Better Call Saul 1×09 – PimentoTEMPO DI LETTURA 7 min

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Wait. I’m not a bad guy”
I didn’t say you were a bad guy. I said you’re a criminal
What’s the difference?
I’ve known good criminals and bad cops. Bad priests. Honorable thieves. You can be on one side of the law or the other. But if you make a deal with somebody, you keep your word

Considerando che Better Call Saul non solo si svolge, narrativamente, nello stesso universo diegetico di Breaking Bad, ma ne condivide anche gli stessi autori, risulta quantomeno naturale che arrivi a ricalcarne anche una certa filosofia di fondo. Ovvero quella della propensione alla corruzione dell’essere umano, dei limiti morali imposti dalla concezione occidentale, non così marcati come si vuol pensare, di quel labile confine tra bianco e nero, insomma, che tanto va di moda nell’ultimo periodo. Le parole di Mike si collegano così, in un modo diretto, e quindi non fine a se stesso, a quelle dell’impressionante, per la sua inaspettata durezza, sfogo di Chuck al fratello Jimmy:”The law is sacred! If you abuse that power, people get hurt. This is not a game“. Una sentenza quasi profetica, visto il destino riservato al futuro Saul Goodman, come testimonia il flash-forward in bianco e nero del pilot, o allo stesso Ehrmantraut, che finirà colpito a morte dal socio in affari Heisenberg. Un gioco raffinato di rimandi e citazioni, quindi, soprattutto pensando all’impacciato uomo a cui Mike dispensa i propri saggi consigli, tanto simile al Walter White antecedente all’era-Heisenberg, ossia prima del percorso personale che, dal “good guy” quale era, lo avrebbe portato a “breaking bad“. D’altro canto, anche nella stessa scena dello scambio con Nacho, si respira l’atmosfera della serie madre in maniera quasi eclatante, esattamente come accadeva in “Mijo” con Tuco e Jimmy. La scelta che Price dovrà intraprendere, perciò, può esser letta dal nostro punto di vista come uno spaccato alternativo di come sarebbero potute andare le cose se Walter avesse conosciuto uno come Mike fin dall’inizio, un qualcuno che lo indirizzasse ad una presa di coscienza che, come sappiamo, si paleserà solo molto tempo dopo. Per dirla in termini fumettistici, siamo quasi al limite del “What if..?“.
Le sequenze con Mike protagonista, dopotutto, sono quelle che posseggono le chicche maggiori, colmi di gustosi easter eggs, non solo per gli orfani di Breaking Bad, ma per ogni curioso e attento spettatore. Innanzitutto il titolo dell’episodio, “Pimento”, si riferisce al tipo di formaggio del panino di Ehrmantraut. L’attore che interpreta il tizio “simpatico” che provoca Mike, proprio partendo dal suddetto panino, per poi essere impietosamente umiliato, è il doppiatore del personaggio di Trevor, del videogioco GTA, da cui riprende palesemente lo stile e atteggiamento da “bullo” criminale, nonché le identiche battute. Infine, il parcheggio in cui avviene la scena, spassosa all’inverosimile, dell’appuntamento con Price, è lo stesso in cui Walter, nella quarta stagione di Breaking Bad, tenterà di far saltare in aria l’auto di/e con Gustavo Fring.
Quello del legame indissolubile con la serie madre è un discorso che sta andando avanti fin da “Uno“, e, a questo punto, si sta rivelando forse più deleterio che altro, specialmente nel momento in cui ci si distacca dalla semplice e irresistibile strizzatina d’occhio ai fan, avvicinandosi invece ad evitabili dubbi e questioni di difficile uscita. Uno dei quali è: “Better Call Saul ispirerebbe tanta curiosità, se Breaking Bad non avesse fatto tanto successo?”, probabilmente no, ma ciò non significa che lo show non stia offrendo un intrattenimento comunque di una certa ed elevata caratura, in termini sia puramente tecnici quanto artistici; ancora: “le vicende di Mike e Jimmy/Saul sarebbero state altrettanto interessanti e coinvolgenti, ai nostri occhi, se non fossero personaggi già tanto amati in partenza?”, come prima, la riconoscenza al loro background di base è sicuramente indiscutibile, ciò non toglie che episodi come “Five-O”, per il primo, e quest’ultimo, per il secondo, raggiungano un approfondimento e un’introspezione tale da renderli quasi irriconoscibili per come li conoscevamo. Con “Pimento”, infatti, il personaggio di James McGill cresce toccando il suo più importante e decisivo punto di non ritorno e, insieme a lui, cresce tutta la serie, la quale, a dispetto di quanto detto sopra, acquisisce sempre più una propria e meritata autorevolezza nel panorama televisivo odierno. Da questo punto in avanti, Jimmy si troverà di fronte ad una scelta, esattamente come Mike chiede di fare a Price. A differenza di questo, però, noi sappiamo benissimo quale sarà la sua decisione, rendendo così la “fuga” dalla casa del fratello come il primo atto di nascita di Saul Goodman, il “good criminal“.
Come abbiamo detto, però, i confini morali delineati da Gilligan & soci sono, appunto, traballanti, ed è in questa chiave di lettura che s’inserisce Chuck McGill, avvocato stimato e di successo, rispettato da tutto il suo ambiente lavorativo, eppure, nei confronti del sangue del suo sangue almeno, non si rivela altro che un saccente e classista “bad guy”. Una rilevazione che era nell’aria già da un po’, come espresso nella scorsa recensione, resa chiara nel momento della telefonata notturna, fatta in sordina e alle spalle di un ignaro James. Ed è forse questo l’unico tasto dolente dell’episodio, la prevedibilità del colpo di scena finale. Eppure, tenendo conto di quanti piccoli segnali vengano disseminati a proposito, nell’arco di tutto l’episodio (vedi l’esplicito fare da “finto tonto” di Chuck, durante la riunione, o l’espressione rassegnata di Hamlin, a cui segue la sospetta reticenza di Kim con Jimmy), fa quasi pensare che, in fondo, di nascondere il tradimento di Chuck agli autori non importasse poi granché. Dopotutto, anche in Breaking Bad (vedi il finale) la ricerca costante di sorprendere lo spettatore a tutti i costi non era certo all’ordine del giorno. Si privilegiava, invece, la tensione e i sentimenti che certi eventi potevano comportare, nell’istante prima o in quello successivo al loro accadimento. Perciò, è la durezza dello sfogo finale di Chuck il vero colpo di scena, altrettanto intensamente recitato dai rispettivi interpreti, dal “you’re not a lawyer” carico di disprezzo, al perenne ed indelebile fantasma di “Slippin’ Jimmy” che proprio non ne vuole sapere di andar via.
Una mazzata incredibile per James, che in quel “I thought you were proud of me” racchiude l’intero senso del personaggio, così come è stato portato avanti fino ad ora. Negli otto episodi precedenti, non abbiamo fatto altro che assistere ai tentativi, e alle ricadute, del futuro Saul di lasciarsi alle spalle gli imbrogli e le furbate di un tempo, con l’unico e ammirabile intento di rendere fiero Chuck. Pensare che, dopo la restituzione del denaro ai Kettleman, con tanto di “punizione” per loro, e la messa in piedi del caso della vita, ce l’aveva quasi fatta.
In conclusione, da notare in primis la toccante fermezza di Kim nel contrastare il suo capo, soprattutto avendo dimostrato in più d’una occasione quanto ne può essere succube, chiarendo tutto il sano ed esclusivo affetto che la lega a Jimmy. Poi, va assolutamente fatto presente il totale rovesciamento del personaggio di Hamlin, sempre apparso come il solo e unico spietato artefice delle disgrazie di Jimmy, che nel citato sospiro di rassegnazione e pentimento nei confronti della donna, pare liberarsi di un annoso peso sulla coscienza, rappresentando una sottile quanto sfiziosa dinamica di potere, che in questo caso porta lui stesso ad essere succube di Chuck. In Hook-Capitan Uncino di Spielberg, il Peter Banning/Pan di Robin Williams, intratteneva la platea con una barzelletta: “Ho letto di recente che adesso per gli esperimenti scientifici si usano gli avvocati al posto dei topi. Lo si fa per un paio di ragioni: la prima che gli scienziati si affezionano molto meno agli avvocati; la seconda è che ci sono cose che nemmeno un topo di fogna farebbe mai“.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • L’omone che fugge a gambe levate dopo la “prova di forza” di Mike
  • Il discorso in macchina al simil-Walter White
  • La fermezza di Kim e il rovesciamento del personaggio di Hamlin 
  • Il confronto finale tra i due fratelli, e l’interpretazioni di Bob Odenkirk e Michael McKean
  • La cura dei dettagli, la fotografia, un po’ tutto l’apparato tecnico che sta dietro alla serie, sempre impeccabile e suggestivo 
  • Copia/incolla di quello scorso, praticamente: colpo di scena finale un pò telefonato

 

Dopo una stagione fatta perlopiù di presentazioni e ri-costruzione del personaggio di James McGill, in “Pimento” si assiste al primo vero e significativo momento di svolta che, allo stesso tempo, arriverà a smantellare e distruggere quanto di buono è riuscito a fare fino ad ora. La fine dell’onorevole e ammirabile parabola di Jimmy, l’inizio di quella epica e indimenticabile di Saul Goodman.

 

Rico 1×08 2.87 milioni – 1.3 rating
Pimento 1×09 2.38 milioni – 1.1 rating

 

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