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Dopo aver concluso la visione del nuovo prodotto seriale di Romansky & Murphy, si ha come la sensazione di non aver del tutto compreso la serie. Essersi immersi per otto puntate nel mondo di Ratched, equivale ad aver realizzato un vero e proprio tuffo nel mondo di Ryan Murphy e ciò lo si evince facilmente da svariati fattori: i temi trattati, la regia, la cura maniacale per i dettagli delle ambientazioni e dei costumi, la grande importanza data al lato estetico con una fotografia – seppur solo in apparenza – calda e patinata. Ratched, quindi, è sicuramente un prodotto Murphiano a tutto tondo, ma risente la mancanza di una solida sceneggiatura, come se una meravigliosa cornice intarsiata, adornasse un dipinto mediocre ed anonimo. La trama principale, infatti, che solitamente dovrebbe avere la stessa rilevanza riservata al comparto tecnico, non viene sfruttata a dovere e finisce per essere diluita in troppe storylines secondarie, alcune di esse senza capo né coda.
Bocciare totalmente la serie sarebbe una mossa azzardata, in quanto la qualità del prodotto e la bravura del casting spiccano da sole, episodio dopo episodio, ma il problema principale, per lo spettatore, è quello di capire il fine ultimo degli autori. La prima stagione di Ratched, così come annunciato, doveva svelare i segreti sepolti nel passato di Mildred; segreti che l’avrebbero portata a trasformarsi nella Grande Infermiera, ma le aspettative sono state ampiamente deluse. Tanto hype e niente arrosto, verrebbe da dire. Stuzzicare la curiosità del pubblico, chiamando in causa un personaggio altisonante come Mildred Ratched, è già di per sé un’impresa ardua, data l’importanza, la fama ed il peso mediatico del character in questione ed è per questo che una tale sfida debba necessariamente essere sostenuta da una sceneggiatura coinvolgente. Romansky & friends, invece, hanno dato l’impressione di aver preso sotto gamba la faccenda, usando la tematica delle “origini di Ratched” solo come specchietto per allodole, per attirare pubblico e dare risalto al loro prodotto. Se, infatti, togliessimo dall’equazione l’interpretazione del cast ed il lato estetico, di Ratched non rimarrebbe nulla di rilevante e memorabile. Da qui il paragone con la splendida cornice per un dipinto da dilettanti.
Esempio lampante di questa considerazione è il season finale, intitolato “Mildred And Edmund”: una conclusione di stagione assolutamente non all’altezza, dove la confusione regna sovrana e dove i colpi di scena vengono gestiti in maniera elementare e raffazzonata. Tutta la parentesi della liberazione di Edmund da parte di Charlotte Wells/Dottor Hanover – una maestosa ed inquietante Sophie Okonedo – raggiunge livelli di assurdità tali da non ammettere giustificazione alcuna. In Ratched si è voluta mettere troppa carne al fuoco: le troppe trame secondarie hanno finito con il disperdere il vero leitmotiv della serie, il quale si è ritrovato intrappolato in una matassa disordinata di scelte narrative discutibili.
Ratched non è sicuramente una serie per tutti, in quanto la mano di Murphy risulta preponderante, così come la sua visione del mondo ed i suoi personaggi sempre sopra le righe, fino a diventare veri e propri freaks. Ciononostante, ci si aspettava una componente thriller più marcata ed un guizzo creativo in più, senza per forza riciclare tematiche e sequenze alla American Horror Story. Non si è sicuramente reso giustizia al character nato dalla penna di Ken Kesey, il quale risulta ancora molto distante dalla sua evoluzione finale. Ratched, quindi, sembra più un esercizio di stile per Murphy ed i suoi deliri, che continua, inesorabilmente, a ripetere se stesso.
Esempio lampante di questa considerazione è il season finale, intitolato “Mildred And Edmund”: una conclusione di stagione assolutamente non all’altezza, dove la confusione regna sovrana e dove i colpi di scena vengono gestiti in maniera elementare e raffazzonata. Tutta la parentesi della liberazione di Edmund da parte di Charlotte Wells/Dottor Hanover – una maestosa ed inquietante Sophie Okonedo – raggiunge livelli di assurdità tali da non ammettere giustificazione alcuna. In Ratched si è voluta mettere troppa carne al fuoco: le troppe trame secondarie hanno finito con il disperdere il vero leitmotiv della serie, il quale si è ritrovato intrappolato in una matassa disordinata di scelte narrative discutibili.
Ratched non è sicuramente una serie per tutti, in quanto la mano di Murphy risulta preponderante, così come la sua visione del mondo ed i suoi personaggi sempre sopra le righe, fino a diventare veri e propri freaks. Ciononostante, ci si aspettava una componente thriller più marcata ed un guizzo creativo in più, senza per forza riciclare tematiche e sequenze alla American Horror Story. Non si è sicuramente reso giustizia al character nato dalla penna di Ken Kesey, il quale risulta ancora molto distante dalla sua evoluzione finale. Ratched, quindi, sembra più un esercizio di stile per Murphy ed i suoi deliri, che continua, inesorabilmente, a ripetere se stesso.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Il primo ciclo di Ratched si congeda con un episodio che segue l’andazzo generale della serie: tanta, forse troppa, attenzione al lato estetico e tanta superficialità per quanto riguarda la sceneggiatura. Una prima stagione puramente introduttiva, che ha risposto solo in minima parte alle aspettative. La Grande Infermiera Mildred Ratched è distante ancora anni luce.
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Se volete entrare nelle sue grazie, non dovete offendere: Buffy The Vampire Slayer, Harry Potter, la Juventus. In alternativa, offritele un Long Island. La prima Milf di Recenserie, ma guai a chiamarla mammina pancina.