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E’ arrivato il momento di confrontarsi con le proprie paure, quelle più tetre e tenute all’oscuro anche delle persone più care. E’ arrivato, per The Outsider, il momento dell’agognata scesa in campo del Male, non inteso qui con accezione metafisica bensì tangibile e concreta.
Come si faceva notare nella scorsa recensione, Stephen King ha sempre nascosto tra le pagine dei suoi libri un sottotesto soprannaturale inerente al male. Ma, per l’appunto, lo ha sempre celato: niente rivelazioni vere e proprie, molto misticismo e tanta libera interpretazione per il lettore.
In The Dead Zone (1979), The Stand (1978) e Desperation (1996), per esempio, il male viene solamente abbozzato e presentato, prima ancora di figura in carne ed ossa, in pura raffigurazione allegorica. Via via che le storie si dipanano, però, tutti e tre i romanzi vanno ad introdurre sempre più questo negativismo fatto persona (Flagg, Tak, Stillson). The Outsider, da questo punto di vista, rappresenta un passo in avanti (con rivelazione in tempi non sospetti), ma anche una continuità narrativa non indifferente (specialmente con Desperation, si può iniziare a supporre).
Il male è già stato smascherato e mostrato allo spettatore: ha la faccia di Terry Maitland. Eppure non è Terry e, da pura e semplice supposizione, questa idea inizia a diventare concreto presagio di qualcosa di più grande.
La puntata, nonostante la qualità pur sempre d’alto livello, porta in essere una certa ridondanza narrativa (l’Uomo Nero che ripete tramite terzi a Frank di interrompere le proprie investigazioni, per esempio) ed un certo attendismo (poco aggiunge Holly alla sua già approfondita caccia all’uomo).
Come detto durante l’episodio, si sta risalendo il fiume per capire dove esattamente tutto quello che sembra essersi concluso con Terry (ma che lo spettatore sa non essere l’ultima vittima) sia effettivamente partito. Una corsa, a ritroso, contro il tempo e contro il male più assoluto.
E’ da appuntare, tuttavia, che questa misticità del male risulta anche molto conveniente nel momento in cui bisogna cercare di dare effettive spiegazioni alla storia: quando questa virerà sul cercare di presentare l’Uomo Nero e la sua “creazione” allo spettatore è plausibile che gli sceneggiatori cerchino di salvare il tutto puntando sull’effetto magia, una sorta di mossa Kansas City per prendere distanza dal soggetto e dal quesito altresì lasciato irrisolto.
Gli sceneggiatori, però, potrebbero sempre decidere di non dare alcun tipo di risposta (quindi nemmeno tentare, per evitare di terminare in qualche cul-de-sac narrativo), a questo punto forse la scelta migliore.
Come si faceva menzione, “Tear-Drinker” si attesta a livello qualitativo sullo stesso piano degli episodi precedenti, ma mostra un certo attendismo che, arrivati al quinto episodio, forse risulta anche giustificabile e comprensibile. Le investigazioni continuano ad essere portate avanti nonostante lo stesso Uomo Nero compaia in scena e ripeta quanto già detto alla figlia di Terry. Un nemico enigmatico sempre più presente e che viene percepito dallo spettatore (e anche dai personaggi in scena), nonostante continui a rimanere ancora molto sfuggevole e criptico in ogni sua breve (ed intimidatoria) comparsata.
Come si faceva notare nella scorsa recensione, Stephen King ha sempre nascosto tra le pagine dei suoi libri un sottotesto soprannaturale inerente al male. Ma, per l’appunto, lo ha sempre celato: niente rivelazioni vere e proprie, molto misticismo e tanta libera interpretazione per il lettore.
In The Dead Zone (1979), The Stand (1978) e Desperation (1996), per esempio, il male viene solamente abbozzato e presentato, prima ancora di figura in carne ed ossa, in pura raffigurazione allegorica. Via via che le storie si dipanano, però, tutti e tre i romanzi vanno ad introdurre sempre più questo negativismo fatto persona (Flagg, Tak, Stillson). The Outsider, da questo punto di vista, rappresenta un passo in avanti (con rivelazione in tempi non sospetti), ma anche una continuità narrativa non indifferente (specialmente con Desperation, si può iniziare a supporre).
Il male è già stato smascherato e mostrato allo spettatore: ha la faccia di Terry Maitland. Eppure non è Terry e, da pura e semplice supposizione, questa idea inizia a diventare concreto presagio di qualcosa di più grande.
La puntata, nonostante la qualità pur sempre d’alto livello, porta in essere una certa ridondanza narrativa (l’Uomo Nero che ripete tramite terzi a Frank di interrompere le proprie investigazioni, per esempio) ed un certo attendismo (poco aggiunge Holly alla sua già approfondita caccia all’uomo).
Come detto durante l’episodio, si sta risalendo il fiume per capire dove esattamente tutto quello che sembra essersi concluso con Terry (ma che lo spettatore sa non essere l’ultima vittima) sia effettivamente partito. Una corsa, a ritroso, contro il tempo e contro il male più assoluto.
E’ da appuntare, tuttavia, che questa misticità del male risulta anche molto conveniente nel momento in cui bisogna cercare di dare effettive spiegazioni alla storia: quando questa virerà sul cercare di presentare l’Uomo Nero e la sua “creazione” allo spettatore è plausibile che gli sceneggiatori cerchino di salvare il tutto puntando sull’effetto magia, una sorta di mossa Kansas City per prendere distanza dal soggetto e dal quesito altresì lasciato irrisolto.
Gli sceneggiatori, però, potrebbero sempre decidere di non dare alcun tipo di risposta (quindi nemmeno tentare, per evitare di terminare in qualche cul-de-sac narrativo), a questo punto forse la scelta migliore.
Come si faceva menzione, “Tear-Drinker” si attesta a livello qualitativo sullo stesso piano degli episodi precedenti, ma mostra un certo attendismo che, arrivati al quinto episodio, forse risulta anche giustificabile e comprensibile. Le investigazioni continuano ad essere portate avanti nonostante lo stesso Uomo Nero compaia in scena e ripeta quanto già detto alla figlia di Terry. Un nemico enigmatico sempre più presente e che viene percepito dallo spettatore (e anche dai personaggi in scena), nonostante continui a rimanere ancora molto sfuggevole e criptico in ogni sua breve (ed intimidatoria) comparsata.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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The Outsider mantiene il proprio alto livello in campo puramente tecnico (regia e fotografia in primis), ma subisce un certo rallentamento dal punto di vista della sceneggiatura: ridondanza, attendismo e misticità connivente sono le parole d’ordine d’un episodio comunque più che sufficiente. Ma Jason Bateman non lo vedremo proprio più? Che peccato.
Que Viene El Coco 1×04 | 0.99 milioni – 0.3 rating |
Tear-Drinker 1×05 | 0.58 milioni – 0.2 rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.