“It means every relationship I have had, old or new has somehow been false. And I’ve always felt invisible hidden from the world like an Egyptian nightjar. And all of this makes me tremendously sad right now.”
Se per arrivare ad un episodio così ben costruito come “Utangatta” occorreva condire quasi l’intera stagione di dialoghi al limite del no sense e di puntate talmente criptiche da risultare pedanti e sonnolenti, ne è comunque valsa la pena. Senza ombra di dubbio.
Dopo due episodi poco più lunghi di una normale puntata comedy, infatti, ecco che Maniac torna in pista con un episodio ben costruito e che riesce a recuperare tutti i filoni di trama fin qui introdotti concedendo ad ognuno di essi una giusta e degna conclusione.
Owen ed Annie si ritrovano a lottare contro i propri demoni interiori nella fase del conflitto.
Ben organizzati ed armati, decisi a mantenerli divisi impersonificando i così identificati bastoni fra le ruote, questi demoni compaiono nell’ennesima proiezione mentale creata attraverso il test dai cervelli di Owen ed Annie.
Come un moderno Ulisse, il personaggio interpretato da Hill era riuscito a fare ritorno dalla sua personale Penelope (Annie), appena in tempo per vederla allontanarsi in maniera forse definitiva: il patto che la ragazza aveva stretto con Gertrude (il computer) non risultava avere possibili vie d’uscita.
Ma come ultimo sforzo e decisa forse a riscattarsi, Annie decide di affrontare il proprio destino ed il proprio demone del passato per eccellenza: la morte della sorella. Tale decisione la porta a confrontarsi direttamente con Gertrude che ammette di essere ancora profondamente affranta dalla morte di Robert. Il profondo, ma breve scambio di battute che avviene tra le due donne (Gertrude ha assunto le sembianze della madre di James) scuote nel profondo entrambe: Gertrude realizza che, nonostante la sua profonda conoscenza dell’animo umano, l’interiorizzazione di un lutto è un processo lungo e talmente sfaccettato da essere gestito in maniera differente da essere vivente ad essere vivente; Annie prende finalmente coraggio, riuscendo a concludere il discorso intrapreso con la sorella poco prima che morisse. L’addio tra le due, avvenuto con un abbraccio, risulta essere uno dei momenti meglio costruiti della serie. Non è il banale drama o la costruzione della scena che spinge lo spettatore ad empatizzare che portano ad elevare suddetta scena: la recitazione di Emma Stone e Julia Garner colpisce dritto al cuore per intensità e coinvolgimento emotivo, soprattutto per la tematica (una giovane, violenta ed inaspettata morte) trattata e dalle ripercussioni (perdizione mentale e fisica di Annie) che la stessa ha avuto.
Maniac con questo episodio cerca di raccontare e di filosofeggiare attorno ad una tematica, la ricerca di sé stessi, che spesso e volentieri si è ritrovata al centro di narrazioni cinematografiche e seriali. Tuttavia, cerca di farlo a modo suo.
Gertrude: “When will I stop feeling this way about Robert?”
Annie: “You won’t. You’re always gonna feel this way. You’re just gonna have to figure out how to adjust around it.”
Gertrude: “I’ve looked into 882 minds. I don’t know how I’m supposed to adjust to that.”
Annie: “Nobody does.”
Snorri (proiezione di Owen) afferma ad un certo punto che sia lui, sia la giovane killer Annie sono uguali non avendo più ricordi del loro passato. Ecco quindi che ora devono costruire il loro vero Io. Ma un ricordo, un fatto accaduto nel passato, per quanto spiacevole possa essere, non può essere semplicemente archiviato e cancellato dalla memoria: la mente umana deve scendere a patti con la realtà, cercare di interiorizzarlo e successivamente superare la fase di shock. Owen è riuscito già nello scorso episodio a porre una sorta di conclusione a quel perenne senso di inadeguatezza famigliare che provava nei confronti del fratello e del padre, ma Annie? Ad Annie toccava la sfida più grande, ossia quella di continuare a vivere nella realtà non cedendo alla possibilità di rimanere bloccata nella macchina con la proiezione mentale della sorella. Ma per farlo doveva affrontare e sconfiggere proprio questo fantasma del suo passato. Una sfida che ha sempre evitato di affrontare se si tiene bene a mente la scena della stazione dei treni durante avvenuta durante la seconda puntata.
Annie ed Owen forse non sarebbero riusciti nelle loro personali sfide senza uno l’appoggio dell’altra. E Maniac cerca di trasmettere anche questo messaggio, ossia l’importanza del aiuto tra un individuo e l’altro ed il fondamentale apporto che può avere il supporto vicendevole.
La puntata, tuttavia, concede anche ad Owen l’opportunità di dire addio ad una persona, o forse sarebbe meglio dire allucinazione, a lui particolarmente cara: sarà proprio Jed a supportare nuovamente Owen nella fase più delicata del salvataggio, spronandolo e rimanendogli accanto. Ma con la conclusione di quella fase, le strade dei due non avrebbero più avuto modo di incrociarsi. Ecco quindi che il salvataggio di Owen non è rivolto solamente agli altri, alle persone che hanno preso parte al test ed ai tecnici di laboratorio, ma anche e soprattutto a sé stesso.
L’episodio si conclude proprio nella fase di risveglio delle cavie, alla fine di quello che può essere tranquillamente definito come incubo. Ma un incubo che risulta essere un piacere per gli occhi dello spettatore.
“Save them. This is what we always talk about, this is what the training was for. Save the world. Save Annie. Save yourself.”
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The Lake of the Clouds 1×08 | ND milioni – ND rating |
Utangatta 1×09 | ND milioni – ND rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.