Giro di boa per la nuova miniserie di Mike Flanagan, stavolta ispiratosi ad uno dei racconti più famosi di Edgar Allan Poe: “Il Cuore Rivelatore” (The Tell-Tale Heart in originale).
La protagonista dell’episodio è la chirurga/ricercatrice Victorine LaFourcade, interpretata da T’Nia Miller.
SENSI DI COLPA
Nell’opera mastodontica che ha compiuto Flanagan nell’omaggiare l’opera seminale di Poe, un punto importante che ancora sembra sfuggire allo spettatore è il senso (e il significato) di questa narrazione.
Al di là di tutti gli aspetti tecnici sempre di alto livello, l’opera di collage tra trama orizzontale e trame verticali, si viene travolti da cose diverse non sempre tutte ben amalgamate.
I personaggi risultano tutti repulsivi allo stesso modo e la successioni delle morti, già largamente anticipate, non aiuta ad entrare pienamente in sintonia.
Andando a scavare, forse è con questo episodio che si riesce a trovare quel senso profondo. Non è un caso che, in questo episodio, il patriarca Roderick giochi un ruolo più attivo, assistendo impotente alla morte della sua prima figlia illegittima. Il gioco di parole è voluto proprio perché per la prima volta si vede un’interazione più interessante, all’interno di questa famiglia, basata sul senso di colpa.
TALE PADRE, TALE FIGLIA
Più volte Roderick, davanti a Dupin, ammette di sentirsi in colpa per la morte dei figli.
Victorine, come il padre, cade preda della follia perché non regge la responsabilità della morte di Ali, attraverso l’espediente del ticchettio ripetuto che sente nella testa e si rivela essere il cuore di Ali ormai morta, inutilmente avvolto dalla maglia salvavita brevettata da Victorine stessa.
Entrambi spiegano ai loro spettatori (Dupin per Roderick e lui stesso per Victorine) i motivi razionali che li hanno portati in quella situazione, rivelandosi loro stessi narratori inaffidabili, proprio come nel racconto cui si ispira l’episodio.
Se sulla carta la missione umanitaria di Victorine dovrebbe renderla la rappresentante più nobile della famiglia (risolvere i problemi cardiaci di malati come suo padre e sua nonna), le supposizioni di Camille sulle sue sperimentazioni pilotate e la manipolazione sulla compagna Ali, la rendono il personaggio, tra i sei figli, più interessante, proprio perché oltrepassa quella superficialità nelle caratterizzazioni finora riscontrata.
Non stiamo parlando di un personaggio così notevole da gridare al miracolo ma è evidente come questo episodio acquisisca un senso più esteso all’interno della struttura della serie.
RODERICK USHER, CHI SEI VERAMENTE?
Proseguendo l’analisi dell’episodio, è fondamentale forse chiedersi chi sia realmente il patriarca.
Se nella linea temporale del passato remoto, lo vediamo tentennare e in balia delle opinioni della sorella e della moglie, in quella del passato prossimo, torna a trovarsi di nuovo spaesato, in balia di una temibile malattia e di uno nuovo personaggio, stavolta sconosciuto (lo spirito vendicativo Verna, interpretato da Carla Gugino), che prende in mano la sua vita dettandone (di nuovo?) il destino.
La consapevolezza che il tutto derivi da una determinata scelta fatta nel capodanno del 1980, smuove le sue apparenti certezze (ma non quelle incrollabili della sorella).
Chissà se il fulcro del tutto giri intorno proprio ad una questione di scelte e alle responsabilità che ne conseguono.
Tutto questo aiuta ad alzare un po’ il livello di coinvolgimento che va oltre l’esperienza estetica con cui Flanagan vizia solitamente lo spettatore.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Un episodio che aiuta a stratificare meglio la narrazione, facendo trovare chiavi di lettura non necessariamente originali ma che regalano un senso più profondo alla narrazione.
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Dopo miliardi di ore passate a vedere cartoni giapponesi e altra robaccia pop anni ’80 americana, la folgorazione arriva con la visione di Twin Peaks. Da allora nulla è stato più lo stesso. La serialità è entrata nella sua vita e, complici anche i supereroi con le loro trame infinite, ora vive solo per assecondare le sue droghe. Per compensare prova a fare l’ingegnere ma è evidentemente un'illusione. Sogna un giorno di produrre, o magari scrivere, qualche serie, per qualche disperata tv via cavo o canale streaming. Segue qualsiasi cosa scriva Sorkin o Kelley ma, per non essere troppo snob, non si nega qualche guilty pleasure ogni tanto.