Mr. Robot 4×05 – 405 Method Not AllowedTEMPO DI LETTURA 7 min

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Sam Esmail ha capito che in un’era post-network ed in piena peak tv, dove lo standard medio si è elevato a dismisura quanto sono aumentate le produzioni originali, ci si deve distinguere. Lo fa partendo dai piccoli dettagli, dalla cura formale, dalla scrittura, cercando, come faceva la HBO quando ha avviato la sua rivoluzione, puntando sì a rendere ogni episodio un mini-evento (I Soprano) “cinematografico”, ma tenendo sempre ben presente le potenzialità offerte dal medium televisivo, dal racconto seriale (The Wire). Un’ambivalenza fondamentale, non colta da molti prodotti recenti, che per privilegiare lo status artistico (ed economico) finalmente riconosciutogli, arrivano a trascurarle (Game of Thrones). Mr. Robot appartiene invece a quei pochi prodotti che ancora non si accontentano, che cercano di stimolare lo spettatore, portarlo a vedere qualcosa che ancora non ha visto, che magari neanche comprende nell’immediato (The Leftovers/Legion) ma ne rimane comunque affascinato, senza preoccuparsi esclusivamente di assecondare il suo gusto (Netflix, ultimamente con The End of the F***ing World, per fortuna non sempre, si prenda ad esempio Mindhunter).
Un’attenzione quindi che parte fin dagli elaborati e sempre diversi titoli di testa (e di episodi), propagandosi per tutto un episodio tecnicamente clamoroso, ma rimanendo comunque coerente alla sua narrazione episodica, in una perfetta sintesi dei due linguaggi audiovisivi. Non solo riguardo il percorso dei protagonisti, ma a livello di scrittura (vedasi le due battute che aprono e chiudono la puntata), la scelta delle musiche, con l’ambientazione natalizia onnipresente a caratterizzare ogni sua componente: tutto è stratificato, complesso, pieni di sottotesti da scoprire, eppure è al tempo stesso meravigliosamente adrenalinico e spettacolare da fruire.

 

Darlene: We don’t have to talk

 

Natale è arrivato, urgono preparativi per i festeggiamenti, riunioni gioiose con i propri familiari e vicini più cari, eppure in Mr. Robot tutti i protagonisti hanno ben altro a cui pensare. In un episodio quasi nessuno “parla”, i dialoghi sono minimi, e non si sente (e non si vede) perfino lo stesso Mr. Robot/Christian Slater. La comunicazione avviene per altre forme. Diverse modalità che caratterizzano singolarmente ogni personaggio, ogni rapporto con l’interlocutore. Si va dalla psicologa di Elliot e il proprio partner, che per messaggi sembrano gli unici a preoccuparsi della festa, ignari che i loro programmi andranno probabilmente in fumo; ai due sorveglianti della Virtual Realty, che sempre telefonicamente gestiscono l’attacco dei due hacker protagonisti; a Dom, il cui scambio con la Dark Army evidenzia il suo esserne in totale balia di quest’ultima; fino a Price che con loro non parla neanche direttamente, ma per indizi e messaggi, in una bizzarra caccia al tesoro che dimostra solo come Whiterose può arrivare ovunque, facendo anche a meno della tecnologia. Tutti, in un modo o nell’altro, sono allora in una posizione subalterna, d’inferiorità, mentre coloro che invece scelgono il totale silenzio sono proprio Elliot e Darlene. Per loro non c’è bisogno di “parlare”, appunto, dopo aver assaggiato l’eventualità di perdere l’altro, ora hanno raggiunto la totale in sintonia. Se anche loro praticamente comunicano attraverso diversi dispositivi, lo fanno per manipolarli, prenderne il controllo ed esserne finalmente liberi.
Alla quarta stagione può risultare superfluo dirlo, ma probabilmente il più grande merito di Mr. Robot, specie rispetto alle altre serie a sfondo “informatico”, è proprio come la tecnologia non sia solo un “tema”, uno strumento narrativo perlopiù metaforico con sviluppi spesso scontati (Black Mirror). Nella serie di Esmail, piuttosto, questa è totalmente aderente ad ogni elemento della messa in scena, raccontando la società contemporanea davvero nel profondo, come sia stata sì completamente trasformata, dal livello più alto (i grandi centri di potere e le nuove dinamiche che muovono il mondo) fino a quello più basso (appunto, il quotidiano e i messaggi per dire praticamente qualsiasi cosa). In questo mondo, allora, in cui la tecnologia comanda su ogni cosa, l’essere umano e le sue emozioni lottano per sopravvivere. È qui che si consuma la lotta dell’ultimo millennio, tra l’onnipotenza della macchina e la superiorità intellettuale ed emotiva (ancora per poco?) dell’uomo.

 

Yippie-Ki-Yay, Motherfucker!

 

Forse l’ambientazione natalizia, a questo punto, non è affatto un caso. Come se l’autore volesse ripercorrere la “parabola” di Elliot, nato come figlio di Dio/Mr.Robot/tecnologia, profeta di una rivoluzione, di una vera guerra santa contro i potenti. Ma la Dark Army, suo alleato della prima ora, dall’aura “divina”, si è rivelata malvagia (con tanto di maschere demoniache), Whiterose l’angelo decaduto Lucifero che tenta e corrompe ogni cosa. Tra sacro e profano, ecco che la solenne Ave Maria di Schubert si alterna ai “rozzi” bassi, indicatori della tensione umana; ecco che la Vergine Maria con presepe vivente al seguito si materializza su un autobus urbano. Perché Elliot si è accorto di non essere in realtà altro che un uomo, un fratello, come testimonia quel salto nel vuoto a fine episodio: quando è senza via d’uscita si lancia e non gli resta altro che avere fede.
Come racconta il cinema, specie quello d’azione, essere “semplici” umani infatti non significa non essere capaci di compiere lo stesso azioni straordinarie. Ed Esmail mostra per ben due volte uno dei film più iconici in questo senso, quel Die Hard – Trappola di cristallo (ambientato, guarda un po’, sempre a Natale) in cui Bruce Willis completamente da solo fronteggiava una spietata banda criminale. Tutta l’intrusione nel palazzo della Virtual Realy, per regia, musica, fotografia, montaggio, ha d’altronde i caratteri di quel cinema, nella forma più raffinata possibile (fuga per le scale, scenograficamente pazzesca, su tutte). Esmail si appropria dei generi, della tradizione action ed heist movie, facendola sua, senza replicarla e basta e secondo le “sue” dinamiche, ossia mostrando quell’evoluzione della società che non vede più fucili ed esplosivi come armi prescelte, ma un laptop e una chiavetta usb. Elliot e Darlene sono di nuovo i simboli di questa trasformazione, nel ruolo tanto del criminale, geniale e perfettamente, organizzato Alan Rickman, quanto in quello dell’eroe braccato e irridubicile John McClane: essere umani ambigui, controversi, dalle diverse sfumature e non assoluti e infallibili come una macchina.
Si ritorna sempre lì. La straordinarietà di McClane sta tutta nell’essere un poliziotto, un marito, un uomo medio alla base, così la bellezza di Elliot e Darlene (e Price e Dom), che questo episodio risalta come mai prima, sta proprio nel loro rimanere umani nel profondo, pieni di insicurezze e problemi, dietro il loro essere speciali, unici, delle vere divinità nella propria area di competenza (la tecnologia, appunto). Non è allora per niente un caso se dopo l’hackeraggio perfetto li si vede scappare, per le scale o in mezzo al traffico; se la musica sparisce sostituita esclusivamente dai loro respiri in macchina; se di Mr. Robot non c’è mai traccia. Perché con quel salto dal ponte si ritorna a quel ragazzino lanciato(si) dalla finestra, perché a compiere quest’impresa sono stati solo Elliot e Darlene. Loro, soli a stringersi la mano e nessun altro, nessuna FSociety, Price o Dom, né padre/Mr. Robot/Dio. E da soli ce l’hanno fatta, contro un mondo pronto a richiamarli a parlare (con le tre, geniali in questo senso, conclusioni delle altrettante storyline parallele). Natale alla fine è davvero arrivato e non si può più ignorare.

 

Vega: “It’s time we talked”.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Finali delle tre storyline di Dom, Price e Krista: non si finisce mai, a proposito dell’importanza della serialità, quella fatta bene
  • Un heist movie televisivo, tra i più belli di sempre 
  • Umani/tecnologia/divinità/John McClane
  • John McTiernan sarà sicuramente fiero di tutto questo 
  • Dio benedica Sam Esmail  
  • Non ci piace mai usare questa parola a sproposito, però… capolavoro.
  • Dev’essere proprio l’ultima stagione?

 

Cosa aggiungere se non: speriamo che l’ultimo episodio non arrivi mai.

 

404 Not Found 4×04 0.35 milioni – 0.1 rating
405 Method Not Allowed 4×05 0.31 milioni – 0.1 rating

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