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Billions 6×08 – The Big UglyTEMPO DI LETTURA 5 min

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Recensione Billions 6x08Mancano soltanto quattro episodi alla fine di questa stagione di Billions, eppure questa “The Big Ugly” sembra strutturata quasi come si trattasse di una puntata conclusiva. Certo, si tratterebbe di un sogno che si avvera per Chuck, per una volta (almeno temporaneamente) in vantaggio rispetto al suo avversario e visibilmente determinato a distruggere questa sempre più dirompente supremazia oligarghica che sembra ormai dominare gran parte della città di New York. Tutto però sembra essere troppo bello per il personaggio di Giamatti, il quale infatti non ci concede (ancora) un sorriso, reduce del suo passato da gongolatore precoce e probabilmente già pronto a incassare la risposta, sicuramente dura, del suo avversario Michael Prince.
L’era post-Axelrod sembrava aver portato con sé un nuovo modo di concepire i cosiddetti squali della finanza, lasciando posto a nuovi miliardari sì concentrati sul profitto, ma almeno in apparenza molto più umani di automi dediti al puro e semplice tornaconto economico come appunto era Bobby Axelrod.
Naturalmente, lo spettatore conosce bene la cruda verità. L’oscurità si nasconde ovunque, perfino dietro alla figura pacata e serena di Michael Prince, dipinto come buono soltanto perché un pochino meglio di miliardari senza scrupoli come Axe, ma pur sempre implicato in affari tutt’altro che puliti e ugualmente disposto a tutto – anche a passare sopra i sentimenti delle proprie figlie, giusto per non dimenticare – pur di portare a compimento i suoi sempre ambiziosi piani di conquista. I secondi finali dell’episodio acquisiscono così un significato ancor più forte. Lo sguardo pieno di rancore e risentimento di Prince, colpito duramente sia sul fronte Olimpiadi che su quello strettamente personale, nasconde nella sua cupezza un nemmeno troppo velato messaggio rivolto agli occhi dello spettatore: la guerra è ufficialmente iniziata.

PUNTO CHUCK


In una carriera caratterizzata da – e questo è un dato di fatto – un gran numero di fallimenti quando si tratta di incastrare multimiliardari onnipotenti, Chuck porta finalmente a casa la prima reale vittoria stagionale per casa Rhoades. Una vittoria che giunge abbastanza inaspettatamente, merito soprattutto dell’opera di distrazione compiuta dagli autori, bravissimi a concentrare le proprie forze su tradimenti, invidie, accese rivalità, decisioni impulsive e potenzialmente devastanti a livello finanziario e quant’altro servisse al pubblico per essere distratto dal vero colpo di scena della puntata. C’è anche spazio per una parentesi romantica in casa Prince, certamente la meno interessante per tutti coloro che, come René Ferretti e il presente recensore, odiano ste scene demmerda de baci demmerda, ma utile a comprendere ulteriormente il character di Corey Stoll e ciò che concerne la sua sfera emotiva.
L’inizio di puntata, però, puntava in tutt’altra direzione. Da una parte, i piani di Mike per le Olimpiadi andati a buon fine e una ritrovata serenità anche a livello personale; dall’altra, un Chuck quasi rinvigorito dalla sua nuova collaboratrice, ma ancora alla ricerca di un’escamotage per riuscire a rovinare i sogni di gloria di Prince. Si tratta forse dell’episodio meglio scritto all’interno di questa stagione, che inizialmente sembra suggerire al pubblico che Chuck, trovandosi senza nulla di concreto da impugnare se non le sue doti di oratore e le sue capacità intimidatorie, si trovi ancora una volta in netta difficoltà rispetto al suo avversario. E di fatto la situazione è proprio questa.
Tenendo fede alla nuova caratterizzazione di Chuck Rhoades, quella dell’uomo del popolo disposto a tutto pur di rovesciare lo strapotere degli oligarchi, il personaggio di Giamatti torna a vincere utilizzando le sue armi migliori (intelligenza ed intimidazione) e mostrando a tutti i suoi avversari ciò che può succedere nel momento in cui le sue azioni vengono mosse in nome di un innato senso di giustizia invece che dall’ossessione e dalla sete di vendetta nei confronti dei cosiddetti billionaires.

MICHAEL PRINCELROD


Quello sguardo sulla faccia di Mike Prince negli ultimi secondi della puntata dice tutto. Da adesso in poi, per Chuck, sarà meglio dormire con un occhio aperto, poiché sebbene Michael Prince appaia come un tenero e pacato orsetto miliardario, non è difficile capire dove gli autori vogliano andare realmente a parare, ovvero sulla classica figura dell’uomo apparentemente quiete ed innocuo in grado di diventare anche più spietato di Axelrod una volta messo con le spalle al muro.
E infatti, merito appunto di una scrittura sempre puntuale e dialoghi finalmente un po’ meno didascalici del solito – sono comunque presenti un paio di dialoghi fintissimi che vi faranno pensare: “ma chi è che parla così nella vita reale?” – questo ottavo episodio si eleva rispetto ai suoi predecessori, arrivando perfino a sfiorare per un momento le medesime atmosfere assaporate nel corso dell’era Lewis.
Abbastanza interessanti, e questo aiuta nel quadro di una valutazione globale di questo episodio, anche le trame secondarie, in particolare quella riguardante Taylor, talmente impegnata a fare i conti con la rivalità con Philip da non rendersi conto del pessimo affare fatto con Hypersonic, ignorando tra l’altro le parole di avvertimento di Rian. Forse un po’ esagerata la parentesi “pigiama party da Wags“, ma comunque si tratta di una sottotrama quantomeno decente dedicata ad un personaggio, Taylor, oramai da un bel po’ di tempo assente dal vero centro dell’azione e ridotta a mero personaggio di supporto, tra l’altro subendo anche un progressivo instupidimento rispetto al character freddo e calcolatore che era invece ai tempi di Axelrod.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Puntata scritta molto bene
  • Chuck Rhoades finalmente porta a casa una vittoria
  • Michael Prince ora è incazzato
  • Sottotrama di Taylor interessante
  • Ancora qualche dialogo estremamente costruito
  • Parentesi pigiama party da Wags

 

Uno dei migliori episodi andati in onda nel corso di questa sesta stagione. C’è ancora molto lavoro da fare per tornare ai fasti dell’era Axelrod, ma quello sguardo conclusivo di Prince, pieno di rabbia e risentimento, certamente promette scintille.

 

 

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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