Giunti a due episodi dal season finale, ma soprattutto alla luce di questa seconda parte di mid-season, – per alcuni emblema di una ripresa di cui il telefilm necessitava, per altri dimostrazione di uno schema ciclico che si ripete ogni anno alternando puntate adrenaliniche ad allungamenti di brodo al gusto di introspezione e retorica spicciola – che voi siate fanboys incalliti o haters spregiudicati del morto che cammina, occorre essere ciechi, o quantomeno ipovedenti, per non notare quanto The Walking Dead, cavalcando l’onda del suo sconfinato bacino spettatoriale, si ritrovi a vivere in una logica di soddisfazione delle aspettative di fruizione vissuta nel breve periodo, dando al pubblico ciò che desidera in quel dato momento, senza preoccuparsi di erigere un dialogo solido e articolato che possa resistere negli anni senza dover ricorrere a strategie di ciclicità narrativa che conducono necessariamente alla stagnazione qualitativa dello show.
Un rallentamento del ritmo dopo la convincente “Not Tomorrow Yet“, già avvertito in “The Same Boat“, era prevedibile. Forse non strettamente necessario, ma pur sempre prevedibile. Sebbene, però, nel precedente episodio le innumerevoli cogitazioni filosofiche volte ad una focalizzazione sull’interiorità dei protagonisti siano state gestite in maniera tale da non risultare noiose, questa settimana purtroppo non è facile dire lo stesso. Non a caso gli sbadigli terminano esattamente alla mezz’ora, grazie a quella santa freccia che spezza l’ennesimo dialogo incentrato sulla necessità di diventare più forti in un mondo in cui non ci si può permettere di fare altrimenti, riportandoci all’atmosfera adrenalinica sopracitata tipica di questa seconda metà di stagione. Possiamo dunque passare alla disamina dell’episodio – per il quale proponiamo anche una titolazione alternativa maggiormente consona: “When babysitting goes wrong” – utilizzando come “separatore” tra prima e seconda parte due delle massime regalateci da Abraham, annoverato ormai alla categoria di filosofo contemporaneo e reso celebre dalle sue trattazioni riguardanti il controverso dibattito teorico incentrato sui tarzanelli.
“You had better luck picking up a turd by its clean end.”
Continua la svolta un po’ romance presa dal telefilm da qualche puntata a questa parte. Una svolta che non riguarda solo la coppietta Rick/Michonne e la cotta di Abraham per Sasha, arrivata allo step successivo negli ultimi minuti della puntata, ma che sembra colpire un po’ tutti ad Alexandria (Carol e Tobin, Rosita e Aaron). “Spring is coming!” ci verrebbe da dire. Il problema sotteso a questo nuovo assetto non è tanto la componente romance in sé, che in quanto tale può piacere come no, ma il modo in cui essa viene proposta allo spettatore.
Sebbene possa risultare sacrosanta la nascita di dinamiche di coppia, che esse siano dettate esclusivamente da un bisogno fisico piuttosto che da una reale affinità sentimentale, in una situazione nella quale la morte è dietro l’angolo e il bisogno di contatto umano risulta salvifico, sarebbe altresì ingenuo da parte nostra non osservare quanto questa scelta appaia repentinamente diffusa tra i vari character quasi si trattasse di un’epidemia. Il risultato è la riduzione di molte situazioni, e conseguentemente di molti personaggi, a stereotipi, portando la loro caratterizzazione nella direzione della macchietta, invalidando il buon lavoro fatto finora su alcuni di essi. Nel corso della prima mezz’ora il focus è tutto sul percorso di maturazione delle due figure più deboli del gruppo, Denise e Eugene appunto, alle prese con le consuete esplorazioni diurne in cerca di beni di prima necessità. Percorso che porterà i due personaggi verso due destini diametralmente opposti e che risulta, tempisticamente parlando, fin troppo diluito all’interno del minutaggio. Un continuo prendere tempo in vista del consueto colpo di scena che si presenterà auspicabilmente nel corso del season finale e che si configura, all’opposto, come una perdita di tempo, buttando alle ortiche un considerevole numero di occasioni per raccontare qualcosa di interessante, ostinandosi invece a sguazzare in un oceano di mediocrità e piattezza narrativa.
“I apologize for questioning your skills. You know how to bite a dick, Eugene.”
La morte di Denise e l’attestata capacità di Eugene di masticare genitali giungono puntualissimi a confermare la tanto vituperata ciclicità dello show, iniziata questa volta con il solito personaggio (Jesus) che mostra al gruppo una nuova realtà (Hilltop), conoscendo una nuova minaccia (Negan e i Saviors), portando alcuni alla morte (in questo caso Denise) e altri alla maturazione per quanto concerne la nozione di autosufficienza (il mastica-genitali appunto). Giunti a questo punto della storia, anche a costo di attirare a noi l’ira funesta della folta schiera di fanboys, strenui difensori della serie nonostante la povertà di contenuti palesata in più di un’occasione, crediamo sia giunta l’ora di prendere atto della collocazione dello show all’interno del panorama seriale globale, lontano anni luce dal poter essere considerato un capolavoro, ma piuttosto da ascrivere alla categoria blockbuster televisivo e, come tale, frutto di una serie di strategie produttive e distributive pianificate attentamente in base al gradimento del pubblico. In tal senso la struttura ciclica dello show trova finalmente il suo senso, cucita perfettamente su un prodotto che, potenzialmente, potrebbe andare avanti all’infinito, mantenendo comunque inalterato il suo esagerato bacino d’ascolti.
Una volta presa coscienza di quanto appena detto – e mettendo naturalmente da parte le critiche mosse dai puristi del fumetto – ciò che rimane è puro e semplice intrattenimento generalista, su cui dibattere risulta in fin dei conti inutile. Ricercare profonde analisi e celate metafore dietro quaranta minuti settimanali di “pura ignoranza” televisiva significherà (quasi) sempre e comunque ritrovarsi a parlare male dello show, mentre fruirne con la piena consapevolezza che un cambiamento di registro non sarà mai possibile, rappresenta forse l’approccio migliore per goderne a pieno.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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The Same Boat 6×13 | 12.53 milioni – 6.0 rating |
Twice As Far 6×14 | 12.68 milioni – 6.0 rating |
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.