“You’re a lower rung guy, I know that much. Me too. We both got a boss, don’t we? And I get it, you say the wrong thing, or she says the wrong thing, it could knock you right off that rung. Out of the job even. I see that baby […] You’re good parents who can’t afford the medicine, so, yeah, you’re smart not to recall. Don’t want to risk it. Can’t afford to say the wrong thing. Hard to say the wrong thing. Even harder to do the right thing. But if you change your mind…”
Una grande tragedia familiare, un elemento misterioso ai limiti del sovrannaturale, il tentativo – ambizioso, quasi pretenzioso – di mettere insieme molteplici opere di un autore iconico come Edgar Allan Poe. E jumpscares, tanti jumpscares. D’altronde, con Mike Flanagan non ci si poteva aspettare nulla di diverso. Giunti a metà del percorso, il giudizio su questo nuovo show targato Netflix si attesta su una valutazione positiva, anche se non eccellente.
La riproposizione in chiave contemporanea di uno scrittore ottocentesco è stata eseguita senza particolari forzature, e quindi il racconto delle storyline si adatta bene a questo contesto cosmopolita e platinato. Avendo messo da parte i dubbi sul contesto e l’adattamento, ci si può quindi concentrare sul lato narrativo.
IL GATTO
Nella serie tv The Haunting Of Hill House, i primi episodi erano antologici ed erano dedicati al racconto delle vite dei vari componenti della famiglia Crain. Nonostante il format fosse standardizzato – e spesso si mostrassero le stesse vicende, seppur da angoli diversi – il risultato non era mai banale o ripetitivo.
In questo show, Flanagan sta riproponendo la stessa formula vincente. Al termine di ogni episodio, uno dei figli di Roderick Usher morirà. Ogni volta, però, la costruzione narrativa è ricca di spunti interessanti, di dialoghi, di interazioni tra personaggi. E, soprattutto, è ricca di momenti che ricordano la narrativa di Poe.
La morte di Napoleon, causata dal comportamento del gatto da poco adottato, si basa sul racconto omonimo al titolo di questo episodio, pubblicato nel 1843. Si tratta di un crescendo di furia ed esasperazione, la quale non può essere compresa dall’esterno. Come può un gatto portarti alla follia più totale? Nel mondo di Poe, e di Flanagan, ciò è possibile. Bastano poche scene, essere sempre nel posto più fastidioso per il padrone, e mostrarsi solo nei momenti meno opportuni.
I FIGLI CHE RESTANO
Prospero, Camille, Napoleon. Questi sono gli Usher che fino ad ora hanno perso la vita. La sensazione è che essi fossero anche dei personaggi più interessanti rispetto ai 3 fratelli che sono rimasti in vita.
Prospero, pur essendo mostrato poco, stava organizzando una gigantesca opera di ricatti grazie al party in maschera. Camille era di gran lunga la figlia più spietata e calcolatrice. Napoleon era l’unico a possedere un’apprezzabile capacità comica. Non a caso, d’altronde, il suo nome è tratto da “The Spectacles” (1844), una delle commedie scritte da Poe (ebbene sì, ogni tanto anche lui si dilettava con generi narrativi più allegri).
Fino ad ora, Frederick e Tamerlane hanno avuto uno spazio narrativo alquanto ridotto, e sono stati poco incisivi. Diverso è il discorso per Victorine, ma la sua storyline aveva senso soprattutto fino a quando esisteva il potenziale ricatto di Camille.
C’è il rischio, quindi, che i prossimi 3 episodi fatichino a mantenersi sul livello di quelli che li hanno preceduti. La speranza è che la scelta di Flanagan sull’ordine sequenziale delle morti sia stata strategica e porti i suoi frutti al termine dello show.
UN LEGAME PROFONDO
Gli episodi dedicati alle morti dei figli degli Usher sono legati dal racconto di Roderick al Procuratore Distrettuale Auguste Dupin. Il loro rapporto non è quello classico tra un miliardario che sfugge alla giustizia e un uomo di legge che lotta decenni per ottenere una condanna.
Quando Dupin lo incontrò per la prima volta, Roderick era un dipendente della Fortunato che faceva del suo meglio per comprare cibo e medicine per i suoi due figli. Dupin, quindi, conobbe un impiegato il cui capo – tra un’angheria e un’altra – diceva di voler sentire solo “Sir, Yes Sir” dai propri sottoposti.
Ai giorni nostri, dopo circa 45 anni, Dupin si trova di fronte un uomo che parla con i suoi figli e dice di voler sentire solo una frase da loro: “Sir, Yes Sir”. Quel giovane impiegato è divenuto esattamente come Rufus Griswold, il capo che lui tanto odiava.
Questo elemento è centrale nell’analisi complessiva della vicenda. Le morti dei figli sono senz’altro causate da un’azione che Roderick e Madeleine hanno commesso da giovani. Un evento che li ha trasformati in ciò che disprezzavano. Un evento che, a decenni di distanza, sta presentando il conto in tutta la sua durezza.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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“We’re at battle stations, I’m the commanding officer, I don’t wanna hear anything but, “Sir, yes, sir.” You get me? Sir, yes, sir?”
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Romano, studente di scienze politiche, appassionato di serie tv crime. Più il mistero è intricato, meglio è. Cerco di dimenticare di essere anche tifoso della Roma.