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Sembrerebbe assurdo ribadire che anche questa decima puntata della quarta stagione di American Horror Story non si discosta poi così tanto dalle puntate precedenti di una stagione estremamente altalenante, e invece ci ritroviamo a ribadire lo stesso concetto. E’ un vero peccato constatare questa situazione in una serie che sin da subito si è distinta dalle altre mostrando il suo grande potenziale in un contesto che negli ultimi anni girava un po’ intorno a sè stesso mordendosi la coda. Purtroppo American Horror Story si è perso nelle ultime due stagioni; lontani sono i tempi di Murder House e Asylum… è vero, questa frase è stata ripetuta all’infinito, ma ci sarà un motivo se continua a risuonare sulla bocca dei fan più accaniti, o no? Con la seconda stagione ci siamo letteralmente leccati i baffi ed è naturale che al solo nominare la serie la goduria sia palpabile, ed è proprio questo che ci tiene incollati al calendario nel contare i giorni che ci separano dall’inizio di una nuova stagione, purtroppo non a quelli che mancano alla puntata successiva.
Freak Show doveva categoricamente essere (e l’imperativo è usato di proposito) tutto ciò che Coven non è stato, sia grazie all’aiuto di un’ambientazione di maggiore effetto, sia grazie all’abbondare di spunti narrativi, e non, di cui è intriso questo argomento. Invece ci ritroviamo in una specie di remake (per quanto riguarda gli errori) della terza stagione, cosa che arrivati al quarto anno non è più accettabile né tantomeno concepibile.
Era doveroso fare questo preambolo perché altrimenti non si spiegherebbe come una puntata piena di racconti e commozioni non sia stata apprezzata fino in fondo.
La prima metà dell’episodio poteva essere tranquillamente trascurata, nel senso che Pepper non è stato di certo un personaggio che ha avuto all’interno del Freak Show un ruolo tanto importante da giustificare un approfondimento del suo passato durato 40 minuti. Questa affermazione non vuole di certo negare che i flashback a cui abbiamo assistito non abbiano colpito la sensibilità di ognuno di noi, ma ciò non toglie che il tutto sia stato una forzatura evidentissima solo per arrivare a raccontare ciò che poi vediamo nella seconda parte della puntata.
Per settimane sul web abbiamo letto dichiarazioni di Murphy in cui affermava come le trame di tutte le stagioni di American Horror Story siano collegate tra di loro, e in Orphans vediamo il concretizzarsi di tali affermazioni nel rispolverare il plot più amato dai fan. Caso o strategia? Senza dubbio un occhiolino lanciato ai famelici fan della vecchia guardia.
Non si può non ammettere però che la seconda parte della puntata sia stata particolarmente interessante e apprezzabile e che, di conseguenza, giustifichi la messa in onda della prima, ma dagli autori, che dell’alternatività hanno fatto il loro pane quotidiano, ci si poteva aspettare un ricamo migliore di trama. Qui non vi sono problemi di regia, di fotografia, di attori, di recitazione e via dicendo, ma soltanto problemi di tessitura della trama e di come i buchi narrativi (che sono sempre stati una prerogativa del telefilm) occupino oggi un posto predominante rispetto a tutto il resto.
Per concludere, come si può non apprezzare una puntata che ci riporta nelle atmosfere tanto amate di Asylum, che ci fa rivivere la sua claustrofobia (come detto nella precedente recensione), che ci fa ritrovare faccia a faccia con Mary Eunice (Lily Rabe la cui mancanza cominciava a farsi sentire)? Ma se l’unico aspetto positivo è il ritorno agli antichi albori, vuol dire che qualcosa in questa stagione non sta funzionando a dovere. Uno sguardo al passato è sempre ben accetto ma il riutilizzo di situazioni già viste non è un escamotage che giustifica i mezzi. Il Freak Show deve poter camminare con le proprie gambe e non riciclare Asylum e farlo suo, non è questo il genere di show che aveva stregato il mondo.
Freak Show doveva categoricamente essere (e l’imperativo è usato di proposito) tutto ciò che Coven non è stato, sia grazie all’aiuto di un’ambientazione di maggiore effetto, sia grazie all’abbondare di spunti narrativi, e non, di cui è intriso questo argomento. Invece ci ritroviamo in una specie di remake (per quanto riguarda gli errori) della terza stagione, cosa che arrivati al quarto anno non è più accettabile né tantomeno concepibile.
Era doveroso fare questo preambolo perché altrimenti non si spiegherebbe come una puntata piena di racconti e commozioni non sia stata apprezzata fino in fondo.
La prima metà dell’episodio poteva essere tranquillamente trascurata, nel senso che Pepper non è stato di certo un personaggio che ha avuto all’interno del Freak Show un ruolo tanto importante da giustificare un approfondimento del suo passato durato 40 minuti. Questa affermazione non vuole di certo negare che i flashback a cui abbiamo assistito non abbiano colpito la sensibilità di ognuno di noi, ma ciò non toglie che il tutto sia stato una forzatura evidentissima solo per arrivare a raccontare ciò che poi vediamo nella seconda parte della puntata.
Per settimane sul web abbiamo letto dichiarazioni di Murphy in cui affermava come le trame di tutte le stagioni di American Horror Story siano collegate tra di loro, e in Orphans vediamo il concretizzarsi di tali affermazioni nel rispolverare il plot più amato dai fan. Caso o strategia? Senza dubbio un occhiolino lanciato ai famelici fan della vecchia guardia.
Non si può non ammettere però che la seconda parte della puntata sia stata particolarmente interessante e apprezzabile e che, di conseguenza, giustifichi la messa in onda della prima, ma dagli autori, che dell’alternatività hanno fatto il loro pane quotidiano, ci si poteva aspettare un ricamo migliore di trama. Qui non vi sono problemi di regia, di fotografia, di attori, di recitazione e via dicendo, ma soltanto problemi di tessitura della trama e di come i buchi narrativi (che sono sempre stati una prerogativa del telefilm) occupino oggi un posto predominante rispetto a tutto il resto.
Per concludere, come si può non apprezzare una puntata che ci riporta nelle atmosfere tanto amate di Asylum, che ci fa rivivere la sua claustrofobia (come detto nella precedente recensione), che ci fa ritrovare faccia a faccia con Mary Eunice (Lily Rabe la cui mancanza cominciava a farsi sentire)? Ma se l’unico aspetto positivo è il ritorno agli antichi albori, vuol dire che qualcosa in questa stagione non sta funzionando a dovere. Uno sguardo al passato è sempre ben accetto ma il riutilizzo di situazioni già viste non è un escamotage che giustifica i mezzi. Il Freak Show deve poter camminare con le proprie gambe e non riciclare Asylum e farlo suo, non è questo il genere di show che aveva stregato il mondo.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Leggendo la tabella si potrebbe pensare ad un errore di trascrizione, ma in realtà sia la storia di Pepper sia il ritorno ad Asylum rappresentano contemporaneamente gli aspetti positivi e negativi di questa decima puntata. L’appuntamento con American Horror Story è fissato al 7 gennaio 2015 e si prospettano grandi novità con l’ingresso in scena di Neil Patrick Harris, meglio noto come il Barney Stinson della tanto amata How I Met Your Mother. Tuttavia come già affermato, non è il cast il problema della serie, ma la narrazione, di conseguenza non possiamo che sperare che la pausa natalizia porti consiglio agli autori.
Tupperware Party Massacre 4×09 | 3.00 milioni – 1.5 rating |
Orphans 4×10 | 2.99 milioni – 1.5 rating |
Sponsored by American Horror Story ITALIA
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.