Tommy: “Oh, it’s pretty dark, Frances.”
Di norma quando ci si approccia ad un “secondo episodio”, solitamente contraddistinto da una marcata componente transitoria, si tende a giustificare un’eventuale calo di ritmo proprio per la sua natura prettamente introduttiva. Peaky Blinders, comunque, pare essere immune a tale categorizzazione e, come ci si aspettava, la serie entra subito nel vivo senza troppi preamboli.
L’episodio si apre con una sequenza che è puro piacere per gli occhi, tutto coopera alla creazione di quella sensazione di tensione costante che oramai avevamo dimenticato dopo i quasi due anni di attesa dal finale della quarta stagione. La discesa all’inferno di Tommy non si ferma, il passato ritorna prepotentemente e attraverso la paura e la tensione porta tutti sullo stesso piano, quello umano. Il campo minato lasciato dai Billy Boys proprio sotto il manichino crocifisso di Tommy diventa così un’immagine di incredibile potenza visiva: da anni ormai il protagonista cammina incerto sul ciglio di un abisso – o un campo minato appunto – diviso tra i suoi due ruoli di leader di un’organizzazione criminale e padre di famiglia, storicamente – almeno dal punto di vista televisivo – miscela esplosiva che nella maggior parte dei casi porta alla distruzione (o all’autodistruzione) del protagonista, e giunti a questo punto l’ingresso in politica, giunto in maniera piuttosto improvvisa, non sembra aiutare Thomas in tal senso.
La scorsa stagione abbiamo visto i Peaky Blinders alle prese con la mafia di New York, ma questa volta l’imminente pericolo arriva dai vicini di casa scozzesi, Glasgow per la precisione, cattivi decisamente meno stereotipati dei Changretta ma altrettanto pericolosi e spietati. La crocifissione del figlio di Aberama Gold, avvenuta sotto lo sguardo attonito del padre ferito, rappresenta senza dubbio il momento più crudo raggiunto dall’episodio, reso ancor più potente dalla consueta cura per le immagini e dall’ottima interpretazione di Aidan Gillen, disperato a tal punto da puntare un’arma contro il leader dei Peaky Blinders nel cortile della sua stessa abitazione sul finale di puntata.
La crisi di Thomas sembra estendersi a tutti quanti i membri della banda: Michael, marchiato come traditore dai suoi stessi familiari; Finn, in preda alla ciclica “crisi del fratello minore” che si sente messo da parte dai “generali” della famiglia; perfino Arthur, trascinato giù nel baratro da Tommy, complice anche la sua cieca fiducia e dedizione nei confronti della famiglia. Tutti i Peaky Blinders vengono inghiottiti da questo vortice di follia e violenza che non lascia scampo, e con loro anche le donne accanto a loro.
Un altro episodio magistrale sotto ogni punto di vista, niente di nuovo per questa serie. Come al solito lo show lascia da parte la calma e la leggerezza – complice anche il numero ridotto di episodi – in favore di una trama fatta di morti, feriti e contusi, elemento che per alcuni potrà essere un difetto ma che nell’attuale panorama seriale rappresenta una boccata d’aria fresca. La corona in testa a King Tommy è un trofeo ambito e conteso tra i vari criminali inglesi e oltreoceano, ma il leader dei Peaky Blinders sembra essere intenzionato a tirare fuori gli artigli (“Everyone fucking needs me“) in una sequenza, quella conclusiva, in pieno stile Scarface. Perché alla fine le persone avranno sempre bisogno di persone come Thomas Shelby per poter puntare il dito e dire “quello è il cattivo”.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Black Tuesday 5×01 | 6.24 milioni – ND rating |
Black Cats 5×02 | 5.92 milioni – ND rating |
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.