Continua l’assurda ricerca del Sacro Graal, con un quinto episodio che presenta grandi rivelazioni e molti momenti toccanti, mettendo alla prova duramente il senso dell’incredulità dello spettatore.
THE ASSET
Niente accade per caso quando in sede di produzione e scrittura ci sono personaggi come Damon Lindelof, in questo caso insieme a Tara Hernandez.
In quest’episodio si scopre qualcosa in più a proposito della “risorsa” (il Graal) e dell’ultima persona che ne è stata in possesso (Clara) e si vedono la suora Simone e il ribelle Wiley continuare la propria ricerca in giro per il mondo, arrivando fino al nuovamente e volutamente (stavolta) naufrago Arthur Schrodinger (interpretato da un ottimo Ben Chaplin), in compagnia sempre del suo gatto.
Anche in una serie tanto assurda e tremendamente surreale come questa, la logica e i rimandi non sono sono mai casuali. La cosa più sconvolgente è la spiegazione relativa alla pubblicità delle scarpe fatta alla fine del precedente episodio: il filmato che si è visto all’inizio del primo episodio era esattamente quella pubblicità, col personaggio principale interpretato proprio dalla rossa Clara (interpretata da Mathilde Ollivier), figlia di Mathilde Le Fleur e proprio di Schrodinger
TUTTO SI INCATENA E SI INGARBUGLIA
I colpi di scena non finiscono qui poiché si definisce la vera natura del Graal e soprattutto il funzionamento della setta de “La sorellanza della moneta” di cui Mathilde sembra avere un ruolo centrale.
Senza entrare nei dettagli della trama e degli eventuali spoiler, la scrittura riesce a legare tra loro gli elementi più disparati: la setta, Jay, la suora e il ribelle, il gatto, il SuperBowl, la pubblicità, il Vaticano, un set pubblicitario e molto altro, con una coerenza da far paura anche se associata ad una narrazione sopra le righe pregna di molte assurdità che in un altro prodotto avrebbero fatto gridare alla sciocchezza mentre qui il tutto rimane godibile e anche divertente.
IL BLESS PER COINVOLGIMENTO
Allora cosa porta il recensore a dare un Bless in quella che non sembra apparentemente essere una serie che si prende troppo sul serio e che rischia tantissimo coi toni (e la sua credibilità interna)?
Banalmente, la modalità di narrazione è fatta apposta per prendere lo spettatore e sbattergli in faccia, in una modalità specchio-riflesso, tutte quelle sensazioni che effettivamente egli stesso prova durante la visione. A titolo di esempio, tutto l’episodio è il racconto di cose avvenute nel passato. Simone e Wiley, esattamente come uno spettatore scafato cresciuto con serie misteriose e intricate come Lost, cercano di anticipare spiegazioni e teorie che quel racconto lascia supporre, in un gioco metà narrativo dove sostanzialmente tutto può accadere fintantoché si giochi con quello che potrebbe essere e che è stato realmente, a prescindere dalla reale e credibile consequenzialità degli eventi raccontati, con Arthur che deve interromperli e confutare quelle stesse tesi per continuare il racconto ed aggiungere altri elementi che lo complicano quasi all’infinito.
In più, oltre ad essere tutto tremendamente connesso nell’aspetto mistery, si arrivano a toccare interessanti tematiche senza però appesantire la narrazione, oscillando sapientemente tra registri narrativi diversi. Qui, per esempio, i rapporti tremendamente disfunzionali all’interno della famiglia di Clara esaltati da un forte senso del dovere verso la missione, oltre a continuare ad esaminare il potere della fede e di come esercitarla (l’1% della popolazione mondiale “deve vedere” il Graal per crederci, usando l’escamotage dello spot in uno degli eventi sportivi più importanti del mondo).
Il tutto regalando momenti assolutamente divertenti come Jay e le reazioni delle persone che lo visitano, i commenti e le previsioni di Simone e Wiley con le conseguenti reazioni di Arthur.
Un prodotto veramente ben realizzato senza essere necessariamente troppo pretenzioso.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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È facile diventare fan di Mrs Davis così come esserne respinti. È una serie che chiede tanto a chi la segue ma regala altrettanto a chi si lascia andare al flusso di assurdità che la storia si diverte ad imbastire.
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Dopo miliardi di ore passate a vedere cartoni giapponesi e altra robaccia pop anni ’80 americana, la folgorazione arriva con la visione di Twin Peaks. Da allora nulla è stato più lo stesso. La serialità è entrata nella sua vita e, complici anche i supereroi con le loro trame infinite, ora vive solo per assecondare le sue droghe. Per compensare prova a fare l’ingegnere ma è evidentemente un'illusione. Sogna un giorno di produrre, o magari scrivere, qualche serie, per qualche disperata tv via cavo o canale streaming. Segue qualsiasi cosa scriva Sorkin o Kelley ma, per non essere troppo snob, non si nega qualche guilty pleasure ogni tanto.