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“In Italy, for thirty years under the Borgias, they had warfare, terror, murder and bloodshed, but they produced Michelangelo, Leonardo da Vinci and the Renaissance. In Switzerland, they had brotherly love, they had five hundred years of democracy and peace – and what did that produce? The cuckoo clock.“
[Orson Welles – The Third Man]
La seconda stagione de I Medici sembra chiudersi nello stesso spirito della celebre battuta wellesiana, mostrando come i tempi bui e turbolenti non rappresentino un ostacolo per le arti ma, anzi, un possibile sprone per esse: nella finzione della co-produzione anglo-italiana, infatti, la Primavera di Botticelli nasce nel bel mezzo dei tumulti e della distruzione, come reazione agli orrori di un’epoca di sangue, fissando per sempre la bellezza del mondo che c’è al di là delle stragi, delle congiure, dei massacri e delle impiccagioni. Ma il quadro è nello stesso tempo una reazione al ben più universale dramma della morte, una dimostrazione della vita che va avanti, cercando nel lavoro un modo per sfuggire all’apatia e al dolore, e ovviamente anche un esempio della potenza eternatrice dell’opera d’arte: non è un caso che vi siano raffigurati proprio i defunti Giuliano e Simonetta, nei panni rispettivamente di Mercurio e di una delle Grazie.
“Tradimento” e “Consacrazione” sono senza ombra di dubbio i migliori episodi di questa seconda stagione de I Medici, i più solidi e convincenti, ben scritti, ben girati, con diversi momenti al cardiopalmo e la crudezza che ci si aspetta da una serie storica ambientata nel Rinascimento italiano. Archiviate ormai definitivamente le varie trame sentimentali che avevano dato vita ad una vera e propria soap in costume, la narrazione può concentrarsi su un evento di ben altra caratura: la congiura dei Pazzi, ossia l’ultimo disperato tentativo dell’omonima famiglia di far fuori i Medici, risolto paradossalmente nel trionfo del superstite Lorenzo, che poté sbarazzarsi degli odiosi rivali e rafforzare il proprio dominio sulla repubblica fiorentina. Un evento che ispirò già una tragedia di Alfieri e che ha trovato incarnazioni più recenti nel videogioco Assassin’s Creed II e nella serie Da Vinci’s Demons.
“Il sangue dei Medici dev’essere versato” aveva detto Jacopo Pazzi in chiusura di “Alleanza”. Se quel frangente rappresentava la nascita del progetto di congiura, in “Tradimento” ne viene mostrata la certosina preparazione, resa più complessa dalla necessità di eliminare contemporaneamente entrambi i fratelli, onde evitare che il superstite cerchi di vendicare l’ucciso con l’appoggio del popolo fiorentino: da qui cambi di programma, rinvii, persino contrasti tra i congiurati.
Lascia perplessi il modo in cui è presentato il coinvolgimento di Sisto IV nel complotto, perché si opta per mostrarcelo ancora una volta come un pontefice ingenuo, zelante ma facile da ingannare, intortato senza troppi problemi dalle bugie di Francesco Salviati, che finisce per dare il suo consenso al complotto solo perché manovrato dall’abile burattinaio e per di più di malavoglia. Si ha quasi l’impressione che gli autori avessero troppa paura di presentare al pubblico italiano un papa “cattivo” e di mostrare che nel XV secolo non c’erano figure come Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II ma piuttosto politici spregiudicati, senza scrupoli, che non di rado si macchiavano le mani di sangue; molto meglio farne un sant’uomo la cui unica colpa è di fidarsi troppo ciecamente dei poco di buono che lo circondano. I vari pontefici rinascimentali interpretati magistralmente negli ultimi anni da Jeremy Irons, John Dorman e James Faulkner (quest’ultimo faceva proprio Sisto IV in Da Vinci’s Demons) gridano vendetta!
“Il sangue dei Medici dev’essere versato” aveva detto Jacopo Pazzi in chiusura di “Alleanza”. Se quel frangente rappresentava la nascita del progetto di congiura, in “Tradimento” ne viene mostrata la certosina preparazione, resa più complessa dalla necessità di eliminare contemporaneamente entrambi i fratelli, onde evitare che il superstite cerchi di vendicare l’ucciso con l’appoggio del popolo fiorentino: da qui cambi di programma, rinvii, persino contrasti tra i congiurati.
Lascia perplessi il modo in cui è presentato il coinvolgimento di Sisto IV nel complotto, perché si opta per mostrarcelo ancora una volta come un pontefice ingenuo, zelante ma facile da ingannare, intortato senza troppi problemi dalle bugie di Francesco Salviati, che finisce per dare il suo consenso al complotto solo perché manovrato dall’abile burattinaio e per di più di malavoglia. Si ha quasi l’impressione che gli autori avessero troppa paura di presentare al pubblico italiano un papa “cattivo” e di mostrare che nel XV secolo non c’erano figure come Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II ma piuttosto politici spregiudicati, senza scrupoli, che non di rado si macchiavano le mani di sangue; molto meglio farne un sant’uomo la cui unica colpa è di fidarsi troppo ciecamente dei poco di buono che lo circondano. I vari pontefici rinascimentali interpretati magistralmente negli ultimi anni da Jeremy Irons, John Dorman e James Faulkner (quest’ultimo faceva proprio Sisto IV in Da Vinci’s Demons) gridano vendetta!
La scrittura di John Fay, che si occupa di entrambi gli episodi, ha comunque il merito di mantenere sempre alta la suspense e di impedire allo spettatore di rilassarsi troppo, perché ogni volta che il piano dei Pazzi sembra fallire ecco un nuovo stratagemma, ecco una nuova occasione per colpire. Da un lato, man mano che si va avanti, si stringe il cappio intorno al collo di Lorenzo e di Giuliano; ma contemporaneamente si fa ancora più disperata la situazione dei congiurati, che passano dall’idea di uccidere i due fratelli dopo averli separati geograficamente, all’omicidio nel corso di un banchetto, fino alla decisione finale e per molti versi incosciente (che infatti costerà l’appoggio del Montesecco) di ucciderli nel bel mezzo della messa, nel momento più sacro della celebrazione eucaristica. Il senso di catastrofe imminente, che può essere evitata un paio di volte ma non per sempre, si fa via via più forte e palpabile, sicché anche lo spettatore completamente digiuno di storia rinascimentale finisce per capire che la perseveranza dei congiurati sarà in qualche modo ripagata.
E infatti la tragedia puntualmente si verifica in “Consacrazione”, episodio che già dal titolo allude al trionfo finale di Lorenzo, acclamato quasi fosse un messia dal popolo fiorentino per aver assicurato pace, lavoro e arte, ma che, nello stesso tempo, porta in scena una vittoria assai amara: c’è la morte di Giuliano, sì, ma c’è anche il fallimento di qualsiasi tentativo di pacificazione con i Pazzi, tanto più doloroso se si pensa che le parole di Contessina morente erano proprio esortazioni al piccolo Lorenzo a tendere un ramo d’ulivo alla famiglia rivale. I corpi di Jacopo e Francesco impiccati alle finestre del Palazzo della Signoria sono emblema non tanto della fine di una famiglia o di un’epoca (di certo Lorenzo non instaurò una vera democrazia e non sovvertì le istituzioni della repubblica fiorentina), quanto piuttosto del sogno di ricomporre l’antica frattura tra le due casate: rappresentano sì il trionfo di Lorenzo, ma anche e soprattutto la sconfitta definitiva del suo approccio pacifico e fraterno, che deve cedere inevitabilmente il passo ad una reazione ben più cruda e violenta, anzi, ad una vera e propria iconoclastia nei confronti dei nemici. In questa furia cieca finisce per rimanere coinvolta anche la sorella di Lorenzo, Bianca, che è spinta di fatto a voltare le spalle alla famiglia per seguire in esilio il marito Guglielmo, innocente eppure colpevole di avere lo stesso sangue dei congiurati. Insomma, alla fine della fiera il nostro eroe ne esce politicamente più forte che mai, anche se resta da vedere come sopravvivrà alla guerra col papato, ma umanamente malconcio, privato di metà della famiglia.
Per alcuni versi, il finale offerto da “Consacrazione” è troppo aperto: la narrazione si chiude proprio nel momento in cui le armate papali marciano su Firenze, senza spiegare quali conseguenze politiche, militari e religiose subiranno Lorenzo e i suoi concittadini. Se non si sapesse che è il season finale ci si aspetterebbe almeno un altro paio di episodi. Se non si sapesse che la terza stagione è già stata confermata, si resterebbe in apprensione per il timore di vedere la serie cancellata senza una conclusione. Manca quel senso di chiusura completa, perfetta, che c’era invece nell’ultimo episodio della scorsa stagione. Certo, basta aprire un libro di storia (o andare su Wikipedia) per scoprire come si concluse la guerra, e probabilmente la terza stagione riprenderà in qualche modo la narrazione, ma un paio di episodi in più forse non avrebbero guastato.
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In chiusura di stagione I Medici riesce a farsi perdonare per certe lungaggini e certe insistenze sulle trame più fastidiosamente soap, perché si ricorda di essere prima di tutto una serie sulla storia e non un Beautiful in abiti del Quattrocento. Sicuramente la televisione italiana avrebbe bisogno di più prodotti come questi, imprecisi e raffazzonati in alcuni punti ma certamente diversi rispetto alla media delle produzioni nostrane.
Alleanza 2×06 | 3.79 milioni – 17.5% share |
Tradimento 2×07 | 4.29 milioni – 16.7 % share |
Consacrazione 2×08 | 4.21 milioni – 19.7 % share |
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.