Immancabili scene in auto; loschi piani orditi sopra i consueti tetti di Kingstown; nemici che si indeboliscono tra di loro rendendo l’entrata in scena di Mike ancora più epica; monologhi in stile Grey’s Anatomy; una vena poliziesca/noir in stile The Shield che fa sorridere: questa terza stagione di Mayor Of Kingstown ha regalato al proprio pubblico molti punti narrativi di grande interesse.
Nell’elenco appena stilato, fatta eccezione per le quote in stile Shonda Rhimes, tutto il resto era materiale già ampiamente mostrato nelle precedenti due stagioni, quindi nulla di nuovo. Uno show che, se si fosse circoscritto al voler raccontare la violenta rivolta in carcere e la conseguente rottura degli equilibri nella città (ossia la prima stagione), avrebbe anche potuto essere etichettato come sufficiente (tralasciando il finale che, appunto perché si cercava un prosieguo, non ha mostrato la verve necessaria). Il problema sorge quando si cerca di dare un continuo senza avere la chiara idea di dove si voglia andare a parare.
Esempio lampante: il ritorno in scena di Milo in “Home On The Range”, ampiamente annunciato complici i soliti cliché del genere (morte non mostrata, personaggio continuamente menzionato, ecc…). Sia chiaro: rivedere a Kingstown il character interpretato da Aidan Gillen fa piacere, ma si può definirla una pagliacciata senza paura di essere smentiti.
In “Comeuppance” Milo viene rimesso nella stessa identica posizione del precedente finale di stagione: in “Little Green Ant” la barca esplodeva lasciando il dubbio sulla sua sopravvivenza mentre Iris e Mike si allontanavano dal molo, qui, banalmente, gli stessi tre personaggi vengono portati all’ennesimo confronto. Il risultato cambia: Milo muore, Mike se ne va dando il là all’ennesima scena in auto e Iris si suicida nel bus che dovrebbe finalmente allontanarla dalla città (come confermato da Hugh Dillon).
IL RITORNO DI MILO E IL REALISMO DEGLI SCONTRI
Christoph Schrewe, regista della puntata, nemmeno si adopera per mostrare al pubblico il corpo di Milo, mantenendo di fatto anche in questo caso la morte off screen. Per la seconda volta di fila.
Visto che si sta facendo menzione di cicli e ricicli narrativi, impossibile non citare l’ennesimo inghippo comportamentale di Kyle: l’agente spara a Robert (con cui già c’erano stati scontri nei passati episodi) per evitare che quest’ultimo aggravi ulteriormente la situazione sul ponte uccidendo degli innocenti (che poi è un padre di famiglia che va in giro in macchina con una pistola e un bambino piccolo, non proprio il padre dell’anno ma ok). Partendo dallo stendere un velo sulla costruzione dell’intera sequenza (paradossale, altamente improbabile ed enfatizzata oltre ogni misura), non si può non parlare del fatto che Kyle si ritrovi nella stessa identica situazione della prima stagione, rappresentando la parte più pulita della famiglia McLusky continuamente messa alla prova senza un valido motivo.
Da appuntare poi che lo scontro Robert-Kyle aleggiava già da svariati episodi e definirlo quindi telefonato è semplicemente cercare di comprimere la prevedibilità della sceneggiatura. Stesso discorso fatto per il ritorno di Milo.
UNO SHOW A CUI NON PUOI SFUGGIRE MA NEANCHE PROPRIO, GUARDA, IO CI HO PROVATO, NIENTE!
Il riutilizzo di determinate sottotrame o dinamiche narrative è uno strumento utilizzato dalle serie tv che è comprensibile e giustificato se si tratta di show deboli dal punto di vista della sceneggiatura ovviamente, ma più corposi a livello di puntate. Non è quindi possibile ricadere nelle stesse identiche dinamiche con 30 episodi all’attivo. Certo, se poi le sottotrame laterali sono interessanti come quella del “povero” Kareem (10 puntate a chiedere aiuto e poi l’insano gesto per recuperare soldi per la famiglia) allora forse è meglio rimanere nel proprio recinto narrativo. Oppure ipotizzare di appoggiare la penna sul tavolo e chiudere definitivamente i giochi.
Del ritorno di Milo si è parlato, ma che ne è stato degli altri due grandi villain dello show?
Bunny viene mostrato sul solito tetto a fare i soliti discorsi con Mike, architettando un piano che ovviamente fa acqua da tutte le parti. Questo ad inizio puntata, poi il nulla.
Konstantin viene catturato da Milo, scopre del tradimento di Iris (ossia che la giovane lo sta spiando per conto di Mike) e infine viene freddato alla nuca proprio dalla sua protetta.
In definitiva “Comeuppance” questo è: il ritorno infelice di Milo che viene finalmente ucciso da Mike, mentre la città viene nuovamente messa a ferro e fuoco e qualche (inutile/fastidioso) personaggio principale muore (Kareem, Iris) oppure viene arrestato (Kyle) nello stupore generale.
Nel mezzo un po’ di dialoghi e monologhi di media bellezza e un imponente srotolamento d’intestino (forse l’unica vera bella sequenza della puntata).
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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La sequenza finale è enigmatica, creata così appositamente viene da pensare, in attesa della certezza di una quarta stagione: Kyle nel retro di una macchina della polizia, arrestato; Iris morta sul bus; Mike dubbioso su cosa fare mentre torna nella sua baita isolata dal mondo.
Nella recensione si sono utilizzate le parole “altamente improbabile” per parlare dello scontro sul ponte per un motivo preciso: Hugh Dillon intervistato da Variety ha sottolineato come sia importante il realismo, specificatamente legato alla morte di Iris e alla denuncia relativamente all’abuso di oppioidi che stanno vivendo gli USA. Dichiarazione legittima, ma sarebbe importante, caro Hugh, non circoscrivere il realismo solo a qualche scena qui e là. Quindi, ecco, meglio applicare questo schema all’intera narrativa oppure lasciar perdere.
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.