I termini film o episodio speciale, tuttavia, sono riduttivi di ciò che in realtà la creazione di Slade (già regista di “Metalhead“) è a tutti gli effetti, ossia una esperienza seriale completamente nuova e diversa. Citazionismo spinto (in conclusione metteremo uno specchietto riassuntivo delle puntate richiamate dall’episodio), una costruzione semplicemente geniale attorno ad una marea di scelte e possibilità ed una tematica ampiamente ben gestita come quella del tempo possono bastare a superare una piattezza di trama a tratti imbarazzante? Questa la domanda fondamentale a cui bisognerà cercare di trovare risposta.
STRUTTURA
Il prodotto Bandersnatch viene costruito attorno all’interattività: lo spettatore ha la possibilità di prendere determinate decisioni che, inizialmente, portano ad alcuni banali loop narrativi in cui si sarà costretti a seguire il tracciato già delineato dalla produzione, ma che ad un certo punto daranno modo alla storia di svilupparsi in svariati modi e combinazioni. Fino al sopraggiungere del finale. Anzi, per meglio dire dieci finali. E non si tratta di numeri campati in aria ma di tutte le possibili alternative che RecenSerie ha scoperto per voi.
Attorno proprio alla diversità di finali c’è da aprire fin da subito una parentesi: solamente quattro rappresentano dei veri e propri finali, mentre per gli altri si tratta per lo più di tappe finali di una sottotrama di un vicolo cieco (tre, per l’esattezza) e altri ancora rappresentano dei puri e semplici GAME OVER dai quali lo spettatore può apprendere, fare ammenda e ritentare cambiando combinazione (anche in questo caso tre).
La puntata inizia con un prima scena riguardante il protagonista nonché personaggio controllato dallo spettatore, Stefan Butler, appena risvegliatosi di soprassalto nella sua camera da letto il 9 luglio 1984. La questione tempo è fondamentale per due motivi all’interno di Bandersnatch, uno metatestuale, l’altro relativo alla trama. Tutte le varie combinazioni portano al rilascio (oppure no) del gioco a cui Stefan sta lavorando. La consegna deve essere pronta entro il 12 settembre (in nessun ramo di trama lo sarà) per essere poi messa in commercio a Natale. Il tutto termina con una veloce recensione proprio di Bandersnatch, il gioco, da parte di un critico in tv: la votazione e le motivazioni cambiano a seconda delle precedenti scelte.
Dal punto di vista metatestuale, invece, il tempo rappresenta il fattore attorno a cui la storia cerca di giocare e strutturarsi: flashback, salti temporali, loop narrativi, forzature e di conseguenza assenza di libero arbitrio, addirittura interferenze con il passato (che, come appuntato all’interno della stessa puntata, “the past is immutable”).
Una struttura semplicemente geniale che inizia con delle banali scelte relative alla colazione oppure all’audiocassetta da ascoltare durante il tragitto con il bus, fino ad arrivare a scelte fondamentali all’interno della storia. La prima in cui ci si imbatte arriva ben presto: Stefan, reagendo nei confronti del padre, viene portato di forza presso lo studio della dottoressa Haynes, la sua terapista. Le opzioni sono come di consueto due: seguire Colin, il giovane ed eclettico genio dei videogiochi della casa Tuckersoft (il font del nome ricorda chiaramente SEGA), verso una sottotrama che si rivelerà essere un vicolo cieco; accettare di vedere la terapista.
La prima vera scelta che inizialmente può sembrare fondamentale (accettare o rifiutare la proposta di lavorare al gioco presso l’azienda stessa) si rivelerà ben presto essere il primo vero e proprio loop narrativo della storia: se si decide di accettare si giunge ad un precoce finale (e Colin conferma con un eloquente “Sorry mate, wrong path”) a cui si potrà subito porre rimedio ritornando alla fase della scelta; se si decide di rifiutare, invece, la trama progredisce con lo sviluppo inizialmente ideato.
Certo, rifiutando variano determinate scene ed è questo un particolare di estrema qualità dal momento che rappresenta il primo assaggio di Bandersnatch relativamente a quanto sia interessato a giocare con la tematica del tempo, degli universi paralleli e con la questione dei loop temporali.
La trama, come si evince da quanto sopra riportato, appare decisamente piatta e banale sotto molteplici aspetti, ma è resa incredibilmente interessante ed avvincente dall’interattività della storia stessa. Il fattore forse ancora più particolare, che evidenzia il fatto di ritrovarsi di fronte ad un prodotto del tutto nuovo è sicuramente l’assenza della barra dei minuti: completamente omessa dalla grafica di Netflix ed inesistente. Questo perché, proprio come l’omonimo libro letto da Stefan, Bandersnatch necessita di essere apprezzato saltando da un punto all’altro della trama, senza un ordine prestabilito. Senza logica, da un certo punto di vista. Senza badare al tempo, proprio come vuole la storia.
ROTTURA DELLA QUARTA PARETE
Oltre all’interattività, Bandersnatch porta in essere molteplici scene in cui avviene la così definita rottura della quarta parete: Stefan inizia a dialogare con lo spettatore, cercando di verificarne dapprima la presenza e successivamente parlandoci tramite il monitor sul quale stava precedentemente programmando. Compare una certa autoreferenzialità di Netflix che decide di autoinserirsi come opzione in questo breve ma intenso dialogo con il personaggio.
Più che rottura si tratta di annullamento dal momento che più avanti Stefan appunterà addirittura di non essere totalmente in controllo, anzi, che il libero arbitrio non esiste e che percepisce di essere trattato come una marionetta da una figura esterna, invisibile ed imperscrutabile.
I FINALI
Da questo punto in avanti si potrebbe incorrere in spoiler nel caso non si avesse avuto modo di percorrere tutte le decine di combinazioni possibili. Nel caso non voleste addentrarvi oltre, per potervi preservare un futuro recupero, saltate direttamente al paragrafo successivo.
Per i pochi temerari rimasti, si inizia!
Il primo effettivo finale si ha poco dopo l’inizio quando si decide di far accettare l’offerta a Stefan che produrrà il gioco presso la struttura della Tuckersoft: il gioco esce al pubblico ma ottiene come recensione zero stelle su cinque.
La puntata concede quindi la possibilità di variare, facendo quindi procedere la storia parallelamente allo sviluppo in solitaria, da parte di Stefan, del gioco stesso.
Ci si ritrova ad un ulteriore bivio poco più avanti quando il padre di Stefan entra in camera del ragazzo ed inizia ad alterarsi: gettare il tè sopra al computer rappresenterà GAME OVER ed una ripartenza dal precedente checkpoint, mentre una reazione verbalmente volgare permette allo spettatore di andare avanti.
Si arriva così al primo vero bivio di cui si faceva menzione nel paragrafo dedicato alla struttura: Stefan deve decidere se seguire Colin oppure se far visita alla terapeuta.
Seguire Colin comporterà in primis una forzata assunzione di ecstasy, non importa quale scelta si decida di prendere, portando lo spettatore di fronte ad un ulteriore bivio: i due ragazzi, in preda ad un delirio da allucinazioni, decidono di gettarsi dal balcone. Ma sarà lo spettatore a decidere chi: se sarà Stefan a saltare il gioco uscirà ma con un finale tronco e senza ottenere nemmeno una vera valutazione e con conseguente ritorno al checkpoint precedente; la scelta, invece, di far saltare Colin comporta la morte del ragazzo, la sua sparizione dalle altre sottotrame e dallo sblocco del personaggio di Kitty (la sua compagna) che più avanti andrà ad importunare proprio Stefan.
Analizzare ogni singolo bivio sarebbe deleterio, concederemo quindi spazio di analisi solo ai bivi fondamentali ed alle modalità con cui poter sbloccare determinati percorsi all’interno della storia. Per completezza, tuttavia, lasceremo all’interno della recensione una mappatura decisionale di Bandersnatch alquanto approfondita e contenente ogni singola sottotrama.
Nel caso in cui si fosse scelto di andare dalla terapista, questa dopo aver ascoltato Stefan gli avrebbe consigliato di aumentare la dose dei suoi psicofarmaci, una assunzione lasciata in mano allo spettatore che può decide di seguire il consiglio della psicologa oppure gettare via le pastiglie. Ascoltare il consiglio della dottoressa Haynes porta ad un nuovo finale in cui l’uscita di Bandersnatch avviene ma la critica lo accoglie con sole due stelle e mezzo su cinque.
La trama a questo punto inizia ad ingrovigliarsi e le decisioni anche più superficiali iniziano ad aver peso (mentre altre continuano a rappresentare semplici vicoli ciechi e loop narrativi). Per esempio la scelta iniziale relativa a quale cereale utilizzare per fare colazione determina quale breve pubblicità appare in televisione prima che il documentario su Jerome F. Davies si avvii correttamente. Cambi marginali, quindi.
Per altre trame ancora, invece, determinate scelte modificano interi segmenti della narrazione: aver fatto visita a casa di Colin comporta essere a conoscenza di nuove password oppure no (PAC e TOY), così come determina la presenza di Colin nelle scene oppure la sua strana assenza.
Un bivio, sul quale bisognerà ritornare più e più volte per aver modo di vivere ogni minuto dell’esperienza di Bandersnatch è sicuramente quello relativo alla scelta che Stefan deve fare tra il libro di JFD e la foto di famiglia.
Da questo bivio si raggiungono i quattro corposi finali che ad inizio recensione erano stati appuntati. Compreso un falso finale in cui Stefan diventa attore con conseguente rottura della quarta parete e “it’s the fight scene now”, precludendo allo spettatore ulteriori alternative.
Uno dei finali prevede il non rilascio di Bandersnatch e il conseguente fallimento della software house Tuckersoft. Dopo l’uccisione del padre (prevista in tre finali su quattro) Stefan cerca di portare a termine il gioco senza successo: della trama ci sono varie varianti a seconda delle decisioni in precedenza prese, come si appuntava. Colin, Kitty o Mohan Thakur rappresentano le variabili che potrebbero presentarsi alle porte di casa Butler, senza alcuna differenza per quanto concerne il finale.
Alla seconda run relativamente alla morte del padre, la storia procede con un veloce incontro tra la terapista e Stefan in cui il giovane ragazzo, ormai rassegnato, ammette che il gioco (esattamente come la vita) si basa sull’illusione del libero arbitrio. Il finale prevede l’uscita di Bandersnatch, la sua conquista della critica (con cinque stelle su cinque), ma con conseguente arresto di Stefan per l’uccisione del padre (il ragazzo ha seguito le orme di JFD). La storia si proietta nel futuro dove la figlia di Colin, Pearl, sta cercando di riprogrammare Bandersnatch. Segmento narrativo di puro onanismo dal momento che al telegiornale vengono riportati svariati richiami alle passate puntate di Black Mirror.
L’aver fatto tappa a casa di Colin sblocca, come si appuntava, due password per la cassaforte che portano a due ulteriori nuovi finali.
Inserendo la password PAC si ritorna alla fase di rottura della quarta parete con Stefan con una differenza: oltre al glifo di White Bear questa volta al posto di NETFLIX appare PACS. Selezionando quest’ultima opzione lo spettatore verrà catapultato verso una fase in cui dovrà inserire addirittura un codice a cinque cifre (come diceva Colin, infatti, i numeri se si sta in silenzio si percepiscono). Il finale in ogni caso (sia che si inseriscano correttamente o no) è unico: la polizia arresta Stefan ed il gioco viene rilasciato comunque, accolto dalla critica con un tiepido due e mezzo su cinque.
L’ultimo finale lo si raggiunge inserendo come codice nella cassaforte TOY e dopo un breve segmento di lynchiana memoria concede allo spettatore di modificare il passato, qualcosa di totalmente opposto a quanto appuntato fino a quel momento e proprio per questo ancora più geniale: Stefan cambia il passato e riesce a ritrovare il proprio coniglio di pezza in tempo, ma la madre afferma che dovranno comunque prendere il treno delle 8:45 (lo spettatore è a conoscenza che la madre è morta proprio lì dal momento che il treno deragliò). Ecco quindi che si presenta l’ultimo bivio: seguire la madre ed andare incontro a morte certa oppure rifiutarsi? La seconda opzione, anche se percorribile, porta ad un loop narrativo forzando lo spettatore a far andare il piccolo Stefan con la madre. Il piccolo, cosciente di quanto sta per avvenire, segue la giovane donna andando incontro al proprio destino. La morte nel passato, nel flashback, si riflette nella morte dell’adolescente Stefan dolcemente accomodato sulla poltrona dello studio della dottoressa Haynes, scossa per l’accaduto dal momento che: “All he did was close his eyes.”
CITAZIONI
La puntata è ricca di richiami ai precedenti episodi. Per non dilungarci ulteriormente, ecco un breve recap dei richiami, principalmente comparsi durante il segmento di uno dei finali relativo al telegiornale:
– Michael Collow, richiamato nelle flash news fa riferimento al personaggio di “The National Anthem”;
– Sempre a “The National Anthem” fa riferimento anche il gioco della Tuckersoft, Pig In A Poke;
– I droni impollinatori sono un riferimento a “Hated In The Nation”;
– Liam Monroe è uno dei personaggi principali di “The Waldo Moment”;
– I “memory recall device” che potrebbero iniziare ad usare i poliziotti sono un riferimento a “Crocodile”;
– Space Fleet è la serie/videogioco di cui è patito il personaggio principale di “USS Callister”;
– Lo scorcio di giornale relativo all’omicidio perpetrato da Stefan è utile per richiamare altre due puntate, ossia “Hang The DJ” e “15 Million Merits”;
– i due giochi creati da Colin fanno chiaro riferimento a “Nosedive” e “Metalhead”;
– il glifo che compare ripetutamente nella puntata richiama alla mente il simbolo di “White Bear”;
– il cognome della terapista di Stefan è lo stesso del proprietario del “Black Museum”;
– il centro medico della terapista di Stefan si chiama Saint Juniper’s Medical Practice, un chiaro richiamo all’episodio “San Junipero“;
SCENA POST CREDITI
Considerata la già complicata elaborazione delle scelte, Netflix ha pensato bene di inserire in Bandersnatch un ulteriore easter egg. Per l’esattezza una scena post crediti che, pare, appaia solamente se si ha avuto modo di vedere ogni finale del prodotto.
La scena riporta lo spettatore direttamente alla fase iniziale, quando Stefan sale sull’autobus e deve decidere quale audiocassetta ascoltare con l’unica differenza che questa volta oltre a Now2 e Thompson Twins compare una terza scelta: una cassetta intitolata “Bandersnatch Demo” che mandata in play riproduce dei suoni cifrati. Decifrato tale messaggio si arriva a questo sito con la possibilità di provare Nohzdyve.
CONSIDERAZIONI FINALI
Ogni episodio di Black Mirror ha insito un certo tipo di messaggio e appare chiaro che l’intento di Bandersnatch era quello di trasmettere al proprio pubblico che il libero arbitrio non esiste, così come non esiste la libertà di scelta: determinate scelte sono obbligate e determinati eventi devono accadere, quasi fossero punti fermi, costanti in un universo fatto di variabili. Per quanto l’interattività renda Bandersnatch una vera e propria esperienza seriale, questo elemento non basta a sopperire la mancanza di una storia capace di magnetizzare l’attenzione del pubblico: la ripetitività ed un ammontare complessivo di cinque ore (sei per una visione completa, a dire il vero) sono altri elementi che debilitano il prodotto che rimane all’avanguardia.
Molti spettatori hanno attaccato anche il fattore dell’interattività in quanto non totalmente originale: i libri game, alcuni videogiochi dell’epoca PS1 ed addirittura alcuni fumetti depotenzierebbero questa inusuale trovata narrativa utilizzata da Netflix. Inutile sottolineare che Bandersnatch ha ricevuto maggiore pubblicità e pomposità da questo punto di vista, ma l’elemento critico deve essere andato a ricercare nella trasposizione e non invece in una banale presa di posizione a priori e da questo punto di vista, considerato l’intricato labirinto di scelte, appare ben poco da dire.
Di seguito trovate la mappa decisionale di cui si faceva menzione poco sopra. Al seguente link la trovate a maggiore risoluzione.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Black Museum 4×06 | ND milioni – ND rating |
Bandersnatch | ND milioni – ND rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.
Vi siete dimenticati una citazione! Andate a vedere come si chiama la clinica dove va Stephan! 😉
Purtroppo tra tutti i vari richiami era facile dimenticarsi qualcosa! E la parte comica è che il nome della clinica era stato annotato prima di scrivere la recensione. Ma non importa: grazie per l’attenzione nella lettura Lorenzo e…recensione sistemata!