Si da sempre troppa importanza ai finali. Intere stagioni e serie vengono disprezzate o rinnegate totalmente per un esito non andato secondo i propri desideri. Il finale migliore dovrebbe essere quello che passa più inosservato. Che chiude tutte le parentesi rimaste aperte e che non rovina ciò che abbiamo visto prima. Il finale di Dexter probabilmente ci ha fatto rinnegare anche i momenti più alti della serie; il finale di Breaking Bad, o quello della prima stagione di True Detective, con la loro linearità e logica di eventi, giustificano le fantastiche capriole che si presentano durante il resto della varie stagioni. Tutto questo per dire che anche Fargo riesce a presentarci un finale, a tratti sorprendente è vero, ma soprattutto coerente e lineare, chiudendo perfettamente il cerchio aperto dieci episodi fa. La coerenza presentata non riguarda tanto tutti i dettagli della storia (la vicenda di Stavros Milos si è rivelata discretamente superflua, per quanto suggestiva), quanto i particolari e la funzione di certi personaggi. Si era già parlato della funzione dei due agenti dell’FBI che, seppur entrati in corsa, hanno costruito un loro mini-ciclo fondamentale ai fini della trama. C’è da registrare l’improvviso slancio di coraggio del buon Gus, prima persona al di fuori di Lester a rapportarsi con Lorne Malvo, prima (e unica) persona che lo affronta veramente. Determinante, alla fine, si rivela anche il padre di Molly (che qualche decennio fa cantava questa canzone), che indirizza le indagini e la caccia all’uomo verso la giusta strada, spronando poi tacitamente il genero ad una botta di orgoglio. Ma chi fa veramente la parte del leone sono le cassette di Malvo. Le avevamo distrattamente notate in rari momenti in cui il killer si riascoltava qualche telefonata qui e là. Sadismo? Ci eravamo chiesti. Forse. Ma risulta più probabile che fossero una incredibile arma di controllo e di ricatto verso i suoi “protetti”. Eccole, alla fine, ad apparire come vero e proprio materiale rivelatore e portatore di verità assoluta.
L’episodio presenta una apparente calma, dove i soli ad agitarsi e a rischiare sono i due “diavoli”. Persino Gus, che ha un ruolo attivo nella vicenda, non rischia mai niente, come se agisse circondato da una protezione e da una consapevolezza sovrannaturale. Eppure non mancano momenti di altissimo pathos, sinceramente inaspettati in una serie così cruda e immediata. Lo sfogo del poliziotto Bill (magistrale l’interpretazione di Bob Odenkirk) è uno dei momenti più toccanti dell’episodio: chiedersi come e perché debbano succedere certe cose. Improvvisamente Bill rivela tutta la sua estraneità al mondo infernale in cui si trova, precedentemente suggerita da un’incompetenza nel suo campo. Qui, però, lui rinuncia a provare a far parte di questo mondo e si arrende. Altro momento di altissimo simbolismo è quello del lupo. Nuovo Deus Ex Machina, il bellissimo animale impone una frenata a Gus (ecco forse la presenza sovrannaturale), consentendogli di trovare la casa-rifugio di Lorne Malvo. Lo stesso lupo si presenterà davanti agli occhi del ferito assassino che in uno sguardo silenzioso capisce la sua sorte. I predatori non devono mai tornare indietro per vendicarsi di una vittima, non ne hanno bisogno. E la capacità di Malvo nel riuscire a non guardarsi mai indietro lo aveva fatto sopravvivere fino a quel momento. Fino a che Lester non lo aveva provocato nell’ascensore. Lì un sentimento nuovo e più umano aveva decretato la strada verso la fine del personaggio interpretato da Thornton. Il finale, poi, che potrebbe aver fatto storcere il naso a molti, in realtà altro non è che un grandissimo collegamento al finale del film.
Lester, dal canto suo, si scontra con un destino che più beffardo non si può. Passa da preda a predatore quando si trova ad inseguire un Malvo ferito fuori dalla casa. Per un attimo si sente nuovamente onnipotente. Eppure è questione di poco, visto che un’intera confessione del suo crimine è bella e registrata in un rifugio lì vicino. Lester alla fine proverà a scappare, a correre più lontano, dove il ghiaccio diventa sempre più sottile e più corre, più aumenta la possibilità che questo si rompa per farlo sprofondare verso il basso (è o non è azzeccato, il mio continuo riferimento agli inferi?). Eppure non torna indietro e prosegue andando avanti, così come poi aveva fatto rifiutando la protezione della polizia. E in una scena da cartoon, sente il ghiaccio screpolarsi intorno a lui, precipitando. Ironico che a questo destino ci era già andato vicino precedentemente, per pagare ad un crimine che non aveva commesso (l’omicidio di Sam Hess).
Che Lorne Malvo fosse un’entità diabolica di alto rango, lo si capisce da due cose: intanto Molly dichiara che “forse non è nemmeno umano”, poi c’è la sua incredibile trasformazione davanti ai nostri occhi. Nei primi episodi apprezziamo i suoi dialoghi, i suoi silenzi, le sue metafore, i suoi modi posati e gentili. Ha ucciso comunque, questo sì, ma si presenta ai suoi interlocutori in maniera rassicurante e cordiale. Negli ultimi due episodi lo si vede pochissimo. Se ne avverte la presenza, si percepiscono le sue azioni e soprattutto la sua enorme rabbia, ma i suoi passi iniziano a diventare meno chiari. Infatti un’intera stazione di polizia, o forse un’intera città, inizia a temere un uomo solo, considerandolo invisibile e onnipotente.
C’è da dire che questa serie non è esente da difetti. Se ne è parlato soprattutto nei primi episodi. Eppure è sempre stata viva e ha regalato momenti veramente alti. La seconda metà della stagione ha consacrato Fargo come una delle migliori serie dell’anno e il fatto che il miglioramento sia stato progressivo e non stabilito da subito, ha reso la serie viva come non mai. Oltretutto i tempi sono stati perfetti nel far apparire una stagione di 10 episodi come una serie intera di quattro-cinque stagioni. E saper raccontare così tante cose in un film di 10 ore non è da tutti.
PRO:
- Recitazione complessiva (Martin Freeman su tutti, un vero e proprio virtuoso)
- Forti presenze simboliche nell’episodio
- Un grande cerchio che si chiude (ad eccezione di alcune sotto-trame perse per strada)
- Finale in linea con quello del film
- La reazione di Molly venendo a sapere della morte della seconda moglie di Lester
- Le continue storielle e allegorie che arrivano a suonare anche come piccola presa in giro verso il cliché cinematografico dei “poliziotti filosofi”
- Il monologo di Bill (a questo punto non vedo l’ora esca “Better Call Saul”)
- Ci sarà sempre qualcuno che troverà dei difetti, forse esistono ma a me non vengono in mente e, a dirla tutta, non mi interessano
A Fox, A Rabbit, And A Cabbage 1×09 | 1.90 milioni – 0.6 rating |
Morton’s Fork 1×10 | 1.98 milioni – 0.6 rating |
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.