Già dal titolo “The Arrival” si poteva immaginare come questo episodio si concentrasse sul tanto atteso arrivo del padre di Hank in Pennsylvania. Tuttavia, il confronto tra padre e figlio sembrava essere stato accantonato visto che l’intera puntata è ambientata altrove, chiaro segnale di una scelta volta a posticipare l’incontro-scontro.
E infatti è principalmente così, perché questo sesto episodio porta Hank ad allontanarsi per un convegno per un weekend in compagnia di Tony, convegno a cui chiaramente non vuole partecipare e infatti non partecipa. Sembrerebbe la classica puntata filler gettata lì per accumulare minutaggio (cosa che peraltro accade a casa Devereaux con i problemi di madre e figlia che non interessano moltissimo), e invece è un ottimo escamotage per arrivare al punto di rottura per il protagonista.
Perché quando perfino il suo migliore amico, l’unico con cui Hank poteva essere sé stesso, arriva a dargli una secchiata d’acqua gelida in faccia non potendone più e non ricevendo il minimo supporto in un momento in cui lo avrebbe desiderato, ecco, questa è la classica wake-up call per cambiare qualcosa. E quel qualcosa è una resa dei conti con la causa di tutti i mali: papà Devereaux.
Tony: “Of course it was important to me yesterday. This has been my work for the last three years.”
Hank: “Your work for the last three years was getting laid and cheating at racquetball.”
Tony: “[…] Dude! If that’s what you saw, you weren’t there at all. […] You’ve checked out of academia. You’ve checked out of writing. You’ve detached yourself from pretty much everything you care about. Every year, you care about less, and you’re more depressed. I just don’t see why.”
Hank: “There’s other things to care about than work. I got a wife and a kid. I know that hasn’t worked out for you. I’m sorry, but it’s damn important to me, so…”
Tony: “Things didn’t seem so rosy the other night at your dinner party.“
QUANDO È TROPPO È TROPPO
Giusto per levarsi il sassolino dalla scarpa sin dall’inizio, se da un lato si capisce la necessità di dare spazio e minutaggio a Lily, dall’altro è anche vero che al pubblico non interessa molto la storia della figlia con problemi di attenzione da parte del marito che finalmente ha un lavoro vero. È una storyline accessoria che porta ad un paio di scene curiose e colorate ma niente di più, in un altro episodio avrebbe funzionato meglio ma qui stona molto con il mood della puntata, specialmente considerando il finale.
Piuttosto, si sarebbero potute affrontare meglio altri tipi di storyline che sono state presentate in altri episodi per poi essere accantonate malamente, come per esempio quella di Lily che sembrerebbe ancora decisa a trasferirsi a New York (“The Clock“), oppure il potenziale licenziamento degli insegnanti (“The Goose Boxer“). Storyline che continuano a essere presenti ma non rilevanti.
Henry Devereaux Jr: “How exactly was it difficult for you when you saw a child on the floor with a rope around his neck. Your son. How did that impact you? And why was the answer to that to cut off all contact with your son?”
Henry Devereaux Sr: “Oh, you’re talking about Hank? He was a stubborn child. Strong-willed, demanding. He won’t actually speak to me now.“
È TROPPO TARDI QUANDO È TROPPO TARDI
Che il character interpretato da Bob Odenkirk avesse dei seri blocchi mentali legati a problemi paterni mai risolti era ormai piuttosto chiaro, però il lavoro di scrittura del team di sceneggiatori capitanati da Toby di The Office Paul Lieberstein e Aaron Zelman è stato notevole. Se da un lato sono criticabili per la gestione delle trame secondarie, dall’altro la resa scenica della sofferenza e dell’immobilismo di Hank sono encomiabili, raggiungendo una nuova vetta in questo episodio.
Nella costruzione della scelta che porta Hank ad affrontare il padre sul finale ci sono diversi momenti catartici che possono essere visti come schiaffi in faccia (vedasi il confronto con Tony o con la “collega” che ha fatto la “tesi” col padre) per svegliare il protagonista dal torpore indecisionale, ma ciò che coglie tutti completamente impreparati è la scoperta dell’Alzheimer del padre.
In una sorta di manifestazione bastarda del karma, il tanto atteso faccia a faccia tra padre e figlio si trasforma proprio sul più bello in una presa di coscienza che stringe lo stomaco e cancella ogni possibilità di avere una risposta circa le scelte di un padre che ha visto perdere questo titolo dopo aver abbandonato moglie e figlio in uno dei momenti peggiori per quest’ultimo. Domande a cui non ci saranno mai risposte e questo è ben peggio di qualsiasi risposta che Hank si sarebbe potuto immagine.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Se non ci fosse stata la parte relativa ai problemi di coppia della figlia, questo sarebbe stato serenamente un Bless Them All. Lucky Hank si conferma essere una serie ricca di spunti di riflessione, farcita da alcune situazioni cariche di black humor e sempre pronta a dare un pugno allo stomaco al proprio pubblico. E piace così.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.