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Esiste uno schema nelle recensioni di Doctor Who. Dopo un’attenta auto-analisi, il recensore si è reso conto di catalogare ogni episodio a seconda dei precedenti. Usanza comune, soprattutto ad inizio stagione, individuare l’episodio in analisi come facente parte di una macro-procedura narrativa che magari già aveva coinvolto Doctor Who nel più o meno recente passato.
Quando inizia una stagione con un nuovo Dottore o con dei nuovi companion (in questo caso si stanno verificando entrambi i casi, con l’aggiunta del nuovo showrunner), la successione delle prime avventure ha dei tratti comuni: prima avventura sul pianeta Terra (1×01, 2×00, 3×01, 4×01, 5×01, 7×06, 8×01 – però era il periodo vittoriano -, 10×01), segue avventura nel futuro o in un altro pianeta, avventura nel passato, ritorno nel pianeta Terra (seconda e terza opzione si possono anche invertire). “Arachnids In The UK” ricalca le orme di quegli episodi in cui i companion apparentemente sembrano voler tornare a casa, temporaneamente o definitivamente. In questa 11×04 si consuma la consacrazione di Ryan, Yaz e Graham come companion ufficiali, con tanto di scena finale toccante e simpatica, ma al limite dell’elementare.
Si è tanto elogiata nella 11×01 e nella 11×02 la leggerezza portata in scena da Chris Chibnall e non ci si rimangerà quanto detto. C’è però da aggiungere una considerazione. Se alla gravosità segue la leggerezza, lo spettatore tira un sospiro di sollievo, godendosi la boccata di aria fresca. Se alla nuova leggerezza si aggiungerà ulteriore leggerezza potrebbe iniziare ad insorgere un seme di insofferenza di chi, sì, ha avuto un momento di relax, ma ha fretta di tornare in un contesto maggiormente impegnativo. Chibnall lo ha detto: gli episodi di questa undicesima stagione saranno tutti così. Benissimo, sapendolo le aspettative saranno automaticamente predisposte. C’è però da dire che “Arachnids In The UK” gioca troppo su questa premessa, spingendo ancora di più l’acceleratore sulla tematica sociale (dopo la lezioncina di storia di “Rosa“), rimanendo però superficiale sulla trama verticale (che erano ‘ste sostanze tossiche che facevano crescere i ragni?), sulla definizione del villain (il personaggio interpretato da Chris Noth voleva essere odioso o comico? Non si capisce bene fino alla fine), e la pietas del Dottore verso il ragno gigante – momento che poteva garantire una buona dose di lirismo o un qualche monologo straziante – si riduce ad un breve momento.
Non ci saranno i Dalek né altri storici antagonisti, non ci saranno episodi doppi o lunghi story arc, va bene, fortunatamente non ci saranno neanche quelle lunghe ricerche introspettive cui avevamo assistito con l’avvento di Capaldi. Bisogna però ora fare i conti con un pubblico che, al netto della consapevolezza di quanto detto poco sopra e anche nella recensione della 11×01, ha alle spalle 10 stagioni e ha bisogno di identificare e riconoscere il personaggio che ha di fronte. Nulla da togliere al lavoro che sta compiendo Jodie Whittaker e sicuramente ci sarà tempo per garantirle un palcoscenico degno delle sue capacità, tuttavia, per ora la caratterizzazione data al personaggio sembra aver fatto numerosi salti indietro. Era accettabile questa leggerezza del personaggio con il primo Tennant, per dire, ora come ora è come se qualcosa fosse stato tolto al pubblico. La scrittura di Moffat andava superata sì, ma non scansata del tutto. Ovviamente si concede il beneficio del dubbio, sono passati solo quattro episodi ed è normale che le sensazioni siano ancora contrastanti.
Da sospendere il giudizio anche sui companion. A Yaz indubbiamente viene concessa un po’ più di tridimensionalità, semplicemente presentando la famiglia (il personaggio della madre in un episodio buca molto più lo schermo rispetto alla figlia, per ora, in quattro), sarà interessante vedere come si svilupperà il suo rapporto con il Dottore. Ryan era da subito, tra i tre, la figura più carismatica, non a caso questo nuovo ciclo di episodi si apriva proprio con lui. Tosin Cole dimostra una costante verve comica, differente da quella che di solito si riscontra nello show, sopra le righe quel tanto che basta. Il problema finora, in questo episodio specifico, è Graham. Sicuramente quello che meglio si era distinto nell’ultima uscita. Riservare a lui la parte più “intensa” dell’episodio non si rivela una scelta esatta. Il lutto non ha questo grande effetto, sia per le sequenze vagamente banali, sia perché il personaggio di Grace, in un solo episodio, non aveva avuto tutto questo tempo di colpire un pubblico che già sapeva chi sarebbe stato membro dell’equipaggio del Tardis e chi no.
Quando inizia una stagione con un nuovo Dottore o con dei nuovi companion (in questo caso si stanno verificando entrambi i casi, con l’aggiunta del nuovo showrunner), la successione delle prime avventure ha dei tratti comuni: prima avventura sul pianeta Terra (1×01, 2×00, 3×01, 4×01, 5×01, 7×06, 8×01 – però era il periodo vittoriano -, 10×01), segue avventura nel futuro o in un altro pianeta, avventura nel passato, ritorno nel pianeta Terra (seconda e terza opzione si possono anche invertire). “Arachnids In The UK” ricalca le orme di quegli episodi in cui i companion apparentemente sembrano voler tornare a casa, temporaneamente o definitivamente. In questa 11×04 si consuma la consacrazione di Ryan, Yaz e Graham come companion ufficiali, con tanto di scena finale toccante e simpatica, ma al limite dell’elementare.
Si è tanto elogiata nella 11×01 e nella 11×02 la leggerezza portata in scena da Chris Chibnall e non ci si rimangerà quanto detto. C’è però da aggiungere una considerazione. Se alla gravosità segue la leggerezza, lo spettatore tira un sospiro di sollievo, godendosi la boccata di aria fresca. Se alla nuova leggerezza si aggiungerà ulteriore leggerezza potrebbe iniziare ad insorgere un seme di insofferenza di chi, sì, ha avuto un momento di relax, ma ha fretta di tornare in un contesto maggiormente impegnativo. Chibnall lo ha detto: gli episodi di questa undicesima stagione saranno tutti così. Benissimo, sapendolo le aspettative saranno automaticamente predisposte. C’è però da dire che “Arachnids In The UK” gioca troppo su questa premessa, spingendo ancora di più l’acceleratore sulla tematica sociale (dopo la lezioncina di storia di “Rosa“), rimanendo però superficiale sulla trama verticale (che erano ‘ste sostanze tossiche che facevano crescere i ragni?), sulla definizione del villain (il personaggio interpretato da Chris Noth voleva essere odioso o comico? Non si capisce bene fino alla fine), e la pietas del Dottore verso il ragno gigante – momento che poteva garantire una buona dose di lirismo o un qualche monologo straziante – si riduce ad un breve momento.
Non ci saranno i Dalek né altri storici antagonisti, non ci saranno episodi doppi o lunghi story arc, va bene, fortunatamente non ci saranno neanche quelle lunghe ricerche introspettive cui avevamo assistito con l’avvento di Capaldi. Bisogna però ora fare i conti con un pubblico che, al netto della consapevolezza di quanto detto poco sopra e anche nella recensione della 11×01, ha alle spalle 10 stagioni e ha bisogno di identificare e riconoscere il personaggio che ha di fronte. Nulla da togliere al lavoro che sta compiendo Jodie Whittaker e sicuramente ci sarà tempo per garantirle un palcoscenico degno delle sue capacità, tuttavia, per ora la caratterizzazione data al personaggio sembra aver fatto numerosi salti indietro. Era accettabile questa leggerezza del personaggio con il primo Tennant, per dire, ora come ora è come se qualcosa fosse stato tolto al pubblico. La scrittura di Moffat andava superata sì, ma non scansata del tutto. Ovviamente si concede il beneficio del dubbio, sono passati solo quattro episodi ed è normale che le sensazioni siano ancora contrastanti.
Da sospendere il giudizio anche sui companion. A Yaz indubbiamente viene concessa un po’ più di tridimensionalità, semplicemente presentando la famiglia (il personaggio della madre in un episodio buca molto più lo schermo rispetto alla figlia, per ora, in quattro), sarà interessante vedere come si svilupperà il suo rapporto con il Dottore. Ryan era da subito, tra i tre, la figura più carismatica, non a caso questo nuovo ciclo di episodi si apriva proprio con lui. Tosin Cole dimostra una costante verve comica, differente da quella che di solito si riscontra nello show, sopra le righe quel tanto che basta. Il problema finora, in questo episodio specifico, è Graham. Sicuramente quello che meglio si era distinto nell’ultima uscita. Riservare a lui la parte più “intensa” dell’episodio non si rivela una scelta esatta. Il lutto non ha questo grande effetto, sia per le sequenze vagamente banali, sia perché il personaggio di Grace, in un solo episodio, non aveva avuto tutto questo tempo di colpire un pubblico che già sapeva chi sarebbe stato membro dell’equipaggio del Tardis e chi no.
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Un Save che sa molto di ultima chiamata. L’accettabilità di questo episodio è dato solo dai precedenti, soprattutto nel periodo di Russell T. Davies, che vedevano decollare la serie con i suoi tempi. E’ lecito aspettarsi un po’ più di intensità nel prossimo futuro.
Rosa 11×03 | 6.40 milioni – ND rating |
Arachnids In The UK 11×04 | 6.43 milioni – ND rating |
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.