Dr. Death 2×02 – Worth the RiskTEMPO DI LETTURA 3 min

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Quando e come Paolo Macchiarini si è scoperto essere il mostro noto all’opinione pubblica non è ancora chiaro. Il gap temporale per arrivare al 2023 è ancora molto ampio e questa seconda stagione di Dr. Death sembra interessata nell’affrescare un dipinto molto ben definito prima di spostare l’attenzione sulle lacune mediche che avverranno in sala operatoria. Alcuni segnali sono già stati lasciati, come per esempio la paralisi momentanea in sala operatoria da parte di Paolo nell’istante in cui una complicazione è subentrata durante l’inserimento della trachea sintetica. Complicazione banale poi rientrata grazie all’intervento di Ana Lasbrey, mentre Paolo restava imbambolato poco lontano dal tavolo operatorio.
Piccole crepe, ancora impercettibili però. Perché Paolo Macchiarini è una persona carismatica e un medico che con il proprio modo di fare riesce a rendersi accomodante nei confronti di chiunque.

MACCHIARINI BAD GUY? PER ORA NO


È accomodante verso Benita, riuscendo a convincerla che le “complicazioni” subentrate dopo l’operazione della piccola Hannah non fossero imputabili a lui o alla troupe medica. È accomodante soprattutto verso i propri pazienti presentando la realtà dei fatti e non cercando di vendere la propria tecnica sperimentale come sicura a tutti gli effetti.
Ed è accomodante anche con i suoi colleghi, spinti dalla nomea del chirurgo a mettersi in gioco pur di progredire con una sperimentazione che veniva presentata come potenzialmente miracolosa. Nathan Gamelli (Luke Kirby) è il più restio, tra i personaggi in scena, nel dare fiducia al medico italo-svizzero. Una diffidenza legata forse più ad invidia e antipatia che per una vera e propria percezione di pericolo. Fatto sta che tutto sembra propendere, al momento, per una serie tv decisamente diversa. Però l’eloquente titolo (Dr. Death) e la realtà dei fatti riportano il pubblico alla domanda con cui si è iniziata questa recensione.

SALTI TEMPORALI A PROFUSIONE


I salti temporali restano un’arma a doppio taglio. Da una parte permettono di ampliare il passato del chirurgo senza troppa difficoltà; dall’altra alla lunga potrebbero far perdere parte del filo del discorso.
Per ora si riesce a distinguere senza troppa difficoltà questi due filoni narrativi complice anche la distanza geografica.
Nel 2012, infatti, Paolo si trova in Svezia (alla Karolinska) per portare avanti sia il trial medico, sia le prime sperimentazioni come cura compassionevole della sua trachea sintetica.
Nel 2013-2015 il focus si sposta a New York e prende in esame sia l’articolo di giornale che sta scrivendo Benita sul “Miracle Man”, sia sul rapporto tra la giornalista e il chirurgo. Per quanto la parte prettamente sentimentale risulti meno interessante rispetto alla vicenda intera, questa aiuta la sceneggiatura a dare maggiore spazio a Benita, permettendo a questa stagione di avere di fatto due personaggi principali. Anche nella prima stagione lo schema era simile (Joshua Jackson e Grace Gummer), ma qui il minutaggio pende decisamente più a favore di Mandy Moore (ottima scelta per il cast).
Il ruolo di “San Tommaso” è passato da Christian Slater/Alec Baldwin al già citato Luke Kirby: l’ossatura dello show resta quindi la medesima senza eccessivi scossoni, ma il modo in cui lo show sta portando il pubblico a scoprire la storia è decisamente molto interessante e forse anche più accattivante della prima stagione dove il destino di Christopher Duntsch era stato palesato fin dalle prime scene e poi ripercorso a ritroso con numerosi flashback.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Cast
  • Scelta della produzione di “mascherare” il vero volto di Macchiarini
  • Un true crime fatto come si deve
  • I salti temporali per ora aiutano a costruire un background completo dei personaggi
  • Mandy Moore
  • I salti temporali per ora reggono, ma continuare a raccontare così la storia potrebbe appesantire e rendere caotica la fruizione del pubblico

 

Dr. Death non sarà probabilmente lo show più atteso dell’anno, ma si tratta di un true crime antologico ben fatto, con personaggi particolari e molto interessanti, reso ancora più solido da un cast che per ora sta rispettando tutte le attese.

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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.

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