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Un personaggio iconico; un film che ha segnato un’epoca (ed una edizione degli Oscar, come riportato nella recensione del pilot); un produttore come Ryan Murphy; un’attrice poliedrica come Sarah Paulson, in grado di catturare l’attenzione dello spettatore anche con un solo, vacuo, sguardo. Può tutto questo essere sufficiente per creare una serie tv non all’altezza delle aspettative, ma quanto meno gradevole da seguire e vedere? Considerati gli elementi di cui sopra no, visto e considerato che sembra mancare la cosa più importante di tutte: una storia. E “Got No Strings” a suo modo conferma proprio questa mancanza.
La figura di Ratched viene ambivalentemente portata avanti sia come pacifica vittima, sia come sanguinolento carnefice. Una costruzione che a suo modo potrebbe, probabilmente nel pensiero degli sceneggiatori, concedere maggiore profondità al personaggio della Paulson. Insomma, Mildred è stata vittima di soprusi ed atteggiamenti disumani, quindi la sua cattiveria dovrebbe essere giustificata rendendola una sorta di sociopatica, ma compresa dal pubblico: idealmente dovrebbe essere questa la rappresentazione che viene restituita al pubblico. In realtà Ratched, inteso come serie, fa apparire i propri personaggi caratterizzati in maniera totalmente disconnessa e non con una parvenza di sociopatia.
Un esempio riscontrabile in questo episodio è sicuramente Dolly, la ragazza acqua e sapone che fa l’infermiera e che è attratta dal cattivo ragazzo di turno, ebbene in questo sesto episodio si tramuta nel personaggio più spietato e cinico tanto che lo stesso Edmund (che ha ammazzato a sangue freddo diverse persone e tagliato la gola ad una guardia la sera prima, giusto per ricordarlo) le ammette di essere spaventato dal suo atteggiamento. Forse la carica d’adrenalina, forse la passione crescente, forse il colpo di pistola sparato verso Gwendolyn, fatto sta che Dolly si tramuta in ogni suo singolo aspetto.
Trasformazione che, ovviamente, troverà il suo coronamento nel risvolto più telefonato mai visto prima: ammazzata da una sventagliata di proiettili mentre agisce disperata contro la polizia che, dopo aver accerchiato il fienile in cui si erano nascosti, sta per arrestare Edmund. Una fine ingloriosa per un personaggio che aveva perso totalmente di senso all’interno della storia a causa di una trasfigurazione completamente esagerata e campata per aria.
L’intera sequenza di Edmund e Dolly, inoltre, è costruita attorno al cliché della fuga d’amore tra i due criminali, alla Bonnie e Clyde, come la giovane infermiera stessa richiama alla mente del ragazzo. Una sequenza eccessivamente diluita tra litigi, risvolti violenti ed un’incontenibile passione: il tutto si prolunga dall’inizio della puntata fino alla sua conclusione, rubando minuti preziosi ad una storia (quella di Ratched) che ormai fatica a risultare interessante.
Un’altra sequenza da mani nei capelli è sicuramente quella riguardante l’esposizione del doloroso passato di Mildred. Nota doverosa: ciò che rende questa sequenza totalmente esagerata e senza senso non è la narrativa, quanto piuttosto l’elemento tecnico. Il passato di Ratched, messo a nudo e portato all’attenzione del grande pubblico è di grande interesse e carico di dolore e non può non rendere interessante il personaggio interpretato da Sarah Paulson. Dove sta di casa, quindi, il marcio?
Mildred e Gwendolyn (convenientemente rimessa a nuovo dopo un colpo di pistola in pieno addome) decidono che è un perfetto giorno per andare ad un teatro dei burattini: d’altra parte la sera prima era solamente evasa la figura di più alto prospetto all’interno della clinica, aiutato da un’infermiera, dopo che una guardia era stata brutalmente sgozzata, perché no?
Il teatro dei burattini, come una calamita, raccoglie tutti i ricordi dell’infanzia passata di Mildred così egregiamente tenuti nascosti ai più. Ricordi che purtroppo Mildred rivive (e con lei il pubblico) passo dopo passo, dall’inizio alla fine. Una sequenza di circa sette minuti, come si è detto, toccante, profonda e che sembrava aver elevato finalmente anche la narrativa di Ratched (visto e considerato che il comparto tecnico si è sempre attestato su di un livello ben più che sufficiente). Ma ecco la brillante idea: dopo questa sequenza ne segue subito un’altra in cui Mildred spiega (di nuovo, passo per passo) tutto il suo passato a Gwendolyn, esponendo nuovamente quanto già visto nella sequenza precedente. Cinque minuti totalmente inutili, superflui e ridondanti che potevano essere benissimo evitati, che allungano la narrazione in modo del tutto inconveniente e che, gioco forza, indeboliscono quanto di buono in precedenza esposto.
E quindi, dopo sei puntate ci si ritrova a domandarsi: ma questa serie era davvero necessaria? Perché per ora sembra solo un’immensa perdita di tempo per tutti quanti.
La figura di Ratched viene ambivalentemente portata avanti sia come pacifica vittima, sia come sanguinolento carnefice. Una costruzione che a suo modo potrebbe, probabilmente nel pensiero degli sceneggiatori, concedere maggiore profondità al personaggio della Paulson. Insomma, Mildred è stata vittima di soprusi ed atteggiamenti disumani, quindi la sua cattiveria dovrebbe essere giustificata rendendola una sorta di sociopatica, ma compresa dal pubblico: idealmente dovrebbe essere questa la rappresentazione che viene restituita al pubblico. In realtà Ratched, inteso come serie, fa apparire i propri personaggi caratterizzati in maniera totalmente disconnessa e non con una parvenza di sociopatia.
Un esempio riscontrabile in questo episodio è sicuramente Dolly, la ragazza acqua e sapone che fa l’infermiera e che è attratta dal cattivo ragazzo di turno, ebbene in questo sesto episodio si tramuta nel personaggio più spietato e cinico tanto che lo stesso Edmund (che ha ammazzato a sangue freddo diverse persone e tagliato la gola ad una guardia la sera prima, giusto per ricordarlo) le ammette di essere spaventato dal suo atteggiamento. Forse la carica d’adrenalina, forse la passione crescente, forse il colpo di pistola sparato verso Gwendolyn, fatto sta che Dolly si tramuta in ogni suo singolo aspetto.
Trasformazione che, ovviamente, troverà il suo coronamento nel risvolto più telefonato mai visto prima: ammazzata da una sventagliata di proiettili mentre agisce disperata contro la polizia che, dopo aver accerchiato il fienile in cui si erano nascosti, sta per arrestare Edmund. Una fine ingloriosa per un personaggio che aveva perso totalmente di senso all’interno della storia a causa di una trasfigurazione completamente esagerata e campata per aria.
L’intera sequenza di Edmund e Dolly, inoltre, è costruita attorno al cliché della fuga d’amore tra i due criminali, alla Bonnie e Clyde, come la giovane infermiera stessa richiama alla mente del ragazzo. Una sequenza eccessivamente diluita tra litigi, risvolti violenti ed un’incontenibile passione: il tutto si prolunga dall’inizio della puntata fino alla sua conclusione, rubando minuti preziosi ad una storia (quella di Ratched) che ormai fatica a risultare interessante.
Un’altra sequenza da mani nei capelli è sicuramente quella riguardante l’esposizione del doloroso passato di Mildred. Nota doverosa: ciò che rende questa sequenza totalmente esagerata e senza senso non è la narrativa, quanto piuttosto l’elemento tecnico. Il passato di Ratched, messo a nudo e portato all’attenzione del grande pubblico è di grande interesse e carico di dolore e non può non rendere interessante il personaggio interpretato da Sarah Paulson. Dove sta di casa, quindi, il marcio?
Mildred e Gwendolyn (convenientemente rimessa a nuovo dopo un colpo di pistola in pieno addome) decidono che è un perfetto giorno per andare ad un teatro dei burattini: d’altra parte la sera prima era solamente evasa la figura di più alto prospetto all’interno della clinica, aiutato da un’infermiera, dopo che una guardia era stata brutalmente sgozzata, perché no?
Il teatro dei burattini, come una calamita, raccoglie tutti i ricordi dell’infanzia passata di Mildred così egregiamente tenuti nascosti ai più. Ricordi che purtroppo Mildred rivive (e con lei il pubblico) passo dopo passo, dall’inizio alla fine. Una sequenza di circa sette minuti, come si è detto, toccante, profonda e che sembrava aver elevato finalmente anche la narrativa di Ratched (visto e considerato che il comparto tecnico si è sempre attestato su di un livello ben più che sufficiente). Ma ecco la brillante idea: dopo questa sequenza ne segue subito un’altra in cui Mildred spiega (di nuovo, passo per passo) tutto il suo passato a Gwendolyn, esponendo nuovamente quanto già visto nella sequenza precedente. Cinque minuti totalmente inutili, superflui e ridondanti che potevano essere benissimo evitati, che allungano la narrazione in modo del tutto inconveniente e che, gioco forza, indeboliscono quanto di buono in precedenza esposto.
E quindi, dopo sei puntate ci si ritrova a domandarsi: ma questa serie era davvero necessaria? Perché per ora sembra solo un’immensa perdita di tempo per tutti quanti.
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Il momento di vera gioia durante la visione di Ratched è sicuramente il “salta intro” offerto da Netflix. Sarebbe bello poter avere anche l’opzione “salta scene totalmente inutili e arriva alle uniche parti che ti potrebbero interessare per capire la serie”.
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.