione e chiunque non l’abbia ancora vista dovrebbe rimediare quanto prima !