“Let’s start all over.”
Ad un certo punto di Inferno, il film tratto dall’omonimo romanzo di Dan Brown, Robert Langdon asserisce che la sua ottima memoria non è affatto un dono come spesso e volentieri gli viene fatto notare. Il più delle volte, infatti, la mente gioca dei brutti scherzi e fa riaffiorare avvenimenti che si credevano ormai sepolti, seppelliti da una spessa coltre di fuliggine e celati anche alla mente più attenta. Essere dotati di una ottima memoria fa si che determinati ricordi (che vorrebbero essere dimenticati) non abbandonino mai la nostra mente, ma anzi che vengano inglobati e diventino parte di noi. Nel bene e nel male.
È da questi ricordi e dalla ricostruzione di essi che Counterpart riparte con la propria narrazione ponendo come focus centrale la linea temporale che vede coinvolto Howard Prime (il J.K. Simmons che più volte nelle passate recensioni abbiamo definito “bad” seguendo una nomenclatura molto simile a quella utilizzata per i vari Cooper di Twin Peaks). Emily si è risvegliata e si ritrova a dover fare i conti con gli effetti del lungo coma dal quale si è miracolosamente ripresa. Come se fosse una estranea trapiantata in una vita e in un corpo che non le appartiene, Emily si ritrova a fare i conti con ciò che in passato è stata (sia dal punto di vista lavorativo, sia per quanto riguarda il lato affettivo-relazionale con il marito Howard). Ben orchestrata la costruzione della storia da questo punto di vista: Howard ed Emily non sono realmente loro per due differenti motivi, ma si ritrovano costretti a scendere a patti con la complicata situazione del mondo per poter sopravvivere.
Howard Prime sta facendo le veci di Howard Alpha, momentaneamente ancora bloccato nell’altra linea temporale parallela (si presume), quindi interpreta un ruolo che non gli si addice e che è percepibile essere in netto contrasto con la sua natura.
Emily, invece, a causa del coma fatica a riconoscersi nella persona che era: anche un qualcosa di tanto semplice come un quadro o la disposizione del mobilio la fanno sentire come un estraneo a casa sua. Ma ha un solo ed unico punto fermo dal quale dipende: il marito. Ecco quindi che nel momento in cui scopre dei suoi atti fedifraghi, una parte di lei crolla, si scioglie come neve al Sole e scompare. Lo sconforto che si impossessa di lei, però, fa rinascere e scorgere in Howard un comportamento che lo spettatore ancora non aveva avuto modo di conoscere e approfondire totalmente: un lato gentile, disponibile e pronto a mettersi in gioco per la felicità della sua metà. La sua dolce metà, in questo caso, non la sua controparte.
Se per una coppia sembra si voglia cercare di ricreare una certa sinergia ed equilibrio è da notare come per Peter e Clare le cose vengano predisposte dal punto di vista narrativo in maniera differente. I due continuano a mentire all’esterno, mostrando un’apparente normale matrimonio ed una felicità che ormai non trova più casa nei loro cuori: la sfiducia creatasi ed il senso di tradimento in Peter rende impossibile qualsiasi tipo di riappacificazione, nonostante Clare tenti in tutti i modi di farlo desistere.
È da notare l’introduzione di un nuovo personaggio che potrebbe sconvolgere ulteriormente la narrazione: Naya Temple, un agente dell’FBI assunto da Management per fare piazza pulita di infiltrati, traditori et simila. La caccia è già iniziata e la sopravvivenza (sociale e fisica) di Peter è chiaramente messa in pericolo da una presenza tanto opprimente proprio di fronte al suo stesso ufficio.
Nonostante una prima puntata chiaramente incentrata alla reintroduzione narrativa ed al recupero della storia, l’ora circa di filmato scorre via senza troppi patemi d’animo. E’ apprezzabile soprattutto la non pesantezza del costrutto: leggendo la recensione e non avendo avuto modo di vedere la puntata in questione si potrebbe pensare che la storia tergiversi in maniera nauseante sulle relazioni amorose dei personaggi principali, mettendo a dura prova la resistenza del proprio pubblico. A conti fatti, invece, nonostante la tematica relazionale sia predominante la storia non ne risente, così come la visione.
“This is Peter Quayle. Deputy Director of Strategy. Son-in-law to Roland Fancher. Husband to Clare Fancher. The operative also known as Shadow. I can’t do it anymore. I’ve been party to this dishonesty for too long. At first, it was unwitting. I fell in love with the Clare from our world, but I married the Clare from theirs. But then I was knowing.
Not only did I…discover the lie. I made moves to preserve it. To preserve… my marriage, fake as it is. Preserve my status, undeserved as it may be. And most importantly, to preserve my daughter. I should have been caught by now. Someone should have figured me out. But I’m lucky. Been lucky my entire life. But I don’t want to count on that anymore. I have to take matters into my own hands. And I ask you to protect my daughter. She may be born of two worlds but she belongs to ours. So this is my insurance. Should anything happen to me, I offer you this full confession.”
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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No Man’s Land, Part Two 1×10 | 0.39 milioni – 0.1 rating |
Inside Out 2×01 | 0.25 milioni – 0.1 rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.