Winning Time: The Rise Of The Lakers Dynasty 2×04 – The New WorldTEMPO DI LETTURA 5 min

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Winning Time The Rise Of The Lakers Dynasty 2x04 RecensioneProcede con un passo piuttosto spedito la narrazione dell’era dello Showtime, della grande rivalità tra Lakers e Celtics, di cui si stanno gettando le basi per vedere la prima serie di Finals in cui si affronteranno Magic Johnson e Larry Bird.
Nel mezzo ci sono ancora alcune grane da risolvere, come ad esempio uno spogliatoio in frantumi dopo la batosta dei Playoff dell’81, a cui si aggiunge un’altra pessima notizia: il contratto imbarazzante di Magic. I malumori la fanno da padrone in casa Lakers, così come anche nello staff. Il principale artefice è un coach Westhead intestardito con le proprie idee, a costo di distruggere tutte le potenzialità che gli avevano permesso di infilare il primo e unico anello al dito come campione NBA.
Winning Time è giunta già al giro di boa con, però, ancora ben due stagioni intere da raccontare prima di arrivare al fatidico 1984, l’anno del primo grande duello nelle Finals.
C’è da chiedersi, tuttavia, quale sia il motivo per tale riduzione di episodi. Un taglio importante, da dieci a sette, che non sembrava necessario, soprattutto dato l’arco temporale abbracciato, ben più vasto rispetto alla prima stagione.

IL FIGLIO PREFERITO


“The New World” fondamentalmente ruota tutto attorno a un evento significativo. Red Auerbach, dopo una brutta figura in un’amichevole di pre-season tra i suoi neo-campioni Celtics e i Lakers dello sfacciato Buss, decide di divulgare a tutta la stampa i dettagli del contratto senza senso che Magic Johnson ha sottoscritto: 25 milioni per 25 anni. 1 milione di dollari all’anno, assicurati per la durata enorme di 25 anni. Un qualcosa di fuori dal mondo all’epoca che, però, traslato al giorno d’oggi rappresenta un minimo salariale per un giocatore NBA.
È un po’ la goccia che fa traboccare il vaso, che rappresenta il rapporto tra coach Westhead e Magic Johnson, così come con tutto il resto del roster dei Lakers. A dare valore sono infatti le interpretazioni degli ottimi attori qui presenti. Quincy Isaiah rappresenta magistralmente i due lati Magic/Earvin in tale periodo. Al triste Earvin, passato da Star e primo violino della squadra campione a una figura di troppo, ingabbiata dagli schemi del coach, si contrappone Magic. L’uomo copertina che deve sempre sorridere in camera per non deludere i suoi fan. Una squadra a pezzi, distrutta dal suo coach e una gestione scriteriata. Kareem, il capitano, annuncia di voler andare ai Knicks a fine anno, mentre Magic per la prima volta non sorride in camera e chiede la trade.

Magic Johnson:Ain’t nothing towards the fellas. I love my teammates. I love everybody, but I ain’t happy. I’m showing up, playing hard as I can. But I ain’t having no fun. I gotta go. Gonna go in the morning, talk to the man, the Buss, see what he can do. […] I wanna be traded.”

LA FIGLIA (NON) PREFERITA


Fuori dal The Forum accadono le cose meno interessanti, ovvero quelle che riguardano la vita sentimentale di Jerry Buss e le difficoltà nel riuscire ad emergere per sua figlia Jeanie Buss. C’è da dire che, come già segnalato nelle recensioni degli episodi precedenti, tali parentesi iniziano un po’ a scocciare lo spettatore. Per di più se si aggiunge il fatto che gli episodi sono diminuiti e quindi c’è ancora meno tempo per andare a raccontare tutto ciò che c’è da dire.
Tuttavia, andando tale storyline a ritagliarsi un ampio minutaggio, diventa inevitabile dover analizzare il personaggio di Honey Kaplan. Una nuova figura femminile all’interno della tenuta Buss che potrebbe essere l’ennesimo scoglio da dover superare per la piccola Jeanie per riuscire a farsi notare da suo padre come donna d’affari di successo. Chissà che le incombenti nozze tra il personaggio di John C. Reilly e la new-entry Honey non possano sconvolgere questo equilibrio sofferto proprio dalla giovane figlia.

PAUL WESTHEAD E IL FATTORE C


Ciò che invece sicuramente colpisce di più è il personaggio di Paul Westhead, interpretato da un eccezionale Jason Segel, qui alle prese con una rapida ma invisibile discesa verso il baratro. Più volte è stato evidenziato lo scarso QI cestistico di coach Westhead, che ha campato di rendita nella stagione del titolo, facendosi aiutare furbescamente dal brillante Pat Riley di Adrien Brody, e che sta avendo molta fortuna nel portare a casa le partite nella stagione in corso. Tuttavia, la sindrome dell’impostore ha avuto un esito totalmente opposto. Il coach dei Lakers, infatti, si è autoconvinto di dover plasmare la squadra a sua immagine e somiglianza, divenendo paradossalmente il più grande avversario della propria squadra.
Imbrigliare Magic in banali schemi da eseguire è il più grande errore commesso che ha portato prima all’eliminazione al primo turno contro i Rockets e adesso sta portando a perdere la più grande risorsa di cui i Lakers dispongono: la loro prima scelta di soli due anni prima. Westhead sta letteralmente attentando alla nascita di una dinastia e Riley lo sa bene. Bisognerà far giungere questa notizia anche ai piani alti, impegnati più nella vita “di corte” che alla palla a spicchi.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • L’ottimo Quincy Isaiah
  • Jason Segel rappresenta un Paul Westhead molto complessato e sfaccettato
  • I rapporti tra i giocatori, scritti con accuratezza
  • Il ritorno di Jack McKinney
  • Il rapporto conflittuale tra Pat Riley e Paul Westhead
  • Gli easter egg dei tifosi VIP come Jack Nicholson
  • Dopo quattro episodi già al giro di boa, con due stagioni intere da raccontare prima del 1984
  • Ancora troppo spazio alle relazioni personali di Jerry Buss

 

Si è già giunti al giro di boa di una stagione purtroppo abbreviata con ancora troppi accadimenti da analizzare. Per fortuna c’è molto basket giocato che insieme alle dinamiche di spogliatoio fanno decollare “The New World”.

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Giovane musicista e cineasta famoso tra le pareti di casa sua. Si sta addestrando nell'uso della Forza, ma in realtà gli basterebbe spostare un vaso come Massimo Troisi. Se volete farlo contento regalategli dei Lego, se volete farlo arrabbiare toccategli Sergio Leone. Inizia a recensire per dare sfogo alla sua valvola di critico, anche se nessuno glielo aveva chiesto.

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