Better Call Saul 6×03 – Rock And Hard PlaceTEMPO DI LETTURA 7 min

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Recensione Better Call Saul 6x03Solo tre episodi andati in onda e questa sesta ed ultima stagione di Better Call Saul sembra non avere intenzione di allentare la presa sullo spettatore, confezionando l’ennesimo gioiello televisivo in una serie che in sette anni e 53 episodi non ha mai mostrato segni di cedimento, non scoprendo mai il fianco al suo vasto ed esigente pubblico.
Il team di scrittura messo insieme da Gilligan e Gould ha ampiamente dimostrato di poter tessere un ordito narrativo dall’altissimo potenziale drammaturgico, senza mai trascurare personaggi e dedicando invece a ciascun interprete l’attenzione e il tempo necessari a valorizzare ogni piccolo e apparentemente insulso particolare. E questa puntata, come tante altre in passato, rappresenta in tal senso una prova schiacciante in merito alle incredibili capacità di scrittura in seno alla sempre attenta ed oramai rodata writing room di Better Call Saul.

LA VIA VERSO LA LIBERTÀ


Qué más hay que decir?

Che altro c’è da dire? Nulla. E questo Nacho lo sa bene. Ciò che doveva essere detto è ormai stato detto da tempo. E l’opinione del padre in merito alla sua vita criminosa è ben nota a tutti, pubblico compreso. Nel momento esatto in cui Nacho riaggancia la cornetta, ancora in lacrime per aver ascoltato la rassicurante voce del padre, il destino del ragazzo è ufficialmente segnato.
La puntata è intrisa di tragedia, e la sensazione di inevitabilità che serpeggia nell’aria raggiunge in quella telefonata il suo apice. Senza dover ripercorrere l’intera storia familiare, questo breve e semplice botta e risposta fornisce tutte le informazioni per ricostruire una difficile relazione padre/figlio fatta di alti e bassi – soprattutto bassi – contraddistinta sia dall’amore incondizionato di un genitore verso suo figlio ma anche da una profonda delusione per le scelte “lavorative” compiute da Nacho. Non c’è bisogno di un vero e proprio addio, poiché entrambi sembrano aver già, quantomeno inconsciamente, accettato l’imminente e tragica fine del ragazzo.
Anni di illegalità, immoralità e costante fuga dalla morte, raggiungono qui in “Rock And Hard Place” la loro “naturale” conclusione. Trovatosi in mezzo ad un braccio di ferro tra fazioni rivali, ciascuna desiderosa, per ragioni diverse, di vederlo soffrire, Nacho si assicura qualche ora in più di libertà, optando poi per un’opzione tanto inaspettata (più che altro perché ci si trova soltanto al terzo appuntamento stagionale) quanto coerente con il pensiero e il percorso del personaggio interpretato da Michael Mando. C’è del dispiacere, naturalmente, per la sorte del character, sicuramente uno tra i preferiti dal pubblico, ma c’è anche molta soddisfazione nel constatare per l’ennesima volta le incredibili capacità di storytelling del team di Gilligan e Gould.
L’estremo gesto del ragazzo, arrivato dopo un ultimo sfogo contro i Salamanca che chiude perfettamente il percorso del personaggio consentendogli così di ottenere la migliore uscita di scena possibile (forse, in termini di realismo, avrebbe dovuto quantomeno cercare di portare con sé Bolsa o qualche Salamanca vista la rara opportunità, ma ciò naturalmente manderebbe in frantumi la continuità narrativa con Breaking Bad, quindi va bene così) alle sue condizioni e dopo aver fatto presente in maniera abbastanza eloquente quale sia il suo pensiero in merito alla disgustosa famiglia Salamanca. Rivelando inoltre ad Hector di essere stato lui a costringerlo su una sedia a rotelle per tutta la vita. Forse la soddisfazione più grande in questo ultimo atto di coraggio e rispetto per se stesso portato avanti da Nacho.
Rabbia e disprezzo accompagnano quella dichiarazione finale, un vero e proprio testamento fatto di odio e frustrazione che ha lo scopo principale di ripulire, almeno parzialmente, la coscienza sporca di sangue del ragazzo e di “liberare” suo padre, ma anche lo stesso Mike, dalla prigione in cui Nacho ha deciso di autoisolarsi negli ultimi anni accettando di lavorare per i Salamanca, trasformando quindi il suo suicidio in un vero e proprio sacrificio atto a proteggere le uniche persone al mondo a lui care.

AMICO DEL CARTELLO O SPIA?


La maggior parte delle coppie probabilmente non pianifica la distruzione della carriera di un uomo rispettabile appena finito di far colazione, e altrettanto certamente un momento di questo genere non dovrebbe in alcun modo risultare dolce o romantico, eppure grazie alla chimica straordinaria tra Bob Odenkirk e Rhea Seehorn e alla consueta attenzione maniacale degli autori per quanto riguarda la costruzione di dinamiche destinate a durare nel tempo, perfino un malvagio piano di sabotaggio ai danni di un collega riesce a comunicare allo spettatore un inaspettato tocco di dolcezza. Anche durante i brevi momenti in cui i due si abbracciano e si danno una mano a prepararsi prima di andare a lavoro, si percepisce un forte senso di intimità che però, nonostante la sua naturalezza e genuinità, porta comunque lo spettatore a pensare di avere davanti una coppia accecata dalla altrettanto evidente tossicità della loro relazione.
Una volta che però Kim varca la soglia del tribunale, incontrando Suzanne, ecco arrivare l’altra grande svolta dell’episodio: con la rivelazione, da parte di quest’ultima, in merito alla vera identità di Jorge De Guzman, aka Eduardo “Lalo” Salamanca, e alla notizia della sua presunta morte nell’incendio alla sua villa, ecco arrivare anche i primi veri guai per Jimmy, difensore di un narcotrafficante (dopo aver già rappresentato in passato Nacho Varga e Tuco Salamanca) e quindi d’ora in avanti marchiato quale avvocato del Cartello. Nessun caso è ancora aperto per il momento, ma è facile intuire verso quale direzione punterà il resto di questa sesta ed ultima stagione. Sarà curioso vedere in quale modo si inserirà la figura di Kim Wexler in questa corsa finale, a maggior ragione in funzione della sua totale assenza all’interno della serie madre.
La cosa però più poetica di questo terzo episodio è il parallelismo tra Nacho e Jimmy. Due uomini di fronte ad una serie di domande per le quali pensano di avere tutte le risposte. Huell chiede a Jimmy perché ha scelto di portare avanti il piano contro Howard nonostante la sua carriera da avvocato e i soldi “puliti” guadagnati tra i banchi delle aule di tribunale, mentre il padre di Nacho pone una semplice domanda (retorica) alla fine della loro telefonata, trascritta ad inizio recensione. Frasi che, nella loro profonda differenza semantica, nascondono però le medesime intenzioni.
Entrambe, ad ogni modo, diventano successivamente l’impostazione perfetta per il quesito di Kim, fondamentale per l’economia dell’episodio e posto a Jimmy prima della sequenza finale che ha visto protagonista Nacho: “Do you want to be a friend of the Cartel, or do you want to be a rat?“, una domanda che per il momento non ottiene alcuna risposta dal protagonista, ma alla quale invece risponde il buon Nacho grazie alla sua scelta di lasciare questa Terra alle sue condizioni.
Un parallelismo che non fa altro che conferire al sacrificio di Nacho un ulteriore tocco di epicità e che porta Jimmy alle prese con la scelta che, probabilmente, contribuirà al completamento della trasformazione del personaggio nel suo alter ego Saul Goodman. Una trasformazione che in più di un’occasione sembrava essere giunta a compimento e che invece, a giudicare dall’espressione dubbiosa e spaventata di Jimmy, sembra essere ancora lontana dalla sua completa realizzazione.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Sempre un piacere per gli occhi
  • E soprattutto sempre ottimo lavoro di scrittura
  • La telefonata tra Nacho e suo padre
  • Saul Goodman: amico del cartello o spia?
  • Il sacrificio finale di Nacho e l’addio al suo personaggio
  • Un peccato che la continuità narrativa in relazione alla serie madre abbia privato il pubblico di un omicidio-suicidio, ma ben poco si può fare a riguardo

 

Un altro episodio tecnicamente impeccabile e che dimostra, per l’ennesima volta, le capacità di storytelling del team di Gilligan e Gould. Anche un addio importante ed il consueto parallelismo tra personaggi che vuole comunicare al pubblico quel senso di unione ed appartenenza allo stesso sistema, a prescindere da origine ed estrazione sociale, tra coloro che decidono di piegare le regole a proprio piacimento dedicando la propria vita al crimine.
La fine di Nacho è sì il momento più triste della puntata, e sicuramente della stagione giunti a questo punto, ma è anche un momento di estrema lucidità e coraggio da parte di un ragazzo che, per la prima volta, ha deciso di lottare per la sua libertà riappropriandosi della sua vita, paradossalmente, proprio decidendo di togliersela alle sue condizioni.
Un destino sicuramente più tragico di quello che attende Saul Goodman (almeno in base a quanto lo spettatore conosce finora del nuovo Saul “in bianco e nero”), ma che senza dubbio mette in mostra una maggiore consapevolezza in merito alla propria vera natura.

 

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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