Noi, I Ragazzi Dello Zoo Di Berlino 1×08 – AlbaTEMPO DI LETTURA 6 min

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Noi i ragazzi dello zoo di Berlino 1x08 recensione“A Gropiusstadt si imparava naturalmente a fare le cose che erano vietate. Vietato era, per esempio, fare giochi che divertivano. In realtà tutto era vietato. Ad ogni angolo di Gropiusstadt c’è un cartello. I cosiddetti spazi per il verde tra i casermoni sono in realtà spazi per i cartelli. E la maggior parte dei cartelli vietavano qualcosa.” 
[Christian F., Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, 1978]

La fedeltà al libro non può considerarsi un obbligo per una trasposizione on screen che è assolutamente libera di prendere spunto per reinventare a suo piacimento storie, luoghi, personaggi. Tuttavia, approcciandosi alla visione della miniserie Amazon non si può negare la superficialità con cui è stata fatta l’operazione di trasposizione: romanzare i personaggi è un conto, ma travisare il messaggio del libro è tutt’altra cosa. 
Con un ventaglio di otto episodi a disposizione, la serie avrebbe potuto veramente fare un bel lavoro; narrando, per esempio, l’infanzia di Christiane (glissata anche dal film del 1981) e che invece nel libro è il primo approccio con cui il lettore impara a conoscere Christiane e a capire come nascano certi meccanismi di emarginazione, rassegnazione a una condizione famigliare/sociale e rifiuto del processo di responsabilizzazione.
Pare ovvio come la serie abbia invece puntato erroneamente sull’aspetto più estetico, al fine di rendere accattivante una storia che ha in sé solo squallore ed infelicità. La stessa Christiane è dipinta come una rockstar (dove pelliccia e borsetta hanno sostituito la famosa busta di plastica con cui girava per la metropolitana) e la città di Berlino sembra più vicina ai giorni nostri che non agli anni ’70.

RELAZIONI TOSSICHE PT.1


“Avevo orrore di tornare dipendente dall’ero fisicamente. Ma quando Detlef era sballato e io ero pulita tra di noi non c’era nessun feeling. […] E mentre ci ficcavamo l’ago ci dicevamo che non volevamo mai più essere dipendenti dall’eroina.” 
[Christiane F., Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, 1978]

La storia con Detlef (qui Benno) è imperniata fin troppo di romanticismo: la scelta è chiaramente rivolta all’esigenza di coinvolgere il pubblico, rendendo i due una coppia iconica e maledetta. Inutile sottolineare come tutto ciò sia fuorviante e non aderente alla realtà.
Voler rendere sexy due personaggi mangiati dall’ossessione per la droga e dediti solo alla prostituzione (dimenticando non solo la scuola, ma la vita e la spensieratezza dei quindici anni) corrisponde a un’esigenza televisiva, non certo di indagine e denuncia sociale. Nel libro le descrizioni di Christiane circa i tossicomani sono molto dettagliate e lasciano un’immagine indelebile di disgusto e compassione. Soprattutto a livello estetico: oltre alla magrezza (unico connotato mantenuto dalla serie), tra le pagine del libro si scorgono facce piene di buchi e corpi consumati dalla punta della siringa e dal prurito, così incontenibile fino al punto di lacerarsi la carne.
Degrado, squallore e sporcizia emergono dai racconti di Christiane F. e sembrano molto lontani dai ragazzi dipinti in questa coloratissima serie tv.

RELAZIONI TOSSICHE PT.2


“Fu una lite che Babsi, Stella e io nei mesi avvenire proseguimmo ogni giorno. Erano litigate su chi di noi stava più infilata nella merda. Ognuna voleva dimostrare alle altre che lei non c’era ancora così dentro. Quando ci trovavamo in due parlavamo male della terza.”
[Christiane F., Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, 1978]

Analogo discorso può farsi circa l’amicizia tra Christiane, Stella e Babsi. Nel libro le tre ragazze cominciano a frequentarsi dopo aver iniziato a bucarsi e prostituirsi. Da lì in poi, il loro rapporto ruoterà solamente intorno all’eroina che alternerà in loro momenti di felicità a discussioni infime e feroci.
La serie pare più voler raccontare di una tenera amicizia tra tre ragazze che iniziano insieme a drogarsi per superare i propri problemi familiari: un racconto che potrebbe anche essere apprezzato, purché corrisponda a un’introspezione psicologica e ad una parallela descrizione dell’altro lato di un’amicizia tossica.

UN HAPPY ENDING PER TUTTI?


L’episodio, nel descrivere il piccolo paesino di Amburgo, esalta lo squallore della vita condotta a Berlino dalla protagonista, tuttavia la stessa (che ha un battibecco nel bar locale con dei ragazzi) viene dipinta come una tipa tosta, come se l’esperienza con l’eroina l’avesse resa più forte e pronta a riprendere in mano la sua vita. Se tutto ciò manda sicuramente un messaggio di positività contro lo stigma che non vuole via d’uscita dalla droga, dall’altro lato non si può non cogliere una certa tendenza, ancora una volta, ad abbellire il personaggio di Christiane ed il suo passato.
Trasferendosi dai nonni Christiane si allontanerà dall’eroina e riprenderà gli studi, tuttavia non riuscirà mai a integrarsi (il suo passato inorridisce il preside e la costringerà a cambiare due scuole) e, seppur con tanta voglia di ricominciare, è tristemente noto alle cronache degli ultimi anni come Christiane non si sia mai allontanata dal mondo della droga. 
L’intento di quest’ottavo capitolo era certamente quello di mandare un messaggio dei più positivi, ma inceppa ancora una volta. Si pensi al personaggio di Stella, dipinta come una persona felice e appagata, perché dopo tanta sofferenza è riuscita a farsi strada “nel mondo del lavoro”: si sta pur sempre parlando di un’adolescente che continua a essere dipendente dall’eroina e che continua a battere gli stessi marciapiedi, pur avendo aumentato il guadagno trovando chi li batta per lei.
Nemmeno le sorti del personaggio di Michi sembrano chiare: il ragazzo è dipinto sorridente e felice con il suo nuovo ragazzo a cui fa vedere, come prima tappa berlinese, la metropolitana dove era solito prostituirsi per l’eroina.

ECCO COSA MANCA DAVVERO


“All’inizio volevo completamente fregarmene della scuola. Poi mi accorsi che il nuovo insegnante era molto in gamba. […] Lui non era mai agitato e veramente si occupava di ognuno. Anche di me.”
[Christiane F., Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, 1978]

La più grande pecca della serie rimane quella di aver dimenticato totalmente una parte significativa della vera storia di Christiane F., relativa all’integrazione nella scuola e nella società.
Una Christiane quindicenne descrive in modo lineare ed impeccabile la società berlinese del suo tempo in cui, già da bambini, si è costretti a fare i conti con le differenze di classe sociale che non permettono ai ragazzi della periferia di sognare una prospettiva diversa dal deserto che li circonda.
Le riflessioni circa la scuola, le istituzioni ed in generale la cultura di massa denotano una spiccata intelligenza di Christiane e lasciano intuire come la svogliatezza della ragazza sia conseguenza di un disinteresse generale della società nei riguardi dei giovani. Christiane, nell’intervista-libro, emerge come una persona pienamente consapevole della scelte sbagliate, eppure non riesce a trovare la forza di reagire e ciò anche perché nessuno le ha mai prospettato una vita differente.
Suonerà ripetitivo ma, con otto episodi a disposizione, la serie avrebbe davvero potuto fare la differenza.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Il processo e la storia di Gunter
  • Il finale con i due giornalisti che danno inizio a quello che sarà un vero e proprio scandalo
  • La morte sotto le vesta del dj
  • Dialoghi
  • Romanticismo tra Christiane e Benno
  • Amicizia tra Christiane e Stella
  • Continua ad essere totalmente assente la denuncia sociale e la visione del mondo della protagonista che nel libro costituisce la parte più significativa

 

La serie si rivela un’opportunità sprecata, ben lontana dal mondo di Christiane F. e dai ragazzi dello zoo di Berlino.

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