Doctor Who 9×04 – Before The FloodTEMPO DI LETTURA 6 min

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…se Bennett e O’Donnell possano essere effettivamente papabili companions.
No, non possono esserlo. I due andranno ad inserirsi in quell’enorme catalogo di personaggi potenzialmente accostabili al Dottore, sfortunati a non capitare al momento giusto. O perché non dell’umore, o perché morti.
Riflettendo poi sul futuro prossimo senza Clara, se da un lato ci si potrebbe auspicare una soluzione “classica” come quella del “multi-companion“, dall’altro è bene aspettarsi dell’originalità nella scelta. Effettivamente non potevano essere loro due una soluzione originalissima. Lei, scozzese testarda, poteva ricordare Amy; inoltre, da grande fan del Dottore quale era, veniva a mancare il fattore sorpresa per un neo-viaggiatore del Tardis; il love interest di Bennett, somaticamente anche un po’ somigliante a Rory, è l’elemento che chiude il cerchio.
Chiusa anche questa parentesi, platealmente mantenuta sospesa dalla precedente recensione, ritroviamoci ad applaudire, motivando l’applauso, questo ennesimo ispirato lavoro, a conferma che la nona stagione non si ritrova a fare legna come l’ottava, ma si impegna piuttosto a sfornare perle di doctorwhoiana fattura.
Si intenderà risparmiare ai lettori per l’ennesima volta riferimenti alla serie classica la quale, si è capito, non potrà mai non essere considerata importante nel profilare le avventure della serie nuova. Basti solo vedere come – Amy e Rory a parte – l’impatto in un nuovo ambiente con Bennett e O’Donnell richiami comunque antiche coppie, neanche mai viste con la televisione a colori. Ma abbiamo detto di non parlarne.
Il merito di “Before The Flood” è quello di eliminare dal campo delle eccezioni alcuni casi presenti in passati episodi di DW. Pensiamo all’incipit, quando il Dottore rompendo la quarta parete si lancia in un monologo su Beethoven. Si dà in questo modo continuità a ciò che avveniva all’inizio di “Listen“. La reincarnazione di Capaldi, a quanto pare, è incline (oltre a scrivere in lavagne e suonare) a monologhi, flussi di coscienza utili a esternare la sua esperienza e la filosofia che i viaggi nel tempo comportano. Senza farla tanto lunga, il tema dell’episodio (neanche così originale, in realtà) può essere semplificato con l’immortale quesito “è nato prima l’uovo o la gallina?”. Nel caso più specifico: da dove nasce il patrimonio genetico del pennuto, secondo il quale sarebbe in grado di deporre le uova? Ovvio, esisteranno teorie evoluzionistiche che toglieranno un po’ di poesia all’intrigante questione. Ma noi sappiamo e continuiamo a considerare il tempo come un’enorme palla di wibbly wobbley timey wimey stuff. E allora anche l’uovo e la gallina avranno un senso (per dovere di informazione: questa riflessione nasce dalla considerazione letta in un forum, espressa da un fan della serie che, leggendo la recensione, si spera, non si sentirà defraudato).
Il secondo caso che riprende un precedente è quello in stile “Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban”. Nella prima stagione, il nono Dottore e Rose si imbattevano in una enorme rottura delle regole del tempo, con il salvataggio del padre di Rose (avveniva in “Father’s Day”). L’esito estremamente trash dell’episodio è stato lasciato nel dimenticatoio per molto tempo, mai riprendendo il tema del Dottore che vede se stesso. Non solo in questo caso assistiamo nuovamente a tale soluzione ma l’errore di lasciar agire Rose secondo il suo istinto spinge il Dottore ad essere estremamente categorico con Bennett (“ci ritroveremmo seduti a tavola con una persona che abbiamo visto morire”), pur facendo soffrire anche noi spettatori con lo straziante e rapido fato della povera O’Donnell.
Certe soluzioni nel finale sono state scontate e/o telefonate? Alcune sì, ma in maniera ben accettabile. Esempio: dal momento in cui è stata mostrata la bara per l’animazione sospesa, prolungatamente chiusa, era ovvio che dentro non potesse esserci il King Fisher, sin dal precedente episodio. Ancora più ovvio poteva essere che dentro ci fosse il Dottore. La scelta, tuttavia, di far apparire il “fantasma” nel momento in cui gli occhiali sonici si attaccassero al Wi-Fi della base, è stata tutt’altro che scontata e prevedibile.
L’interazione tra passato e futuro dell’ambientazione anni ’80 e la base sottomarina del 2119 rende noi stessi spettatori inconsciamente coscienti della percezione del tempo nella filosofia di Doctor Who. Il tempo non è un prima e un dopo, una concatenazione di elementi (inutile citare per l’ennesima volta il monologo di “Blink”), bensì un insieme di posti diversi, che possono interagire tra loro. Mentre guardiamo “Before The Flood” (intelligentemente diversa dalla prima parte, garantendo così un buon ritmo), noi pensiamo che il Dottore e Clara si trovino semplicemente in zone geografiche diverse (complice anche la comunicazione tra i due). Solo con un secondo pensiero riusciamo a percepire la dislocazione vera e propria. Il Dottore guarda ciò che è stato, interagisce con gli eventi, diviene parte degli eventi. Se il Dottore non si fosse mai trovato nella base per risolvere una situazione, tale situazione non sarebbe mai stata creata. O meglio, il pericolo dell’invasione aliena sarebbe stato più presente che mai, in quanto il King Fisher avrebbe avuto vita più facile nell’attuazione del suo piano. Sarebbe venuto, però, a mancare il contesto circostante. Nessuna esplosione della diga, quindi nessuna inondazione, nessuna base sottomarina. L’ambientazione “problematica” di “Under The Lake“, quindi, altro non è che un allestimento perfetto (più o meno casuale), da parte del Dottore futuro, nell’ottica di salvare la situazione per l’ennesima volta.
Come detto nella precedente recensione, sono episodi del genere a riempirci la pancia dello show britannico. A sentirci appagati, lo dimostra il fatto che non si sente la mancanza di richiami ad una possibile trama orizzontale (in “Blink” sentivate forse la curiosità di sapere qualcosa su Harold Saxon, mai lontanamente citato?). Unico elemento suggerito, in maniera lievissima, è questo fantomatico “ministro della guerra” di cui parla O’Donnell. Indizio completamente slegato al testamento del Dottore di “The Magician’s Apprenctice“/”The Witch’s Familiar“. Sebbene sussurrato, sarà bene tenerlo a mente, come tutto in DW. Presto o tardi qualsiasi cosa potrebbe diventare importante.
Nota finale: nessuno si è sentito lontanamente inquietato da tutti i manichini di plastica disposti nel villaggio abbandonato? Solo la simulazione di una cittadina sovietica, come detto dal Dottore, o qualcos’altro?
 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • L’incipit con tanto di sigla rock
  • It’s bigger on the inside! It’s bigger on the inside! It’s bigger on the inside!
  • La sequenza in cui Cass percepisce la vibrazione dell’ascia
  • “…the universe will be ruled by cats or something, in the future
  • Come è nata la lista di nomi elencata dall’ologramma del Dottore?
  • Il lieto fine tra Cass e Lunn
  • Alcuni piccoli momenti riflessivi su come Clara sia trasformata dai viaggi con il Dottore, da come il Dottore sacrifichi le persone eccetera eccetera eccetera
  • Peccato per O’Donnell

 

“Who really composed Beethoven’s Fifth?”

 

Under The Lake 9×03 3.74 milioni – ND rating
Before The Flood 9×04 4.38 milioni – ND rating

 

 

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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.

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