Hand Of God 2×10 – He Must BeTEMPO DI LETTURA 6 min

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Non si può certo dire che il rapporto tra questa seconda stagione e lo spettatore sia partito con il piede giusto, per diverse ragioni. Una di queste la si può riscontrare direttamente nelle critiche mosse al primo episodio. Indubbiamente la lentezza dei vari episodi (più o meno riusciti) è stata una caratteristica che non ha mai abbandonato lo stile della serie Amazon. Non si parla certo di una lentezza di trama, soprattutto alla luce di questo decimo episodio. Anzi, gli eventi scorrono di buon passo, senza troppi squilibri (ad eccezione, come vedremo, delle svolte di “He Must Be”). La lentezza – forse termine non proprio esatto – cui si fa riferimento è quella che vede un’eccessiva frammentazione di storyline e una caratterizzazione fin troppo tratteggiata in personaggi, per usare un eufemismo, di contorno.
Esempio numero 1: Tessie e le sue avventure immobiliari. Un occhio attento può notare, nell’acutizzarsi del rapporto tra Tessie e Keith, una sorta di redenzione dello scagnozzo di Pernell che, da cristiano nel senso militante del termine, si trasformerebbe in un cristiano nel senso umano del termine. Per farla semplice: venendo a sapere delle mosse non proprio pulitissime di Pernell nei confronti di Tessie, per averla sotto il suo controllo, lo si vede esitare, salvo poi tornare a fare quello che stava facendo, ovvero delle esecuzioni in pieno giorno per conto terzi. A cosa è servita allora tutta la vicenda immobiliare di Tessie, se non per un’ulteriore caratterizzazione, più che di Keith (burattino a tutti gli effetti), di Pernell (da ricordare che la svolta del suo personaggio in questa stagione avviene grazie alla notizia della gravidanza della ex prostituta)? Si veda la critica rivolta più che altro alla stagione intera, più che al decimo episodio nello specifico.
Esempio numero 2: possibile che l’intera storyline del reverendo Paul e della sua compagna abbia poi tirato le fila esclusivamente per una cimice in un’automobile e per rendere la chiesa come luogo di esecuzione di uno dei principali (ma non il principale) villain?
Questa dispersività diffusa rappresenta sicuramente uno dei motivi per cui nel più o meno prossimo futuro sarà difficile consigliare Hand Of God ad un pubblico in cerca di nuovi stimoli. Ed è un peccato viste le potenzialità e i comunque bei momenti che lo show ha regalato, sia a livello stilistico che narrativo.
Ma non è forse questo il vero motivo per cui la scintilla tra lo spettatore e la seconda stagione di Hand Of God potrebbe non essere mai scoccata. Il motivo è extra-scenico e prescinde dai 10 episodi proposti.
Nell’edizione numero 136 della nostra rubrica Recenews, veniva riportata la notizia secondo cui la seconda stagione di Hand Of God sarebbe stata anche l’ultima, catalogando questa 2×10 come series finale. Saper dire “basta” prima che sia troppo tardi è una virtù non di tutti, basti vedere la quantità di dinosauri barcollanti che infestano i palinsesti televisivi a stelle e strisce. Però diciamolo senza mezzi termini: due stagioni sono poche. Sono poche se si considerano, appunto, i tempi che dal primissimo episodio vengono portati avanti.
Ovviamente sarebbe errato considerare come incompleta la storia di Hand Of God. La serie riesce, con questo finale, a mescolare un insieme di elementi mistici e sovrannaturali (mantenendosi sempre sul vago e misterioso, senza dare risposte), criminosi e criminali (rendendo così HoG come un vero e proprio thriller), legali, aziendali, umani. Tutto è esposto e chiuso bene, “He Must Be” chiude il cerchio delle visioni di Pernell, grazie alla risoluzione dell’omicidio (pseudo-suicidio) del figlio, viene ritrovata la chiave per decriptare l’app di PJ, i “cattivi” fanno una brutta fine, tutto mantenendo quel clima di ambiguità morale e malinconia tipico della serie, grazie anche ai colori sempre spenti. Non si vuole quindi puntare il dito sul ciclo narrativo di Hand Of God, ciò che si critica è il numero di lenti di ingrandimento puntate su storie che poi si sono risolte con un nulla di fatto, proprio a causa dell’esiguo numero di episodi e di stagioni.
Recensendo un season o series finale, soprattutto di una serie impostata per il binge watching, non si riesce a parlare del singolo episodio, tanto è il bisogno di tirare le somme dell’intera stagione. Non si può però non notare come “He Must Be” prema forte sull’acceleratore, regalando una densità maggiore di svolte di trama rispetto a quelle presenti nei singoli nove episodi precedenti. Non certo una sorpresa, sapendo che in un modo o nell’altro si sarebbe dovuto assistere ad un episodio conclusivo. Ciò che colpisce, però, è come in una serie così anticonvenzionale come Hand Of God i passaggi fondamentali della 2×10 siano una rassegna di cliché in materia di finali.
Si avvicendano così:

  • la resa dei conti (Pernell e Keith si muovono su più piani, andando a scoprire – in un episodio solo – i diversi gradi di potere che si nascondevano dietro l’omicidio di PJ; è possibile assistere anche ad un duello in stile western tra Pernell e Toby);
  • la caccia al tesoro (Crystal e Jocelyn individuano indizi nella ricerca della chiave, partendo addirittura per un viaggio, sempre in un solo episodio);
  • la questione morale (i buoni vincono, ma quanto sono buoni i buoni? Chi sono i veri buoni? Quanto sono più cattivi i veri cattivi, rispetto ai protagonisti, sì un po’ cattivi, ma per cui comunque uno fa il tifo?);
  • il finale semi-aperto (Jocelyn che va a trovare i seguaci di PJ, trovando al vera chiave – forse un po’ telefonato il fatto che fosse falsa quella data a Crystal, visto il suo ritrovamento off-screen?). Che non sia mai che forse qualcuno possa cambiare idea.

Spesso basta veramente poco per cambiare un giudizio. Assistere a questa seconda stagione senza sapere si trattasse di quella conclusiva, magari rivelandolo in un secondo momento, avrebbe forse garantito allo spettatore un diverso grado di fruizione dello sviluppo narrativo. Forse.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Le esecuzioni vendicative hanno sempre una resa niente male a livello estetico
  • Recitazione complessiva di Ron Perlman
  • Scena finale vagamente aperta
  • Tante storyline non utilissime (quella del cane andrebbe approfondita) ma tutto sommato niente è lasciato incompiuto
  • Alcuni dialoghi di buon livello
  • Telefonati alcuni sviluppi
  • Neanche un po’ di pathos per l’accoltellamento di Crystal, vista la scena immediatamente successiva
  • Tante risoluzioni tutte insieme che potevano essere diluite
  • Risoluzioni da classicissimo finale
  • Crimini alla luce del giorno come se niente fosse

 

Un finale da salvare, per una serie tutto sommato da salvare. Come al solito l’extra-scenico si mette in mezzo nella valutazione complessiva di una serie tv. Considerando che anche il finale della prima stagione poteva essere definitivo (sebbene molto più aperto), viene da chiedersi, chiudendo con questa seconda stagione, che differenza ci sia tra una scelta del genere e la cancellazione prematura di uno show.

 

What A Man Can Be 2×09 ND milioni – ND rating
He Must Be 2×10 ND milioni – ND rating

 

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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.

1 Comment

  1. Trovo le 20 puntate molto belle, io che non amo le serie TV me le sono bevute 3 alla volta in battibaleno.. Peccato non ci sia una terza serie..

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