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“I’m 82. I’ve lived here my whole life. Right here, that house, this place. Trouble? You’re not the first soldier to stand here with a gun. When I was 12, the revolution came.
Czar’s men. Then Bolsheviks. Boys like you marching in lines. They told us to leave. No. Then there was Stalin and his famine, the Holodomor. My parents died. Two of my sisters died.
They told the rest of us to leave. No. Then the Great War. German boys. Russian boys. More soldiers, more famine, more bodies. My brothers never came home. But I stayed, and I’m still here. After all that I have seen so I should leave now, because of something I cannot see at all?”
Czar’s men. Then Bolsheviks. Boys like you marching in lines. They told us to leave. No. Then there was Stalin and his famine, the Holodomor. My parents died. Two of my sisters died.
They told the rest of us to leave. No. Then the Great War. German boys. Russian boys. More soldiers, more famine, more bodies. My brothers never came home. But I stayed, and I’m still here. After all that I have seen so I should leave now, because of something I cannot see at all?”
Ad un solo episodio dal termine, si può affermare senza dubbio che Chernobyl, insieme a The Act, è il miglior prodotto seriale di questo 2019 costellato da innumerevoli serie che hanno deluso (Game Of Thrones per citare la più nota).
Nella miniserie diretta da Johan Renck, dopo la season premiere che ha mostrato lo scoppio del disastro, la narrazione si è sviluppata sempre lentamente, intrisa di una drammaticità tale che spesso l’assenza di dialoghi si è resa quasi inevitabile.
Le enormi conseguenze dell’incidente, in tutte le sue sfaccettature, sono state analizzate episodio dopo episodio sottolineate da una fotografia semplicemente perfetta. Non è da meno la regia, per un comparto tecnico di altissimo livello, nonostante non fosse di certo facile dato che, nel ricostruire tale apocalittico scenario, si poteva facilmente cadere nella banalità, soprattutto a livello visivo.
La puntata si apre con un time skip di 4 mesi dove vi è la prima perla della puntata, un lungo monologo di un’anziana contadina, la quale incredibilmente sopravvissuta a rivoluzioni e guerre di ogni sorta, deve abbandonare la propria casa, perché nessuno può sfuggire al disastro di Chernobyl. Una scena dal minutaggio ridotto ma che vale molto più di mille dialoghi tra protagonisti.
Ancora una volta, sono da lodare le interpretazioni eccelse di Skarsgard ed Harris (che in The Terror interpretava un personaggio ugualmente drammatico) per un cast ridotto ma di grande livello, accompagnato poi di puntata in puntata da tanti characters minori, dai minatori ai soldati fino alle infermiere, che rendono al meglio la coralità dei fatti narrati.
La caccia agli animali radioattivi è un escamotage perfetto per mostrare le diverse sfaccettature, dall’agricoltura all’allevamento, della tragedia, la quale raggiunse ogni aspetto della natura, non limitandosi soltanto alla sfera della vita umana, dove insieme alle imponenti operazioni di bonifica sono da registrare le continue morti, anche se off-screen. E la morte della bambina appena nata agli Ignatenko ne è l’emblematico esempio, nemmeno le più giovani vite possono sfuggire ad una tale catastrofe.
E’ molto interessante poi l’accento narrativo posto sulla questione propagandistica dell’Unione Sovietica, che dì lì a pochi anni sarebbe crollata. I continui richiami al KGB e all’informazione pilotata dal regime evidenziano un’attenzione degna di nota anche agli aspetti politici, nonostante non sia certo il main theme della narrazione.
Dopo tanti complimenti, però, è giusto segnalare anche l’unico aspetto negativo dello show: l’accento britannico dei protagonisti. Sono facilmente comprensibili le esigenze commerciali di Sky e HBO che hanno escluso l’uso del russo nella serie, tuttavia si poteva almeno evitare il perfetto accento british e propendere per un inglese con un forte accento dell’est, sicuramente più consono per dei personaggi sovietici.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Un altro episodio perfetto per una miniserie praticamente perfetta. Chernobyl prosegue verso il final season e probabilmente non ci saranno grandi colpi di scena vista la natura dello show, ma è lecito aspettarsi un’altra puntata di altissimo livello. Nel frattempo, ancora una volta, è giusto assegnare il massimo dei voti ad un prodotto seriale eccelso. Complimenti.
Open Wide, O Earth 1×03 | 1.06 milioni – 0.3 rating |
The Happiness Of All Mankind 1×04 | 1.19 milioni – 0.3 rating |
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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.