“Hot Cheetos and Takis, Hot Cheetos and Takis,I get enough of These Hot Cheetos and Takis, Snack, snack, snack, crunch.“
Nel suo libro “Craft Tv Writing: Thinking Inside The Box” Alex Epstein dice che il vero motivo per cui lo spettatore guarda e ama una serie sono i suoi personaggi. Per Epstein questi ultimi devono essere bloccati in un limbo e l’unico modo per conoscerli meglio è la rivelazione progressiva attraverso dei flashback. Queste parole scritte nel 2006 hanno ancor più peso nel 2017, quando a farla da padrone c’è il binge watching e soprattutto se l’oggetto dell’analisi è un prodotto come Orange Is The New Black, serie che ha spezzato dogmi (come ad esempio l’appartenenza o meno ad un genere) e che ha raccontato in maniera particolarissima la femminilità e il mondo. Le ragioni per cui si torna a Litchfield sono sicuramente le sue protagoniste e l’amore che si prova per esse: le detenute non sono persone eppure il modo in cui si parla di esse le rende tali, amiche, sorelle, figure che fanno parte della nostra vita. Ancora pesa la morte di Poussey da cui è nata la lunga ed estenuante rivolta, oggetto del racconto di questa quinta stagione. Il messaggio che si portano dietro questi due avvenimenti è quello del movimento Black Lives Matter in cui c’era già il timore-presagio della presenza Trump, in cui si combatteva contro l’iniquità del sistema carcerario. In questa stagione c’è tutto ciò e molto di più, mentre la “guerriglia” impazza, Orange perde i suoi cardini e lo spettatore rimbalza tra i gruppi delle detenute. Nell’episodio “Flaming Hot Cheetos, Literally” incontriamo le detenute che si rilassano e prendono il sole – Dayanara, Alex, Ruiz -, Doggett che deve subire le conseguenze dei suoi gesti e Boo che tenta di salvare l’amica in stile Law and Order; poi c’è Piper che vuole unirsi alla lotta e infine le nere, capeggiate da Taystee, che vogliono commemorare Poussey.
“These snacks are delicious. Spicy. Cheesy. Crunchy. […] The President of The United States sent them. […] We Won. American is great.“
La lotta continua dentro Litchfield. Una lotta dura, senza paura per le detenute più amate della serialità contemporanea. A qualcosa sono arrivate, poca cosa forse ma è un segnale; minimo, infinitesimale per qualunque altra persona, per loro invece dimostrazione che qualcuno le sta ascoltando.
Cheetos, taki e tampax rappresentano i primi risultati della lotta. Entusiasmo puro e semplice. “They are meetings our demands” dice Taystee, una rivoluzionaria in erba, in grado di comandare “l’esercito”, eroina delle sue compagne ma anche dell’intero carcere. Sono convinte di aver vinto, di aver raggiunto un primo step nella scalata verso una vita più dignitosa e verso la conquista della giustizia per la loro compagna morta. Impreparate ai tatticismi di un negoziato, le donne non capiscono che in realtà tutto è solo un do ut des: ora da loro ci si aspetta il rilascio dei prigionieri. A metà tra vita fuori e vita dentro le carcerate si muovono in un interregno in cui è evidente che hanno perso il contatto con la realtà, con le dinamiche sociali: per le detenute è un evento poter mangiare quelle patatine che hanno il sapore di vittoria e di libertà e non riescono a scorgere ciò che c’è dietro. Ed è ancora più evidente questo spaesamento quando la mamma di Dayanara, in qualità di ex detenuta, viene intervistata in tv e appare come un animale in gabbia di fronte alle telecamere.
La telefonata ufficiale scatena la rabbia di Taystee che non vuole assecondare il nemico, si sente nuovamente umiliata, non presa in considerazione da coloro che le hanno già prese in giro e addirittura uccise. E’ ancora troppo doloroso il ricordo di Poussey – Soso e Janae parlano continuamente di lei – per poter essere comprate da sacchetti di patatine. “They were bride. Mr. Fancy-Pants Governator tought he would trick us into surrendering with snack and tampons” dice Taystee; concetto che poi si completa con Cindy che rincara la dose aggiungendo “They trying to plug all our holes”. Una guerrilla che non finisce qui e che raggiunge l’apice nella scena in cui le ragazze bruciano gli snack e i tamponi. La corifea della Giustizia è ancora Taystee e dal punto di vista narrativo risultano riusciti i flashback a lei dedicati: la lei diciottenne viene illusa di poter vivere con la madre ma poi la sue speranze vengono disattese, così l’adulta di oggi viene scaraventata nella cruda realtà della spietata politica. Come allora era stata violenta con colei che l’aveva generata per dimostrare la rabbia e il rancore che aveva dentro, così oggi brucia quelle merci di scambio, sporche di inganno.
“What if it was you in there? Wouldn’t you want that chance to explain yourself before you got thrown into a shit box? I mean, come on, let’s be better than they are. Let’s have a little due process.”
La giustizia è anche il tema centrale nella vicenda di Doggett che ha salvato sì il suo innamorato-carnefice ma ha messo in pericolo le sue compagne. E’ interessante notare però che inizia a serpeggiare tra le detenute, in questo caso per bocca di Boo, l’esigenza di una giustizia più alta che si esemplifica con il “due, due, due” invece del “poo, poo, poo”. Al di là di questo pollice alto e pollice verso, serpeggia l’idea che devono essere migliori dei loro carnefici e soprattutto che se in passato non hanno avuto la possibilità di difendersi personalmente, ora è arrivato il momento di farlo. Tutto questo viene ovviamente raccontato alla maniera di Orange Is The New Black, a metà tra dramma e commedia (il riferimento a Bayside School, la citazione di Law & Order).
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Sing It, White Effie 5×05 | ND milioni – ND rating |
Flaming Hot Cheetos, Literally 5×06 | ND milioni – ND rating |
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora
Tags:
Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.