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Si considera spesso il cosiddetto deus ex machina come elemento discriminante la qualità di un prodotto narrativo. La fatica con cui spesso ci si sforza nell’ intrecciare trame lungo capitoli/scene/episodi viene spesso vanificata da una soluzione tanto determinante, quanto casuale e improvvisa. Volendo provare a creare una dicotomia tra un buon deus ex machina e uno cattivo, si potrebbe così procedere: quello buono è solo un finto deus ex machina, essendo in realtà l’effetto naturale di un insieme di concause, apparentemente casuali, precedentemente illustrate; quello cattivo, che spesso determina un altrettanto cattivo giudizio, è quello puramente e semplicemente gratuito, lontanissimo da ogni immaginazione, talvolta anche forzato nel suo necessario avvento.
Poi però ci sono opere come A Series Of Unfortunate Events, dove tutti gli schemi saltano proprio per il tipo diverso di gestire la narrazione: grazie ad un narratore che illustra pazientemente tutti i vari eventi e processi, arrivando così a giustificare e motivare anche soluzioni che superficialmente potrebbero essere mal considerate (e sia Lemony che Klaus tirano spesso in ballo il deus ex machina, ma ci si ritornerà più avanti); grazie anche ad uno scenario e contesto talmente bizzarro e senza punti di riferimento che tutto può tranquillamente essere e accadere.
La seconda parte di “The Vile Village” regala un esercizio di stile, nonché enorme riflessione metanarrativa sul concetto già citato del deus ex machina. Osservando con attenzione gli eventi della seconda metà dell’episodio, si può notare come tutti quelli che vengono esplicitamente appellati deus ex machina siano in realtà risultato diretto di elementi narrativi precedentemente mostrati (Hector e la sua mongolfiera, Jacqueline e Larry in viaggio verso il villaggio). D’altro canto, eventi presentati come frutto di ingegno e riflessione nascondono al loro interno enormi percentuali di casualità. Per citare un paio di esempi: Violet riesce a ideare un sistema per sfuggire dal carcere, proprio grazie al repentino pensiero di Klaus riguardo il suo compleanno, ma soprattutto tale evasione coincide con la vicinanza della “prigione” degli altri due gemelli, luogo individuato grazie alla disposizione casuale di foglietti ancora più casualmente ritrovati. Senza citare Sunny che guida.
Potrebbe passare l’ultima descrizione come un elenco di difetti narrativi e forzature, ma se così fosse significa che non si è seguito a fondo il discorso qualche riga più su. E’ giusto che ASOUE presenti questa successione di eventi, proprio grazie al suo clima surreale e fiabesco, il tutto accompagnato e condito da veri e propri momenti stand alone di Neil Patrick Harris, la cui comicità va ricercata soprattutto nei piccoli gesti e nelle espressioni fugaci (divertentissimo lo scat, ma ancora più divertente il tentativo di far passare pane e acqua attraverso le sbarre, concludendo con il lancio di tutto quanto a terra).
Il gioco ripetuto degli autori con gli spettatori, a proposito del deus ex machina, crea un po’ di varietà e di esercizio di stile all’interno di una struttura di trama che per certi versi, invece, ha acquisito un’ossatura ben consolidata: contesto assurdo con personaggi surreali, Olaf che si inserisce e si traveste, Baudelaire che scappano. Questo aspetto è stato più volte analizzato e preso in considerazione, anche alla luce della catalogazione dello show sotto la voce comedy. Certo è impossibile non notare come la risoluzione di questa Part Two giochi un ruolo assolutamente meno spettacolare nei confronti del suo predecessore. Dove il precedente episodio preparava il campo alla risoluzione di molti misteri, mettendo in scena diversi personaggi importanti, in questo caso si è giocato molto sul “contenimento”, cercando di risolvere la contingenza e risparmiare l’elargizione di risposte.
Poi però ci sono opere come A Series Of Unfortunate Events, dove tutti gli schemi saltano proprio per il tipo diverso di gestire la narrazione: grazie ad un narratore che illustra pazientemente tutti i vari eventi e processi, arrivando così a giustificare e motivare anche soluzioni che superficialmente potrebbero essere mal considerate (e sia Lemony che Klaus tirano spesso in ballo il deus ex machina, ma ci si ritornerà più avanti); grazie anche ad uno scenario e contesto talmente bizzarro e senza punti di riferimento che tutto può tranquillamente essere e accadere.
La seconda parte di “The Vile Village” regala un esercizio di stile, nonché enorme riflessione metanarrativa sul concetto già citato del deus ex machina. Osservando con attenzione gli eventi della seconda metà dell’episodio, si può notare come tutti quelli che vengono esplicitamente appellati deus ex machina siano in realtà risultato diretto di elementi narrativi precedentemente mostrati (Hector e la sua mongolfiera, Jacqueline e Larry in viaggio verso il villaggio). D’altro canto, eventi presentati come frutto di ingegno e riflessione nascondono al loro interno enormi percentuali di casualità. Per citare un paio di esempi: Violet riesce a ideare un sistema per sfuggire dal carcere, proprio grazie al repentino pensiero di Klaus riguardo il suo compleanno, ma soprattutto tale evasione coincide con la vicinanza della “prigione” degli altri due gemelli, luogo individuato grazie alla disposizione casuale di foglietti ancora più casualmente ritrovati. Senza citare Sunny che guida.
Potrebbe passare l’ultima descrizione come un elenco di difetti narrativi e forzature, ma se così fosse significa che non si è seguito a fondo il discorso qualche riga più su. E’ giusto che ASOUE presenti questa successione di eventi, proprio grazie al suo clima surreale e fiabesco, il tutto accompagnato e condito da veri e propri momenti stand alone di Neil Patrick Harris, la cui comicità va ricercata soprattutto nei piccoli gesti e nelle espressioni fugaci (divertentissimo lo scat, ma ancora più divertente il tentativo di far passare pane e acqua attraverso le sbarre, concludendo con il lancio di tutto quanto a terra).
Il gioco ripetuto degli autori con gli spettatori, a proposito del deus ex machina, crea un po’ di varietà e di esercizio di stile all’interno di una struttura di trama che per certi versi, invece, ha acquisito un’ossatura ben consolidata: contesto assurdo con personaggi surreali, Olaf che si inserisce e si traveste, Baudelaire che scappano. Questo aspetto è stato più volte analizzato e preso in considerazione, anche alla luce della catalogazione dello show sotto la voce comedy. Certo è impossibile non notare come la risoluzione di questa Part Two giochi un ruolo assolutamente meno spettacolare nei confronti del suo predecessore. Dove il precedente episodio preparava il campo alla risoluzione di molti misteri, mettendo in scena diversi personaggi importanti, in questo caso si è giocato molto sul “contenimento”, cercando di risolvere la contingenza e risparmiare l’elargizione di risposte.
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Altro episodio bello.
The Vile Village: Part One 2×05 | ND milioni – ND rating |
The Vile Village: Part Two 2×06 | ND milioni – ND rating |
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.