The Handmaid’s Tale 2×03 – BaggageTEMPO DI LETTURA 3 min

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“You were there all the time. But no one noticed you. All right. Not no one.”

Nel ricostruire l’ascesa al potere del governo dittatoriale che l’ha privata di ogni cosa, June riscopre la verità di ogni colpo di stato, in cui il seme del cambiamento si insedia silente nella società. Limitazione dei diritti civili e abuso del potere erano lì. Ci sono sempre stati ma nessuno li ha mai notati. Tranne Holly. L’introduzione della madre di June ricorda che la mela non cade poi troppo lontano dall’albero e, per quanto June provi a sottolineare le differenze con la madre, l’episodio gioca invece ad avvicinare le due agli occhi del telespettatore. Infatti, in un mondo di sottomissione, June, come Holly, non si è piegata, dando così via alla sua personale ribellione rifiutando la condizione di abiettezza a cui è stata sottoposta.
Un confusionario episodio porta la ribellione di June ad un passo successivo e nonostante la retrocessione nel finale – in un climax ansiogeno – la puntata sviluppa la storia di June aggiungendo piccoli tasselli al bagaglio di esperienza della protagonista, che ha ormai toccato quasi tutti i punti della nuova dittatura. Un susseguirsi di eventi la portano a sfiorare il mondo delle Econopersone: sono coloro che si sono piegati pubblicamente alla religione dello Stato. Anche June avrebbe potuto fare la stessa fine, senza che le venisse tolta sua figlia, suo marito, la sua dignità. Ma June per lo Stato è un’adultera, in quanto seconda moglie di Luke. È una peccatrice e da tale deve essere trattata.
Non sappiamo molto di questa ancora inesplorata sfaccettatura della società, quello che si percepisce è che anche le donne non ridotte ad ancelle sottostanno ad un eguale tipo di schiavitù, professando una fede non loro, pubblicamente, pur di sopravvivere. È quello che comprende June, ma è quello che non comprende la moglie di Omar: come si fa a dar via il proprio figlio? L’esperienza di June le permette di capire la condizione di paura, servilismo che porta questa donna a ignorare l’inferno che è dilagato intorno a tutti. Comprensione che però non sembra essere contraccambiata; la facilità con cui viene emesso un giudizio è direttamente proporzionale alla sofferenza provata, alla sensibilità coltivata e all’istruzione ricevuta.
Ogni qualvolta si termina la visione di The Handmaid’s Tale si rimane fermi a riflettere su quanto appena visto, su quanto percepito. La serie Hulu ha la capacità di raccontare una storia trasmettendone le emozioni, gli odori, le bruttezze e le piccole scintille che alimentano ancora i personaggi. Che si tratti di un dialogo muto tra madre e figlia; che si tratti della propria identità violata e rubata; della pietà di un uomo che accoglie in casa sua un pericolo, o della donna che sente così lontana da sé un’altra madre, The Handmaid’s Tale riesce con poche battute ad aprire un dialogo interiore in chi ne apprezza la bellezza. Difficilmente la serie riesce a passare inosservata: ogni episodio riesce a toccare lo spettatore, stimolandone la riflessione e portandolo a domandarsi a cosa può davvero portare l”indifferenza, l’insensibilità e l’ignoranza.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Soundtrack
  • Parallelismo tra i vari flashback della madre e della figlia di June 
  • Il breve contatto tra June e la famiglia di Omar
  • Ruby/Moira: un’identità violata 
  • Climax crescente di tensione fino al finale
  • L’impatto delle immagini è il punto forte della serie che può fare a meno di dialoghi prolissi 
  • “Women are so adaptable, my mother would say. It’s truly amazing what we can get used to”
  • Episodio lento e confusionario
  • Poco focus sul contesto in cui June si muove

 

Alla fine di ogni episodio The Handmaid’s Tale ci lascia sempre con un po’ di amarezza e sempre con un po’ più di speranza.

 

Unwomen 2×02 NDmilioni – ND rating
Baggage 2×03 ND milioni – ND rating

 

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